La Diciotti è una prigione galleggiante e l’Europa non ha sovranità per prendere decisioni

Un giorno qualcuno farà un conto di tutte le leggi, internazionali e italiane, che il governo di Salvini, Di Maio, Toninelli e (pure) Conte ha violato nella gestione della vicenda della nave Diciotti. Per ora ci stanno lavorando le Procure siciliane, che Salvini ha sfidato con l’insopportabile tratto della sua arroganza, e, da quanto si può immaginare, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Per il momento è inevitabile e giusto che l’attenzione sia dedicata alla sorte dei 117 esseri umani che, senza alcuna colpa loro e senza un minimo fondamento legale, sono stati tenuti in ostaggio su una nave della Guardia Costiera italiana che l’attuale governo italiano ha trasformato in prigione galleggiante.

Ventinove bambini sono stati fatti scendere ed ora qualcuno starà cercando di curarli, di confortarli, di far sentire loro che anche nel disgraziato paese nel quale hanno messo piede c’è qualcuno che non ha perso la misura della giustizia e della compassione. Pur se sarà molto difficile spiegare il come e il perché proprio loro si siano trovati prigionieri del mare e di uomini d’un potere lontano e certo incomprensibile. Gli altri, gli adulti, sono ancora a bordo testimoni e protagonisti d’un braccio di ferro che non si sa davvero come e quando potrà finire. Il ministro dell’Interno, che da quando è nato questo governo fa il ministro un po’ di tutto e pretende di comandare e di decidere dove non ha titolo né di comandare né di decidere, pretende, per liberare gli ostaggi, le “decisioni dell’Europa” sulla distribuzione dei profughi.

Non sa, finge di non sapere o non è in grado di capire, che non è l’”Europa” che può prendere decisioni perché,

#cataniaaccoglie: i catanesi al porto con gli arancini per esprimere solidarietà alle 177 persone bloccate sulla nave della nostra Guardia Costiera (foto da Luca Salici via twitter)

proprio in nome delle prerogative di “sovranità” che tanto piacciono ai Salvini di tutto il continente, gli stati membri hanno gelosamente tenuto per sé le competenze sull’accoglimento degli esuli e dei migranti in casa propria. Cosicché la Commissione europea, come va ripetendo da settimane e da mesi, in circostanze come questa non può far nulla di più che invocare buon senso e spirito di collaborazione, virtù che latitano nelle cancellerie, specie in quelle dei paesi che più piacciono ai sovranisti di casa nostra, come l’Ungheria e gli altri di Visegrad.

Se ne accorgerà domani, il nostro ministro dell’Interno che, facendosi stavolta ministro degli Esteri e degli Affari Comunitari, ha annunciato una riunione a Bruxelles dei “consiglieri degli Affari Europei (sic) di Italia, Francia, Germania, Austria, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Malta, Grecia e Irlanda” per affrontare proprio la questione della distribuzione dei migranti. Non verrà deciso niente, ovviamente. Tutta “ammuina” per far credere che c’è un’iniziativa, che c’è qualche inutile tavolo su cui sbattere inutili pugni. Se qualche paese accetterà di prendersi qualche rifugiato, lo farà di propria iniziativa, come ha già fatto in passato e come è assai dubbio che possa continuare a fare in futuro, quando, inevitabilmente, circostanze simili si riproporranno. Una soluzione del problema dell’accoglienza ai migranti ci sarà solo quando davvero diventerà un problema dell’Unione, affidato alle competenze delle istituzioni comunitarie. Esattamente quello che Salvini e questo governo non vogliono. E allora friggano pure nelle loro contraddizioni. E vadano a farsi benedire da Victor Orbán, che può insegnare loro i trucchi della “democrazia illiberale” che si pratica laggiù, quella per cui chi vince le elezioni può permettersi di tutto. Non ha freni nelle leggi, nel diritto interno e internazionale, nella prassi parlamentari, nelle Costituzioni. Può permettersi, per dirne una, di negare l’attracco in porto perfino a una nave militare che issa la bandiera del paese. Cosa che non s’è mai vista in nessuna parte del mondo e che, fino a ieri, non avremmo pensato di dover vedere proprio noi. Attenzione, però: l’idea che il consenso elettorale giustifichi l’illegalità e renda accettabile ogni crudeltà del potere è una strada che porta dritta dritta al disastro. “Posso farlo perché il popolo è con me” è già l’inizio di una dittatura.

Intanto, ai poveri cristi ancora ammassati sul ponte della “Diciotti” ci pensa l’altro intrepido generale della guerra agli immigrati e al buon senso di questo governo. Il ministro Toninelli, dopo averci rassicurati tutti in rete che anche al mare dove si fa i selfie con la moglie continua a pensare ai destini del paese, ai ponti che crollano e ai migranti che attraversano il Mediterraneo, ha diffuso una dichiarazione che suona così: “Monitoro lo stato di salute dei profughi sulla “Diciotti”. Stanno tutti bene”.

Benissimo, se Toninelli “monitora” non possiamo che stare tranquilli. È sullo “star bene” che qualche dubbio è lecito trattandosi di persone che presumibilmente hanno affrontato terribili traversate nel deserto, hanno vissuto qualche tempo negli spaventosi lager libici, hanno rischiato di colare a picco con il loro barcone e ora sono tenuti prigionieri da una settimana su una nave. Salvini che festeggiava le vittorie elettorali in Calabria poche ore dopo il crollo del ponte di Genova ci era sembrato, giorni fa, il massimo dell’impudente insensibilità di questa nostra nuova classe dirigente (?). Ora se la batte con Toninelli.

Che miseria, signori.