La decrescita infelice
di Di Maio & co
travolti dalla retorica
Han cominciato a manifestare nel giardino di casa, il Parlamento, mentre chiudevano silenziosi la partita “streaming”, la garanzia – sparavano senza ritegno – che neppure un atto pur piccolo compiuto dal gruppo cinque stelle sarebbe maturato al buio. Riunioni e sedute decisive dei grillini sarebbero state riprese e trasmesse in diretta, sul web. Hanno smesso di applicare un protocollo che mai ha visto la luce senza spiegare una mazza a simpatizzanti ed elettori. Anzi, alla fine dei giochi di liberazione, si son costruiti una esistenza politica blindata come poche altre. Condizione raggiunta con sorprendenti rabbia e soddisfazione grazie ad una opposizione strenua, da parte loro, a ciò che avevano promesso, garantito di fare. Nessuna trasparenza, obiettivo conquistato senza perdite, con in petto l’orgoglio di uno scalatore che ha piantato la bandiera in cima al monte che lui ha provveduto a innalzare, quel monte prima non esisteva. Fatto e scalato.
Il problema è che si tiene sempre poco in conto la lezione di un pendolo infallibile: quanto più blindi la tua vita interna, tanto più saranno costruite, teatrali, niente spontanee, le tue manifestazioni esterne, e questo in politica generalmente si paga. Forse: dipende molto dalla qualità del pubblico, ci son fasi della storia in cui più sei interprete di pessima qualità di una sceneggiatura ridicola e più sali in alto perché il pubblico ti applaude. Magari siamo proprio lì, nella piccionaia di una di quelle fasi? Sì, se: 1) l’abbandono del principio della trasparenza assoluta non è costata ai cinque stelle il crollo dei consensi popolari nonché dei favori da parte di molto mondo dell’informazione; 2) i giornali di carta o di web non titolano senza timore di dire sciocchezze o di esagerare “ennesima buffonata dei cinque stelle sotto il Parlamento” ogni volta che quel gruppo della Camera si piazza sotto i balconi della Casa della Democrazia per far da pubblico festoso a se stesso e ai suoi fantasmi di successo.
Si son dati appuntamento a Roma fra un paio di giorni, il 22, per manifestare il “day” anti-corruzione. Cioè, stanno vendendo canne d’organo ad una comunità di sordi se, grazie ai nuovi provvedimenti, qualunque sindaco d’Italia potrà affidare lavori per chiamata diretta, basta che non superino i duecentomila euro. Secondo i calcoli, potrebbero essere circa sette i miliardi che passerebbero di mano in virtù e per conto della massima discrezionalità. Ma faranno festa nazionale. La tromba l’avevano suonata proprio a ridosso del passaggio del provvedimento: subito dopo il voto, tutti fuori a far parrocchiali benvenuti nel freddo umido a Di Maio e Bonafede.
Ecco, il prodromo è lì in quell’atmosfera un po’ allucinata che sa di plastica, ai piedi del Parlamento. Dove Di Maio tuona, davanti ad un piccolo pubblico ebbro di telecamerine e mai sazio di selfie, uno standard che va sempre bene: “Niente sarà più come prima”. E nessuno ride, ma questa insensibilità totale dei cinque stelle nei confronti delle migliori battute è purtroppo un dato che nessuno si azzarda più a contestare. Se la battuta di Di Maio è un format a bassissimo costo, anche quello che ha innervato la piccola manifestazione di gioia grillina dev’essere un format che costa poco poco. Infatti, bastava scorrere la graziosa aiuola di messaggi scritti che il pubblico-interprete davanti a Montecitorio mostrava senza convinzione. Ci saranno stati una ventina di cartelli tutti uguali, uguali anche i supporti, che sulle teste di questi svogliatoni sentenziavano: “Bye bye corrotti – Attenzione cambiamenti in corso”. Cioè, anche quando si ritrovano in venti e non in massa, non riescono a mettere in scena qualcosa che sfugga a un persistente senso di caserma in cui il cibo è sempre ottimo e abbondante e il cartello è in dotazione, come la giberna, come i gadget nelle borse omaggio ai meeting di peso.
Ma perché darsi da fare con tanta enfasi mentre si ha nelle mani solo un provvedimento molto discutibile, anzi fumoso? Perché non resta loro nient’altro, Salvini ha fatto incetta di “premi” e a questo punto o si danno una mossa e organizzano una coppa da assegnare al primo partito che avrà nel simbolo cinque stelle gialle, e quindi a loro stessi, oppure evaporeranno con velocità superiore a quella con cui stanno già evaporando. Così, si fan festa da soli: alla fine, in questo modo si finisce bene o male sui giornali, l’obiettivo – non fesso – è accompagnare ogni notizia con una immagine dotata di una forza che la notizia non ha, e par che la vita politica e di potere dei cinque stelle sia una pacchia di travolgenti successi in linea con gli assunti iniziali.
Balle, tremende balle ma nessuno chiede conto di queste balle, il pubblico sorvola volentieri purché lo spettacolo prosegua e i ragazzi non perdano il buonumore. Poi, le tv sembra facciano a gara per insonorizzare le fantastiche contraddizioni ospitate dal piccolo esercito di Casaleggio; le grandi masse popolari, come si diceva una volta, sanno quasi nulla di questo gran “me ne frego” dei fondamentali ormai diventato una bandiera che i fan di Casaleggio sventolano solo in casa. Il volto di Di Maio, ad esempio, mai troppo mobile è vero, è adesso un’altra bandiera e devono essersene accorti anche alla Casa Madre. E’ teso anche quando deve dire una cosa allegra, è probabilmente livido anche quando canta “Volare” sotto la doccia, problemi suoi.
Il problema, invece, per i committenti dell’attuale vicepresidente del Consiglio è che il rincalzo, Di Battista, manda in pezzi gli specchi ogni volta che abbozza un sorriso, sempre uscendo dalla doccia. E magari va bene così nell’era in cui tra molti ragazzi trovano accoglienza i messaggi cretini e violenti di piccoli “trap”. Eppure, una coppia di boys perennemente in fase di aggressività contenuta a fatica può non essere il veicolo migliore per riconquistare il terreno e il pubblico perduto. Pare che la rapida erosione di consensi – Salvini ha portato via ai cinque stelle almeno una “curva”, dicono i sondaggi – ti abbia incattivito e così reciti tuo malgrado la parte del perdente indispettito che si scava la fossa senza bisogno che qualcuno glielo ordini.
Tempo fa, la recita aveva miglior sorte: ricorderanno con nostalgia anche i cinque stelle i tempi in cui Salvini pareva stesse al suo posto e la scena sembrava felice di essere occupata da questi leoni educati da Grillo e Casaleggio. Mentre rifiutavano ogni confronto pubblico – e molti salotti tv tremavano di fronte a questo diktat – di tanto in tanto scendevano le scale di Montecitorio ed uscivano all’aperto per allestire giubili semoventi per questo o per quello. Allora, potevano andare più a braccio, avevano più spazio di manovra, ora no, senza canovaccio rigido in tasca non si mettono a fare nulla: flessione netta dei consensi, momento delicato, un errore e sei fottuto, la decrescita – quando interessa te e non gli altri – è tutt’altro che felice e Casaleggio non perdona. Saremmo tesi anche noi al loro posto, ma avremmo già messo su un sindacato interno e, diversamente da Di Battista e Di Maio, saremmo la gioia dei nostri box-doccia.
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