La nuova sinistra è tutta da costruire
L’ennesimo fragoroso crollo della sinistra ha lasciato sbigottiti. Già si è scritto anche su strisciarossa (vedi le analisi di Pietro Spataro e Michele Ciliberto) di come la sinistra sia scomparsa. Riconoscendo in tal modo che quella sinistra era rappresentata, nei vari comuni passati al centrodestra, dal Pd e da Leu. C’è però ancora molto da riflettere, credo, sul che fare per far rinascere una nuova sinistra. Con la consapevolezza che esistono in teoria larghi spazi per un’impresa innovatrice.
C’è da osservare intanto che la sinistra non è rappresentata solo dal ceto politico. Esistono in Italia una serie di associazioni che compongono una geografia articolata. Potremmo citare Libera di Don Ciotti oppure l’Anpi, o l’associazione per il rinnovamento della sinistra oggi guidata da Vincenzo Vita, o il Centro riforma dello stato presieduto da Maria Luisa Boccia. Per finire con le organizzazioni sindacali che in Italia (a differenza di altri paesi europei) rimangono, malgrado difficoltà e fragilità, un baluardo non sconquassato. Certo il sindacato oggi stenta a ritrovare un ruolo dovendo fare i conti con un’economia in crisi, in un mondo dei lavoro polverizzato, senza più forze politiche di riferimento.
Credo poi, se si vuol delineare, non solo a parole, un progetto di rinascita, che non si possa gettare alle ortiche quel 18 per cento di persone (anche se oggi la percentuale potrebbe essere ulteriormente erosa) che ancora votano Pd riponendo qui le speranze di sinistra. Non mi sembra il caso di rottamarle, insieme all’attuale gruppo dirigente, escludendole da un futuro diverso. Quando si paventa, a ragione, un minaccioso avanzare di un pensiero razzista, una prospettiva di destra, non si può rinunciare a un doveroso impegno unitario. É tempo di rimettere insieme le forze, non di inseguire altri sogni divisivi che tanto hanno fatto male alla sinistra.
Stando attenti alle possibilità che ci sono. É vero che ha trionfato nei comuni il centrodestra. Ma ha trionfato, nei ballottaggi, prendendosi poco più della metà di una percentuale di votanti assai ridotta. Hanno vinto attraverso il consenso di una minoranza. Esiste una maggioranza che si è allontanata dalle urne. Una formazione politica del tutto nuova come quella che si auspica (ma che non può nascere spontaneamente), accompagnata da un pensiero radicale, avrebbe bisogno di sedi, di donne, di uomini, di un’organizzazione capace d’inserirsi nelle pieghe della società, come diceva l’antico Togliatti.
Ha bisogno di quelli che gli avversari chiamavano agit-prop, o galoppini elettorali, i costruttori di consenso. Oggi, magari impegnati non solo nei quartieri abbandonati ma anche negli spazi offerti dalla rete, su Twitter, su Facebook. Costoro certo, un tempo, erano muniti di ideali chiari. Ideali oggi tutti da aggiornare perchè la stella polare non può essere solo l’entrata della stanza dei bottoni o il “potere che deve essere operaio”, ma, magari, la riforma del capitalismo e delle sue diseguaglianze, ridando innanzitutto al mondo del lavoro (da operai e tecnici fino ai “riders”) non un ruolo di sudditanza, ma di partecipazione riconosciuta.
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