La NATO è divisa e in crisi
ma aumenta ancora
le spese militari
I Grandi Vecchi possono provocare grandi guai. La NATO ha compiuto settant’anni e la sua salute è pessima. Ma nonostante questo decide un poderoso aumento delle spese militari. Nel comunicato finale del vertice di Londra, che ha celebrato il compleanno in un clima dimesso e un po’ surreale, è scritto che i 28 stati dell’alleanza hanno deciso di creare trenta nuove unità di esercito, aviazione e marina. Venticinquemila soldati che saranno addestrati nella cosiddetta “Readiness Initiative” in modo tale da poter entrare in azione nelle “situazioni di crisi” nel giro di trenta giorni al massimo con 300 nuovi aerei e almeno 30 navi da combattimento. Quanto costerà agli stati membri questo riarmo? In Germania, paese notoriamente attentissimo ai conti, la commissione Difesa del Bundestag ha cominciato già a fare i conti su quanto peseranno sul bilancio federale i 7 mila uomini, i 50 aerei e le tre navi della quota tedesca. In Italia non sappiamo se qualcuno si stia preoccupando dei costi. Per ora non è stato reso pubblico neppure il numero dei soldati e dei mezzi che dovremo mettere a disposizione. E non una parola sull’argomento è venuta dal presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, il quale ha avuto un incontro riservato con Donald Trump, ma solo per parlare della situazione in Libia e dei rapporti con la Cina in materia di tecnologie 5-G. Così sostiene lui, almeno.
Ma chi sono i nemici?
L’aspetto grottesco della decisione sulle nuove unità è che non è per niente chiaro contro chi esse dovranno essere “ready”. Nella versione ufficiale la minaccia da contrastare è il terrorismo, da intendersi, all’americana, come il pericolo rappresentato dagli “stati canaglia” (Iran in testa). Ma quando l’amministrazione Trump ha proposto l’iniziativa, l’anno scorso, il Pentagono ha parlato di contrasto al “riarmo dei russi”. E tanto per chiarire le idee ai colleghi il presidente della Lituania Gitanas Nauséda ha dichiarato che il nemico più pericoloso per gli stati della NATO non sono i terroristi internazionali, bensì proprio i russi.
Insomma, chi sono I nemici: i terroristi o Putin? O magari i cinesi, visto che il Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg ha voluto che nel comunicato figurasse anche la constatazione che intanto la Cina è diventata il paese che spende di più in armamenti dopo gli Stati Uniti e che Pechino sta potenziando il proprio arsenale nucleare? È la prima volta che una minaccia proveniente da Pechino compare in un comunicato ufficiale della NATO. Qualcuno, a margine del vertice, ha adombrato il sospetto che la menzione dei cinesi tra i pericoli che corre l’occidente sia stato un favore fatto a Trump e alla sua guerra dei dazi. In ogni caso, per dirla proprio alla cinese, la confusione è grande sotto il cielo di Bruxelles.
La presenza imbarazzante di Erdoğan
Basterebbero le cose dette su a darne un’idea. Ma c’è anche dell’altro. E di peggio. Al vertice di Londra ha partecipato, ovviamente, anche il presidente turco Recep Tayyp Erdoğan. Il fatto che la Turchia sia impegnata attualmente in una guerra guerreggiata contro i curdi nella Siria del nord che è stata condannata da tutti i membri europei dell’alleanza non poteva non aggiungere imbarazzo all’imbarazzo. Tra i tanti paradossi che sta vivendo la NATO c’è anche questo: poiché Ankara sostiene che sono i curdi che stanno aggredendo la Turchia, Erdoğan, in teoria, potrebbe invocare l’articolo 5 del Trattato istitutivo, che prevede l’entrata in guerra di tutti gli alleati a fianco del paese aggredito. Non succederà, ma la presenza nel consesso di Londra di un dittatore che sta applicando in patria i più duri precetti della democrazia illiberale reprimendo ogni forma di dissenso e incarcerando oppositori e giornalisti indipendenti e intanto bombarda i villaggi curdi provocando morti e migliaia di profughi è stata la ciliegina sulla torta di un vertice che ha messo impietosamente a nudo la crisi dell’alleanza. Nell’aria veleggiava ancora il ricordo della vergognosa sortita di Stoltenberg che, all’indomani dell’invasione della Siria del nord, espresse la “comprensione” del vertice dell’alleanza al dittatore turco.
Trump sbeffeggiato
Settant’anni sono un anniversario importante e in altri tempi sarebbe stata festa grande, ma il vertice è affogato nell’imbarazzo. L’alleanza che dovrebbe tenere insieme l’America e l’Europa ha offerto di sé uno spettacolo penoso: tra le due sponde dell’Atlantico c’è ormai una specie di fossa delle Marianne ed è molto, molto difficile trovare le ragioni per le quali questa macchina complicata e costosa debba continuare a restare in funzione. Il presidente degli Stati Uniti nei tre giorni del consesso ha aperto bocca soltanto per reclamare che gli europei paghino quanto (secondo lui) debbono per contribuire alle spese militari e per minacciare ai partner recalcitranti guerre commerciali fine di mondo. L’incontro di Trump con il presidente francese Emanuel Macron, che nei giorni scorsi aveva dato voce a un pensiero molto diffuso sostenendo che la NATO è in uno stato di morte cerebrale, è stato gelido fino al limite dell’incidente diplomatico ed è stato preceduto e seguito da una sequela di insulti via twitter in puro stile trumpiano. Poco prima della conferenza stampa finale un fuori-onda ha colto lo stesso Macron, il premier canadese Justin Trudeau, quello olandese Mark Rutte e Boris Johnson che se la ridevano sbeffeggiando il presidente degli Stati Uniti, il quale se ne è poi andato via ittitatissimo senza tenere la consueta conferenza stampa.. Conclusione più appropriata al peggior vertice della storia della NATO non si sarebbe potuta trovare.
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