La memoria gentile del poeta Piersanti che restituisce umanità alla vita
Negli ultimi mesi l’editore Vallecchi ha messo in campo un’ iniziativa editoriale legata a diversi termini che potremmo definire contemporanei o di stretta attualità. Diversamente da altre case editrici, come ad esempio Einaudi, la curatrice dell’opera Isabella Leardini ha affidato le parole e le voci ad alcuni dei maggiori poeti italiani contemporanei. Nello specifico solo alcune settimane fa è uscito il testo che Umberto Piersanti ha dedicato alla memoria.
La difficoltà di parlare al mondo di oggi
Parlare di memoria in un mondo come quello attuale, che vive nella velocità delle immagini e nel loro scorrimento senza alcun tipo di approfondimento, potrebbe sembrare anacronistico. In realtà il lavoro di Piersanti insiste nello sviscerare le varie fasi della memoria, soprattutto di quella su cui la letteratura da molto tempo insiste, due nomi su tutti Giacomo Leopardi e Giovanni Pascoli.
Ma perché in un mondo così proiettato al presente e al futuro bisognerebbe guardarsi indietro e affidarci alla memoria e alla storia ? Senza scomodare l’idillio in ognuno di noi è ferma la volontà di portare alla mente ricordi sereni, e questi ricordi sono molto spesso legati all’infanzia, un mondo nel quale una minore competizione e una maggiore attenzione alle questioni essenziali ci permetteva qualcosa che nell’età adulta sembra terribilmente fuggire.
Dunque piuttosto che affidarci alla profezia (termine certamente anche in poesia oggi molto frequentato) meglio ragionare sulla stabilità dei nostri valori essenziali, tema su cui Piersanti ha certamente basato buona parte della propria scrittura, mescolando ricordi di una società passata ad una natura certamente più semplice e infine a un’ umanità meno pretenziosa e disforica.
Nel modello composto da Umberto Piersanti in questi decenni c’è posto anche per Jacopo, il fragile figlio del poeta affetto da una grave forma di autismo e a cui sono dedicati molti dei versi del padre.
ma io t’ho portato / sulle spalle / come mio padre / al fosso dov’è la casa, / mi ha posato nell’erba / oltre il torrente, / io dai rovi ti strappo, / dagli spini folti // erano i giorni / prima del male / che t’ha colto / e con mio padre / il tempo prima / dell’Assurdo // solo nell’erba fredda / di quel prato / che la memoria accende / d’un rosso colore / e ti rallegra, / rado e nascosto / cresce il tulipano, / mi guida la sorella / per la mano // e lì sono tornato, / quasi pioveva, / le plastiche piegate / sopra l’erbe, / e l’acqua così chiara / e così azzurra / che nessun’altra tale / la rammenti, / solo ai suoi bordi / cresce il tulipano, / era di fango colma, / di scura schiuma // ma la memoria nutre / la tua giornata

Il rapporto con il futuro e l’arrivismo
Il complicato rapporto con il futuro e l’arrivismo che oggi sembra avvolgerci inevitabilmente genera paura, ansie, frustrazioni e in buona sostanza infelicità. E’ questa insoddisfazione generale e pandemica che sembra attanagliarci e rendere in minima parte consolatorio l’impegno per il raggiungimento dell’obiettivo, ma una volta raggiunto nuove nubi sembrano subito calare sull’orizzonte.
Umberto Piersanti decide di indirizzarci verso una memoria gentile, non retorica ma certamente lontana dai canoni attuali, un mondo dove “meno” finisce per essere “meglio”, e una necessaria umanità si impone come modello vincente e a tratti commovente nel proprio essere scoperti.
Ecco che in un mondo dove irreale, finzione e narrazione sembrano poter schiacciare ogni altra dimensione qualcosa di rivoluzionario sembra potere finalmente portare su di sé un poco di luce. Per farlo ancora una volta sembra necessario avvicinarsi alla poesia e al racconto di questo autore che ha cercato di portare avanti strade poco battute ma che sembra poter essere un monito trans-generazionale verso chi non si ritrova nei modelli imposti, consumistici e spersonalizzanti.
Possano le colline cantate da Umberto Piersanti al confine tra la Romagna e le Marche, essere i veri Luoghi persi di ognuno di noi, i luoghi dove recuperare il ricordo buono e consolatorio di qualcosa che cerchiamo di raggiungere ma che troppo spesso non siamo in grado di riconoscere: quella cosa folle che ancora chiamiamo felicità.
Umberto Piersanti, Memoria, Vallecchi 2023.
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