“Guerra della Memoria”, la vergogna
per il ricordo della Shoah
La Guerra della Memoria
Chiamo “Guerra della Memoria” un fenomeno, di cui mi riservo di indagare i suoi molteplici contenuti e forme, poiché lo ritengo tipico della nostra contemporaneità. Non so se in passato ci siano state situazioni analoghe a quella che si sta verificando e che ha come oggetto la memoria da intendersi come oggetto di disputa, conflitto, proprietà e che potrebbe costituire la base ideologica per una vera e propria guerra.
Al momento, la Guerra della Memoria non è ancora arrivata a comportamenti di violenza estrema e totale, ma si limita ad una memoria che può essere interpretata, riscritta, ritrascritta e diversamente interpretata, per cui il discorso della memoria va a coincidere con quello della verità e per verità dobbiamo anche intendere verità storica. Questo significa che nella contemporaneità continua una guerra iniziata nel 1921-1946, che ha avuto un suo epicentro e una sua diramazione spaziotemporale arrivata fino ai giorni nostri, tutt’ora attiva sul fronte della memoria. E sono proprio dei nostri giorni le dichiarazioni espresse dal candidato in Turingia del partito tedesco di estrema destra Afd, Bjoern Hoecke, che ha raggiunto il 25% dei voti. Hoecke è definito un personaggio particolare, controverso, perché ha sfilato e marciato con gruppi neonazisti e per le sue dichiarazioni sul Memoriale dell’Olocausto di Berlino, da lui come un “monumento della vergogna”. Insomma, commentando le elezioni, Hoecke ha dichiarato: «Il sole sta sorgendo sopra l’Est, e presto lo faremo risplendere anche su tutta la Germania».
Un pericoloso cambiamento semantico
Dichiarare, poi, che il Memoriale dell’Olocausto sia una “vergogna” implica un cambiamento semantico, per cui il monumento in questione da “oggetto di memoria” diventa “oggetto di vergogna”. Il Memoriale dell’Olocausto serviva a ricordare ciò che è accaduto durante il nazismo affermando implicitamente dei valori completamente diversi dal esso. Giudicato ora come vergognoso, il monumento viene a perdere le sue qualità intrinsecamente rivolte all’umanità, per assumerne altre che sono date da una valutazione politica. Ovviamente per apprezzare un monumento alla Shoah (che non ha nulla a che vedere con il “Museo di una Razza Estinta” che avrebbe voluto istituire Hitler a conclusione del genocidio realizzato) bisogna essere in primis anti-nazifascisti, e possiamo ben immaginare che la critica del candidato dell’Afd non è certamente per la parte formale o artistica dell’opera.
Il cambiamento di valutazione ha delle conseguenze, poiché invalida circa settant’anni di storia e di produzione artistica. Definire una “vergogna” il Memoriale dell’Olocausto riporta alla mente le valutazioni fatte dai tedeschi sul Trattato di Versailles a chiusura della Prima guerra mondiale. La Germania giudicò umilianti, pesanti, estremamente gravose e incongrue le sanzioni previste dai vincitori. La stessa situazione di negazione di quello che è stato un giudizio della storia (il nazismo di Hitler acquisì consensi puntando sul non riconoscere il Trattato di Versailles, dove l’articolo 231 sanciva la clausola di colpevolezza e costringeva i tedeschi ad assumersi la responsabilità dello scoppio della guerra) è ciò che si rivolge, oggi, al Memoriale dell’Olocausto. Diventa vergognoso perché significa fare un’esaltazione della vittoria sulla Germania sconfitta, esaltare dei valori non-nazisti, dei valori non sovranamente tedeschi. E questo ha delle conseguenze anche abbastanza rilevanti su ciò che per molti anni si è considerato la colpa generale di una nazione e di un popolo: affermare che tutti i tedeschi erano nazisti è sicuramente troppo, dire però che una buona parte del popolo tedesco lo era o non si schierò contro il nazismo come alcuni comunque fecero, pagando con la vita e avendo la stessa sorte toccata ai nemici del nazismo e alle vittime del nazismo, forse, non è esagerato, ma serve a dare i numeri della complessità di un fenomeno.
Sconfessare la memoria
Se dovessimo fare un paragone con l’attuale Turingia, dove un cittadino su quattro è nazista (e quindi non riescono ad arrivare a gestire il potere), con la Germania nazista del 1933 dovremmo affermare che nell’ascesa del nazismo, e una volta che questo conquistò il potere, nel 1933 almeno tre cittadini su quattro erano nazisti. E dovremo anche riflettere sul fatto che, in Italia, ottantasei senatori hanno votato contro la proposta della Senatrice Segre per l’istituzione di una commissione contro l’hate speech. Il che vuol dire un senatore su tre. Affermare, quindi che i valori espressi dal Memoriale dell’Olocausto sono una “vergogna” significa cancellare e ripristinare una politica e una memoria che si pensava terminata.
