La Lega Anseatica ha quattro ricette

Non va in vacanza “La nuova Lega Anseatica”, un gruppo di otto Paesi nordici, membri dell’Unione Europea. Gli “Hansa”, come vengono chiamati, hanno presentato a fine luglio, davanti ai ministri della finanze dell’EU, la propria ricetta per costruire un mercato finanziario integrato. Gli Hansa vogliono sfilare l’Europa da rigidità e centralismi che ne stanno erodendo l’immagine, il gradimento da parte dei cittadini, la ragion d’essere storica. E’ del febbraio 2018 il documentato fondante di questo gruppo. Ne fanno parte i Paesi Bassi, la Danimarca, la Svezia, la Finlandia, l’Irlanda, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia.


In questi Paesi, tra Mare del Nord e Mar Baltico, lungo rotte che andavano da Tallin a Lisbona, circa duecento città aderirono a raggruppamenti commerciali, detti in tedesco medioevale “hansa”. Questi permettevano a chi di volta in volta aderiva di fare affari, con lo scudo di una flotta difensiva comune, standard certi di qualità delle merci e un regime fiscale favorevole. Tra il 1100 e il 1600 Il Mediterraneo settentrionale divenne uno spazio commerciale organizzato, un mercato comune, un’area Schengen dell’epoca. Lubecca, in forza della concessione da parte di Federico II di Svevia dello status di “Città libera imperiale”, fu il centro di questo mercantilismo che segnò la modernità.
Il fatto venne letto dagli storici nei modi più diversi. La Lega anseatica fu lodata dalla retorica nazista per esaltare le crociate del Nord e la “pulizia” dei popoli slavi. La storiografica del dopo-guerra riconsiderò completamente la Lega Anseatica. Sottolineò come la libertà commerciale introdotta avesse anche creato nel Medioevo non solo una “protoborghesia”, ma anche una classe lavoratrice e artigiana nei fatti trasformativa, progressista, se non talvolta perfino rivoluzionaria. La Lega Anseatica era comunque un’associazione aperta, senza un programma, un atto costitutivo o uno statuto. Le città potevano entrare e uscire senza vincoli da questa cornice commerciale, che ben presto sarebbe divenuta anche culturale, dall’arte alla gastronomia.


Con lo stesso pragmatismo La Nuova Lega Anseatica propone all’Europa di realizzare quattro azioni. La prima è fare una vera unione economica e monetaria con tutti i 27 membri rimasti, aperti anche, alle medesime condizioni, a Paesi non membri dell’Unione Europea. Al secondo posto c’è la richiesta di riforme strutturali assieme al rispetto del patto di stabilità e crescita, ma lasciando posto alle politiche fiscali nazionali. Il terzo punto indicato dagli Hansa manda a picco, secondo il Financial Times e l’Economist, “le chimeriche idee del presidente Macron su un unico budget dell’eurozona, idee avanzate nel momento di massimo euroscetticismo”. I Paesi del Nord chiedono al contrario un’unione del mercato dei capitali, che faccia fronte alle crisi economiche minori con linee di credito private, senza mettere pressione alle finanze dei governi. E’ necessario, dice il documento degli Hansa, “fare il massimo per rafforzare l’economia e la stabilità finanziaria, e riottenere la fiducia dei cittadini”.
E’ il momento di concentrarsi, proseguono, “su ciò che è necessario avere e non su ciò che sarebbe carino avere.” Infine gli otto Paesi nordici e baltici spingono per completare l’unione bancaria, armonizzando per tutti i membri, aziende e privati, le condizioni del credito con trasparenza. E’ urgente, dicono ancora, sviluppare il meccanismo di stabilità europea facendolo diventare un vero e proprio fondo monetario europeo.


Il gruppo del Nord ha voluto elencare ciò che è realistico e necessario fare per mettere in salvo una casa che brucia: una minima base comune tra otto Paesi con governi diversi, dall’alleanza centristi-liberali in Olanda, alla coalizione socialdemocratici-verdi in Lituania passando per il Fine Gael, letteralmente “Famiglia degli irlandesi”. Ciò che accomuna questi Paesi è l’impostazione europeista, certamente liberale nella politica economica, ma dichiaratamente egualitaria in campo sociale. L’idea è di rispettare le regole esistenti con una nuova apertura. In definitiva mettere i Paesi membri, e chi altri voglia fare affari con l’Europa, su un piedi di parità come obblighi e come opportunità di crescita. La Lega anseatica finì quando prevalsero due fattori: i nazionalismi e un’eccessiva regolazione centralistica. Egoismi e controllo burocratico fermarono navi cariche di merci e di idee. Hansa2.0, con limiti ma anche con pragmatismo, mette a suo modo in campo il coraggio di riprendere il mare e la rotta.