Virus e recessione,
servono nuove soluzioni
per l’economia
Quando sarà tutto finito, quando il Covid-19 si sarà ritirato o forse sarà stato sconfitto, quando ci troveremo a fare i conti del disastro economico e sociale, quali strumenti, quali armi avremo a disposizione per risollevarci?
Oggi, mentre infuria la pandemia, non si sa a chi rivolgersi per comprendere se tuteleremo il lavoro, il risparmio, la casa. Il vecchio armamentario non basta più, è inutile e insufficiente davanti al virus sconosciuto che uccide le persone e travolge le economie. Le banche centrali sembrano all’improvviso deboli e impotenti. Le feroci multinazionali che dominano il mondo inducendo mode, consumi, stili di vita guardano preoccupate più alla caduta delle loro azioni che non ai bollettini giornalieri del coronavirus. Gli economisti cercano paragoni con crisi del passato, ma tutto sembra modesto rispetto alla scossa che stiamo vivendo.
Scenari inediti
E’ diversa dal 1929, più dura del 1987, addirittura più grave del 2008. Non ci sono facili vie di uscita. Non c’è nemmeno un leader mondiale, un Paese di riferimento, di guida per gli altri. Neanche gli Stati Uniti possono svolgere questo ruolo e il premio Nobel Joseph Stiglitz scrive che Donald Trump, dopo aver distrutto la cooperazione internazionale con dazi ricatti minacce, è totalmente inadatto a guidare una coalizione planetaria contro il Covid-19 e i suoi effetti.
In pochi giorni l’economia mondiale è precipitata. La globalizzazione ha enfatizzato e diffuso la crisi. Tutto sta crollando: compagnie aeree, turismo, finanza, auto, consumi. E le banche rischiano di nuovo di riempirsi di prestiti inesigibili, insolvenze, fallimenti. Un allarme che spaventa il sistema creditizio italiano, reduce da un faticoso percorso di risanamento e riorganizzazione peraltro non ancora concluso. Le banche d’affari internazionali lanciano previsioni sulla prossima caduta dell’economia nel mondo. Goldman Sachs si attende un crollo del Pil americano del 5% in tre mesi.
Orizzonte oscuro per l’Italia
Per il nostro Paese l’orizzonte è scuro, molto dipenderà da quanto durerà l’emergenza attuale. Morgan Stanley ipotizza nel 2020 un crollo del Pil italiano del 5,7%. Oxford economics contiene il calo al 3%. Ci aspetta un’altra recessione, dura, profonda, che le politiche monetarie abituali non sembrano in grado di contrastare.
Un esempio eclatante è il fallimento delle mosse della Federal Reserve, la banca centrale americana. Ha ridotto il costo del denaro tra lo 0 e lo 0,25%, cioè nulla, e deciso un piano di acquisti di titoli pubblici per 700 miliardi di dollari. Una mossa sollecitata da Trump che teme la caduta dell’economia, dopo lo sviluppo dei suoi primi tre anni di mandato alla Casa Bianca, proprio nell’anno delle elezioni presidenziali.
Nessun presidente resta a Washington se l’economia va in recessione, questa è una delle poche regole sicure che vale per la politica americana. In altri tempi la mossa della Fed avrebbe rimesso a posto i mercati, rassicurato il sistema economico e i cittadini. Invece non è accaduto niente. Anzi la situazione è peggiorata, le borse precipitano, tra gli Stati Uniti e l’Europa i listini perdono tra il 25 e il 30% della loro capitalizzazione. Si insinua la paura, emerge il terrore di fallimenti e bancarotte. Ci si libera di investimenti, di titoli, cercando di tutelare risparmi e risorse per il futuro.
La Cina ha battuto il Covid-19, ma la sua produzione industriale, secondo gli ultimi dati, è crollata del 13%. Molte industrie europee, legate alle forniture di Pechino, temono interruzioni o ritardi, si fermano per prudenza aspettando che la situazione si normalizzi, ma chissà quando.
Nel dibattito politico negli Stati Uniti si parla di concedere al segretario al Tesoro i poteri straordinari utilizzati dalle amministrazioni di George Bush e di Barack Obama per la nazionalizzazione propedeutica al salvataggio di banche e case automobilistiche nel 2008. Trump promette un assegno gratuito a tutte le famiglie, miliardi di aiuti alle imprese. Torna la vecchia idea della “scuola di Chicago” di buttare i soldi dall’elicottero (helicopter money) perché così si rilanciano i consumi. 1000 euro per ogni italiano, si sente dire da noi. E poi quando finiscono?
Un sistema fragile
La pandemia passeggia sui mercati azionari e dei capitali nel mondo, mostrando la fragilità di un sistema che si difende solo quando può generare profitti, guadagni e diseguaglianze. La Bce ha determinato il crollo della Borsa di Milano e uno scossone generale sul sistema finanziario europeo. Nel giorno in cui la Bce ha annunciato le proprie misure per far fronte all’emergenza coronavirus, le borse europee sono crollate lasciando sul terreno più di 800 miliardi di euro. Milano e Parigi hanno registrato il peggior tonfo della loro storia, mentre bisogna risalire al lontano 1989 per Francoforte e al 1987 per Londra per trovare risultati peggiori.
La presidente della Bce Christine Lagarde ha comunicato misure che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto stemperare le tensioni sui mercati e offrire una sponda ai governi. Misure che però i mercati hanno ritenuto insufficienti e, peraltro, accompagnate dalla gaffe della presidente Lagarde che si lascia sfuggire di non essere lì per “colmare gli spread”. Tutto il mondo ha interpretato l’affermazione come un ripensamento della politica che Mario Draghi aveva perseguito col famoso “whatever it takes”, per alleviare le difficoltà dei paesi, come l’Italia, quando lo spread era alle stelle.
Rinnegare lo spirito di Draghi può far pensare che la nuova presidente della Bce condurrà politiche più austere e vicine alle idee della Bundesbank e dei paesi del Nord Europa, a lungo critici nei confronti di Draghi. Politiche più austere promettono meno liquidità e quindi minor supporto alle imprese. Le parole della Lagarde hanno addirittura determinato la reazione del presidente Mattarella che ha detto di attendersi “solidarietà dall’Europa e non ostacoli”.
Con il diffondersi del coronavirus, crescono i timori per una crisi finanziaria che potrebbe investire duramente l’Eurozona. E, tuttavia, non tutti sembrano ancora coscienti della gravità della situazione. Nell’area dell’euro c’è chi ancora resta fedelissimo al Patto di Stabilità, alla sacralità del 3% del rapporto deficit/Pil. Le conseguenze della recessione Covid-19 forse spazzeranno via vecchie ricette economiche e politiche, ma quelle nuove ancora non si vedono.
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