In realtà questa memoria contraffatta, non vera, in questa Guerra della Memoria è iniziata da subito con l’eliminazione e cancellazione delle prove. Dire che i campi di sterminio non sono mai esistiti è una cosa, dire che i campi di sterminio sono esistiti ma non con l’intenzionalità che si vuole attribuire loro è un’altra cosa, dire che i campi sono esistiti e che le vittime non sono state quelle dichiarate è ancora un’altra cosa. Sono tutte modalità e sfumature che appartengono a uno stesso discorso che si può considerare revisionista o negazionista ma è presente in tutte e due le visioni, un contribuito alla determinazione attuale di sconfessare completamente il progetto originario di fornire e dare “memoria” affinché non si ripetessero più azioni come quelle accadute per la Shoah e durante la Shoah.
Oggi, invece, si vuole affermare che tutto ciò è esistito ed è esistito sicuramente, ma non più nella dimensione del negazionismo, perché tutto ciò che è realmente esistito è una “vergogna” come è vergognoso volerne attribuire le responsabilità al nazifascismo. Poiché i valori impliciti nel nazifascismo e nel popolo tedesco erano e sono ancora dei valori sani, veri, e che soltanto la sconfitta li ha resi deplorevoli e, quindi, sono diventati vittime della vittoria. E il monumento alle vittime della Shoah, il Memoriale dell’Olocausto diventa un monumento ad altre vittime della Shoah, le vere vittime: i nazifascisti. In questo spostamento semantico, il Memoriale dell’Olocausto diventa un monumento per le vittime naziste. Non abbiamo più un monumento che testimonia delle atrocità del nazismo ma un monumento che nella sua vergognosa realtà testimonia delle politiche vincitrici sul nazismo. La vittima diventa, quindi, un’altra, e si assiste ad una “sostituzione di cadaveri” e non di popoli. La vittima, poiché di “vergogna” si tratta, è il nazismo.
Un’onta da lavare
E se c’è “vergogna” c’è anche allora un’onta da lavare cosi come fu per il Trattato di Versailles che ha scatenato il conflitto del 1921-1946. C’è stata un’onta da lavare che era quella che vide i soldati francesi coloniali, neri e africani, stanziarsi in quella che era la Renania. Un ulteriore affronto fatto alla concezione razzista di una Germania che aveva già sterminato gli Herero, che si era alleata con i turchi che fecero il genocidio degli armeni, e sulla quale Hitler poté poggiare parte della sua campagna di odio e propaganda: l’Onda nera. E fra l’altro l’Onda nera fu travisata dagli stessi protagonisti, i soldati africani, i quali si pensavano a tutti gli effetti dei cittadini francesi non capendo che lo erano solo da un punto di vista militare, avendo loro concessa la sola cittadinanza militare della Francia. L’Onda nera andava eliminata ed Hitler seppe come condurre il gioco. Ed oggi, la “vergogna”, l’onta dell’olocausto è attuale e l’estrema destra tedesca comincia a riflettere su come liberarsi di questo passato, che un tempo era scomodo ma che, oggi, sembra rianimarsi sotto l’egida della rivendicazione dei propri diritti e della propria “memoria”. Quali sono questi diritti?
Se sono gli stessi voluti dal nazismo per i tedeschi, possiamo cominciare a temere questa rivendicazione e immaginarne quali saranno le modalità e le finalità. E per tornane al Memoriale dell’Olocausto e alla Guerra della Memoria in atto di cui il monumento ne potrebbe costituire l’emblema, possiamo immaginare che la sorte del monumento sarà quella della sua distruzione in un regime di nazismo trionfante. E dovremmo anche pensare che tutto ciò che di artistico è stato prodotto dopo la Shoah e avente come tema la Shoah, sia considerato una “vergogna”, e che potrà essere riallestita una nuova mostra di arte degenerata. Si andrebbe così a proseguire quella “memoria” iniziata con la prima mostra di arte degenerata (1937) per proseguire con tutto ciò che è stato prodotto in ambito di Memoria della Shoah. Una “vergogna” non aderente ai canoni estetici del nazismo, che in realtà sono politici, del nuovo regime sovranista. E questo farebbe sì che quella “memoria” iniziata con la prima mostra di arte degenerata confluisca in una prosecuzione senza interruzioni, salvo quella durata quasi settanta anni, che sarebbe per i nuovi sovranisti la vera “vergogna” da riparare.
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