“La grande traversata”: un dizionario
per comprendere meglio il cinema

Si è parlato molto negli ultimi giorni di enciclopedie e dizionari, in particolare del diverso trattamento riservato alla parola “uomo” e alla parola “donna” nel dizionario dei sinonimi e contrari della Enciclopedia Treccani. Negli stessi giorni si è svolto un festival del cinema Giapponese, JFF Japan Film Festival, in remoto ovviamente, con film nuovi ed altri ripresentati dopo qualche anno.
In generale i film non erano entusiasmanti, specialmente quelli recenti. Uno dei film di una decina di anni fa era dedicato alla passione per le parole e i libri. Un argomento che viene trattato abbastanza spesso nel cinema, anche se sembra di difficile trattazione, essendo il cinema ovviamente principalmente basato sulle immagini. Almeno apparentemente.

La pellicola si intitola “The Great Passage” (la grande traversata), che è anche il nome del dizionario che viene realizzato nella storia nell’arco di quindici anni. Il film è stato diretto dal regista Yuya Ishii ed è basato sul libro di Shion Miura Fune wo amu, dove la parola “Fune” significa “nave”, assemblare una nave come metafora del dizionario. E’ un lavoro che richiede anni e anni per realizzare un nuovo e più moderno dizionario della lingua giapponese, con tante parole entrate nell’uso negli ultimi anni. Con molti dubbi, ha senso occuparsi di un dizionario quando esiste il web e si trovano tante parole ed il loro significato? Quel grande volume vuole essere una sorta di summa della civiltà giapponese contemporanea, un grande progetto.

E’ una storia d’amore, ma non tanto tra i due protagonisti, quanto del personaggio che si occuperà di realizzare questo immenso lavoro e del suo amore per le parole, per la scrittura, per la carta; la carta è una cosa straordinariamente importante per la cultura Giapponese. Ed una carta speciale che deve essere leggerissima, ma che dia una bella sensazione a sfogliarla, che lasci scivolare dolcemente le dita, viene creata apposta per il dizionario.

Che cosa succede in un film con questa storia? Si basa molto sui volti dei protagonisti, sulle loro sensazioni, su come man mano che il lavoro procede il timido ed impacciato ragazzo che ha accettato non troppo convinto quel lavoro, che non sa bene che cosa comporta all’inizio, acquista sempre più una grande passione per quelle parole che si accumulano, che si definiscono, che diventano la sua vita. Ad un certo punto ci si accorge che manca una parola, una parola che deve esserci per forza nel dizionario. E mancano poche settimane alla consegna finale del testo. Ci vogliono cinque letture di controllo, una dopo l’altra, parola per parola, ognuna chiedendo la collaborazione di decine di persone. Un dizionario della lingua giapponese non deve avere errori. Il ragazzo passa la sua vita nella sala dove sono raccolti libri, fogli, annotazioni ovunque. Dove si pensa che sia impossibile trovare un ordine e non perdere tutto in continuazione, cosa che sanno bene coloro che scrivono libri basati su una grande mole di documentazione. Il ricordo delle pagine e dei libri, degli appunti, è visivo e legato alla loro posizione, spostare qualcosa anche di pochissimo provoca per chi li avevi sistemati in un certo modo una perdita delle informazioni. Non si troverà più nulla. Sul viso e le espressioni del protagonista si gioca molto del film. Perché lui di parole per comunicare ne usa pochissime, e man mano che il film procede comincia ad usare più parole per farsi comprendere. E l’attore è molto bravo, cambia poco alla volta e alla fine è trasformato rispetto all’inizio. Sia fisicamente (anche il suo viso cambia), che come persona, nei suoi contatti umani. Vive, ospite di una signora, in una casa antica tutta di legno che è praticamente una biblioteca piena di libri.

Ci sarà anche spazio per una ragazza che si innamora di quello strano personaggio e che lo aiuterà in ogni modo. Occupandosi delle cose di casa, non si vede mai lui che pulisce la cucina o che cucina. Cose che succedono in Giappone. Alla fine si è soddisfatti di questo film che nel 2013 era nella lista dei film giapponesi candidati all’Oscar per miglior film straniero. Il film non è poi entrato nella lista finale.

Un film lieve, soave, mai melenso, che rende in modo molto efficace la volontà umana di raggiungere un obiettivo, un fine, che si pensa sia utile all’umanità, ai giapponesi certo, ma che ci fa vedere come la vera passione è lo scopo ultimo della vita che purtroppo in pochi raggiungono. E lo strumento per raggiungere quello scopo sono le parole. In Giappone dal tipo di scrittura, dalle conoscenze più o meno approfondite dei caratteri per scrivere, si capisce quale è la posizione culturale di chi scrive o parla. La ragazza, quando lui utilizza un pennello invece della scrittura con una penna per farle la dichiarazione d’amore, non riesce a capire che cosa lui gli abbia scritto e lo accusa di volerla far sentire ignorante. L’attore protagonista nel ruolo di Mitsuya Majime è Ryuhei Matsuda, mentre la ragazza Kaguya Hayashi è interpretata da Aoi Miyazaki.

 

“The Great Passage” (Fune wo amu) regia di Yuya Ishii, basato sul libro di Shion Mura, sceneggiatura di Kansaku Watanabe, con Ryuhei Matsuda, Aoi Miyazaki, Jo Odagiri, Kaoru Kobayashi, Prod. Filmmakers Little More co., Giappone, 133 m. Mai distribuito in Italia.