La Francia in piazza
sfida Macron contro
la riforma delle pensioni
A una settimana dal « Black Friday » (che oltralpe ha suscitato molte polemiche), oggi 5 dicembre, si prospetta un “giovedì caldo” per la Francia.
E’ stata infatti indetta una giornata di sciopero contro il progetto di riforma delle pensioni che il governo sta preparando. Si prevede una vasta e articolata mobilitazione: la stragrande maggioranza dei sindacati del settore dei trasporti, a cominciare da quelli delle ferrovie nazionali (SNCF) e della metropolitana parigina (RATP), invitano a uno sciopero “illimitato”. Sul sito della SNCF è già sospesa la vendita e la prenotazione di biglietti ferroviari sino almeno all’8 dicembre. Gli insegnanti, gli studenti, gli avvocati, i medici e gli infermieri e tante altre categorie hanno annunciato di partecipare alla protesta, che sembra destinata a coinvolgere sia il settore pubblico sia il settore privato.

Le ragioni delle proteste
Si tratterà di una prova di forza, soprattutto in vista delle possibili trattative prima delle vacanze di Natale. Una prova di forza che sarà anche l’occasione di far emergere le molteplici inquietudini presenti nella società francese. Da mesi, ad esempio, i medici e gli infermieri protestano per le condizioni di lavoro sempre più dure negli ospedali, soprattutto nei Pronto Soccorso in cui manca il personale necessario per accogliere e curare nella maniera adeguata i pazienti. Le continue riforme della scuola, senza che si abbia il tempo di potere valutare concretamente gli effetti di quella precedente, preoccupano gli insegnanti sempre più sollecitati a compiere lavori di tipo amministrativo a scapito della pedagogia. Il tentativo di suicidio, un mese fa, di uno studente universitario, ha rivelato una condizione di precarietà e difficoltà economica tra i giovani più deboli non più tollerabile.
Sono solo pochi esempi di una situazione in cui, malgrado una presenza ancora consistente – rispetto, ad esempio, all’Italia – dell’intervento pubblico dello Stato, le molteplici situazioni di crisi contribuiscono a rafforzare un sentimento d’incertezza verso il presente e di paura per il futuro.
Nulla di nuovo, certo: anche la Francia, come gli altri paesi occidentali, soffre del divario tra centro e periferia. Tra la realtà urbana e la provincia. Tra una minoranza che si sente a suo agio in un’economia, lei si “cosmopolita” e una larga maggioranza della popolazione che cerca sicurezza e certezze in identità sociali e territoriali sempre più chiuse. Il movimento dei gilets jaunes, l’anno scorso, aveva fatto comprendere i rischi di questa situazione: una società in cui i corpi intermedii sono sempre più deboli la protesta può prendere forme violente e provocare una risposta delle forze dell’ordine altrettanto ingiustificata nella sua durezza.
In Francia esistono 43 regimi pensionistici
Il governo, in attesa di misurarsi con i risultati dello sciopero, si difende ricordando come ogni proposta di revisione del sistema pensionistico abbia sempre provocato una forte protesta: in effetti, è stato cosi nel 1995 quando l’allora Primo Ministro Alain Juppé tentò di riformare il sistema dei “regimi speciali” a cominciare da quello dei ferrovieri, o nel 2003, quando il governo di François Fillon propose di uniformare la durata dei contributi tra settore privato e settore pubblico. Oggi Macron e il suo governo vorrebbero mettere fine a un sistema con 43 regimi pensionistici diversi e introdurre un sistema universale “a punti”, in cui ogni euro versato avrebbe lo stesso valore per tutti.
Almeno questa era la volontà annunciata: ma negli ultimi mesi all’interno dell’esecutivo e della maggioranza parlamentare le interpretazioni della riforma si sono moltiplicate in maniera confusa, alimentando nell’opinione pubblica una sensazione d’incertezza e aumentando il timore, di ciascuno, di essere alla fine penalizzato. “Una riforma ormai incomprensibile”, come ha denunciato Le Monde in un editoriale estremamente duro verso Macron.
Siamo a pochi mesi da importanti elezioni amministrative e la data del 2022, quella delle nuove elezioni presidenziali, si avvicina. E’ chiaro come per Macron questo passaggio politico sia alquanto importante. La sua strategia rimane quella di legittimare Marine Le Pen come la sua unica rivale possibile, contro la quale utilizzare come nel 2017 la contrapposizione tra europeismo e antieuropeismo, potendo contare sugli effetti di un sistema a doppio turno (non a caso Matteo Salvini, il quale può essere brutale nel suo linguaggio ma non è sicuramente ingenuo politicamente, ha detto chiaramente che è contrario al doppio turno in Italia “perché mi ritroverei solo contro tutti”).
Se si insegue la destra…
Il rischio della strategia di Macron è evidente: far coincidere nell’opinione pubblica francese l’europeismo con una politica sempre più conservatrice, dove l’abusato schema “oltre la sinistra e la destra” si risolve nell’andare senza freni verso destra e potrebbe rivelarsi, ad un certo punto, un meccanismo perverso e il richiamo all’europeismo diventare fragile di fronte a un peggioramento ulteriore dell’economia e al mancato rilancio dell’Unione europea. I sondaggi di opinione, per quello che possono valere oggi in prospettiva del 2022, danno la distanza tra i due rivali al secondo turno ridotta ormai a un 10%, 55 contro 45.
Anche per queste ragioni sarà importante seguire con attenzione lo svolgimento dello sciopero del 5 dicembre e le sue conseguenze.
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