L’Ad Fuortes si dimette dalla Rai meloniana: “Non ci sono più le condizioni”
Per mettere le mani sulla Rai nel noto stile di chi vuole tutto e subito esasperato da un desiderio lungo anni, portato avanti senza alcun rispetto delle regole, un esempio fulgido delle forzature cui la destra di governo ci ha abituato in questi mesi, Meloni e i suoi hanno confezionato e si sono approvati un decreto-legge per decapitare di fatto l’attuale dirigenza di viale Mazzini. Ma l’amministratore delegato Carlo Fuortes non c’è stato al gioco dell’oca tagliateste del governo che parte dalla norma, appena approvata, che impedisce a chi ha superato i 70 anni ed è straniero di dirigere teatri e fondazioni liriche. E che c’entra? C’entra. Si trattava di una regola fatta su misura per Stéphane Lissner, proprio 70 anni già compiuti, il sovrintendente francese del teatro San Carlo, costretto così per età a lasciare il posto libero in modo da sistemare l’attuale amministratore della Rai, Carlo Fuortes che si è dimesso.
Un incarico in altra istituzione pare sia a portata di mano. Intanto addio cavallo “nell’interesse dell’azienda rimetto il mio mandato e prendo atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato” ha scritto nella lettera inviata al ministro dell’Economia e delle Finanze, il titolare degli incarichi Rai. Nel testo c’è la rivendicazione di aver lavorato molto bene con il governo Draghi e di avere avuto molte difficoltà dall’insediamento del governo Meloni. “Dall’inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire Rai e servizio pubblico”.

Per mandare via lui, un posto bisognava pur trovarglielo, via tutti gli altri che non sono in sintonia ideologica col governo, sia dirigenti che conduttori che artisti vari. Bravi e meno bravi non importa. “E’ finita la pacchia”. Basta un editto, insomma, sotto forma di decreto, che evoca in altra forma quello bulgaro berlusconiano di ventuno anni fa. Solo che allora fu rivolto a tre persone, Biagi, Santoro e Luttazzi, il che sia chiaro non è una giustificazione, mentre ora l’intenzione è di fare piazza pulita di tutti quelli che si permettono di avere dubbi o portare critiche all’azione del governo che, è noto, non ama il confronto e le critiche a cominciare dalla premier.
Fuortes, il San Carlo e “i non allineati”
Fare piazza pulita. Relegare a comprimari chi non è in linea con l’esecutivo. Anche se, in quanto a cultura viene spesso da chiedersi qual è. Questo l’intento di una iniziativa, velocemente approvata in Cdm, che Giorgia Meloni ci ha tenuto ad intestarsi in prima persona, come sempre più spesso accade, data la pochezza di chi la circonda, operazione che rischia però di tornare alla casella iniziale. Lissner infatti si è rivolto ai suoi avvocati ed ha promesso una lotta dura senza paura poiché da tempo si è attrezzato per condurla: “Sono sei mesi che provano a farmi fuori” ha commentato tra l’ironico e il sarcastico e quindi “non lascio, vi denuncio”. Fuortes non ha aspettato e si è dimesso.
Il centrodestra Rai e quello di governo
L’arroganza dell’esecutivo non consente dubbi sulla riuscita dell’operazione-rimozione però qualche ostacolo sulla strada si sta manifestando oltre Lissner. Lo scontento serpeggia in azienda proprio tra coloro che dall’interno della stessa sono abituati a fare il bello e il cattivo tempo. Gli esponenti di centrodestra del partito Rai, l’organizzazione politica “a specchio” di quella che siede in Parlamento, il loro organigramma se lo sono già preparato ma, guarda caso, non coincide con quello del governo, e allora non fanno che dire no alle proposte che vengono fatte pervenire. Intendiamoci, anche loro sono d’accordo con il ministro della Cultura Sangiuliano che bisogna epurare “qualche piccolo Stalin col colbacco che ancora si aggira” ma certo non vogliono che a Palazzo Chigi e nei ministeri variamente coinvolti si pensi di poter strappare la gestione delle grandi manovre ai rappresentanti di riferimento dei partiti che in azienda sono una potenza. Poco importa se sia la premier in persona ad appoggiare questo o quello. Non è mai successo. Tanto più che c’è da fare i conti con un Fratelli d’Italia che vuole fare la parte del leone.
L’operazione piazza pulita in Rai è diventata un’ossessione tanto da indurre a forzare le regole elementari. Evidentemente non è più sufficiente la sola conquista di una presenza sempre più massiccia in quasi tutti i tg e trasmissioni più diverse, per lo più senza contraddittorio. Bisogna assicurarsi poltrone, spazi, partecipazioni per essere garantiti ora e per ripagare l’appoggio e il sostegno avuto nei lunghi tempi dell’opposizione. E poi c’è da pensare anche a chi ha fatto il soldatino di complemento ed ha tanta voglia di Rai.
Il toto nomine
Intanto c’è chi scalda i motori. Urgono le nomine nei Tg e nei generi perché il ritardo sui nuovi palinsesti comincia a farsi sentire. E questa è una delle giustificazioni, per così dire “nobili”, addotta per segare Fuortes così come la poca vigilanza sulle esternazioni di Fedez e alcuni eccessi al festival di Sanremo.
Qualche anticipazione anche se il toto nomi è sport ad alto rischio smentita Roberto Sergio, direttore di Radio Rai pare otterrà la poltrona di amministratore delegato, e Giampaolo Rossi, uomo vicino alla premier, vorrebbe conquistare quella di direttore generale. Per i volti noti è cominciata la campagna acquisti. Potrebbe arrivare Nicola Porro, facendo uno sgarbo a Mediaset e Gianmarco Chiocci dall’Adnkronos al Tg1. Un altro esterno. Troppi. Allora c’è Nicola Rao in arrivo dal Tg2 che sarebbe sostituito da Antonio Preziosi. Maggioni esautorata potrebbe essere consolata con una trasmissione di approfondimento o la direzione del coordinamento editoriale. Al Tg3 potrebbe arrivare Costanza Crescimbeni dal Tg1 ma Mario Orfeo potrebbe farcela a restare.
Più che ipotesi una sorta di gioco al massacro di un servizio pubblico che non se la passa bene e che, nonostante questo, sembra pronto a mettere in discussione anche alcune certezze. Come Serena Bortone, nonostante il successo indiscutibile di Oggi è un altro giorno che ha raggiunto numeri record nella fascia oraria del pomeriggio. Evidentemente questo non conta nella Rai di destra. Sull’Eredità di Flavio Insinna, storico e amato conduttore, pende il desiderio di accaparrarsela di Pino Insegno, doppiatore e attore, amico personale della presidente del Consiglio, conduttore di fiducia nelle convention di Fratelli d’Italia, frequentatore abituale di Palazzo Chigi. Pare che lui punti, senza paura di esagerare, anche alla conduzione di Sanremo, nonostante Amadeus abbia già il contratto firmato per la prossima edizione. E poi c’è Fabio Fazio, un nome Rai fin dal primo giorno di lavoro, erano gli anni ’80. Il tempo che fa non è dei migliori per lui che alla possibilità di emigrare con la sua trasmissione in altra emittente ormai fa chiare allusioni.
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