La generazione di frontiera e l’ultima chiamata per salvare il pianeta
Ultima Generazione. Forse per provare a capire perché delle persone mettano a rischio la loro tranquillità personale e il proprio immediato futuro con azioni eclatanti dalle sicure conseguenze giudiziarie individuali, vale la pena riflettere sul nome che si sono date. Si tratta di persone oggettivamente appartenenti ad una generazione sulla quale gli effetti dei cambiamenti climatici sono effettivi e diretti. E saranno, nella seconda parte della loro vita, effetti pesanti e negativi. Non c’è alcuna possibilità di discussione su questa evidenza dei fatti. Le armi dei negazionisti sono spuntate.
Una generazione di frontiera
Eventi estremi, superamento della soglia dell’aumento medio di temperatura di 2°C ben prima del 2050, riduzione della biodiversità, emigrazioni di massa e povertà energetica, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento dei livelli degli oceani e dei mari sono solo alcuni degli effetti del riscaldamento globale provocato dall’immissione di tonnellate di CO2 in atmosfera a causa delle attività umane e dell’uso di fonti fossili per produrre energia elettrica. Questi attivisti hanno perfetta consapevolezza di cosa sta succedendo e di quali ne siano le cause, nonché della velocità esponenziale a cui tutto ciò sta avvenendo.
Come su un piano inclinato la velocità di un corpo (la Terra) che lo percorre non cresce proporzionalmente allo spazio percorso, bensì in modo esponenziale. Ciò abbrevia il tempo di percorrenza prima di giungere al fondo. Cioè il raggiungimento del punto oltre il quale lo schianto finale diventa irreversibile. Loro sono consapevoli di essere la generazione di frontiera; l’ultima – appunto – cui è consentito ancora fare qualcosa per invertire la folle corsa verso il baratro. In loro realismo della situazione e urgenza dell’azione sono chiaramente presenti. Per questo adottano azioni così scioccanti, drastiche e forse urticanti. Per questo chiedono in fondo una cosa piccola, rischiando il massimo e dando tutto se stessi, con pratiche di resistenza civile; come furono quelle di Gandhi e Martin Luther King.
Destini personali, destini globali
Qualcuno potrebbe considerarli autolesionisti perché, lungi dal procurare danni al patrimonio culturale, assumono su se stessi responsabilità che solo loro pagheranno. Sono consapevoli di tutto; anche del fatto che la loro vita è già condannata a sopportare gli impatti devastanti del modello di sviluppo che loro non hanno scelto, ma che sono costretti a subire. Hanno chiaramente presente che nella loro generazione si congiungono destini personali e destini globali. Dunque, la coincidenza di interessi individuali (quelli ad una vita dignitosa) e di interessi comuni della specie impone oggi (non domani) scelte nette.
Quindi la domanda che ci viene rivolta è: loro sono consapevoli di tutto ciò, ma noi lo siamo? Ecco, che la domanda – “che c…o fai?” – ripetuta tre volte dal sindaco Nardella all’attivista placcato sull’arengario di Palazzo Vecchio non ha alcun senso. La domanda che in realtà avrebbe dovuto rivolgere a se stesso era: “ho veramente compreso la gravità della situazione in cui ci troviamo e l’urgenza del cambiamento? Cosa posso fare, cosa sto facendo, cosa dovrò fare nella mia posizione per rallentare e invertire la velocità lungo il piano inclinato?”.
Ho il sospetto che le reazioni eccessive, scandalizzate, di condanna, o comunque di fastidio o anche solo di noia di molti di noi davanti alle azioni degli attivisti di Ultima Generazione, siano in realtà generate da sensi di colpa forse inconsapevoli, dal senso di inadeguatezza delle iniziative di chi ha responsabilità politiche, sicuramente dalla incapacità di comprendere il mondo che ci circonda. L’Italia è il sesto paese al mondo per investimenti in imprese che operano nel settore degli idrocarburi e delle fonti fossili. Siamo un paese piccolo per territorio, ma grande per responsabilità nel riscaldamento globale.
Siamo noi l’ultima generazione

Per quanto potente sia l’investimento in comunicazione sulla sostenibilità di governi – nazionali e locali – e imprese, questo risulterà soltanto un’operazione di greenwashing se non si aggredisce e inverte veramente il flusso di sussidi pubblici e di finanza privata che alimenta l’industria delle fonti fossili. Ma Nardella, come in generale la politica, non capisce (o non vuole capire) quale sia il nodo vero del problema e, quindi, fa domande senza alcun senso, reagisce con rabbia e in modo sproporzionato (a maggio si celebrerà il processo contro gli attivisti di Ultima Generazione, con il Senato della Repubblica costituito parte civile!) ad azioni forti ma efficaci dal punto di vista del messaggio che vogliono trasmettere.
E intanto la politica italiana traccheggia con qualche iniziativa di facciata, blocca iniziative strategiche per favorire invece interessi immediati (come il rinvio sine die della sostituzione delle auto con motore a combustione interna, con il solo effetto di ritardare una transizione inevitabile ma inutile se arriva troppo tardi), continua a pensare in termini di proprio mandato e non di generazioni, presenti e future. Invano, perché alla fine, anche loro, anche tutti noi, siamo l’ultima generazione.
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