La Catalogna, l’Europa
e i due leader in carcere
La Spagna ha, da poco più di una settimana, due prigionieri politici. Sono Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, rispettivamente i presidenti di Assemblea Nacional Catalana e Omnium Cultural, le due associazioni che hanno dato forte impulso al movimento indipendentista negli ultimi anni. Accusati di sedizione dalla procura generale spagnola sono stati rinchiusi in carcerazione preventiva nella prigione di Soto del Rey alla periferia di Madrid. La repressione del governo del primo ministro spagnolo Rajoy, a capo di un governo di destra, supportata però anche dal PSOE, i socialisti spagnoli facenti parte del gruppo parlamentare europeo del PSE, è finita su tutti i social e i media del mondo contribuendo a dare l’impressione di un’azione sproporzionata verso persone inermi e assolutamente pacifiche. I due leader indipendentisti, del resto, hanno sempre predicato un’azione improntata al civismo, coerente con la propria storia personale legata ai movimenti pacifisti degli anni Ottanta.
Questa premessa, però, porta a una chiave di lettura più ampia: oggi anche l’Europa, di cui la Spagna è stato membro, ha due prigionieri politici e forse è il momento che l’istituzione smetta di girare la testa dall’altra parte ed entri in campo per affrontare la questione catalana, magari aprendo un tavolo che serva a dirimere le posizioni in contrasto per giungere ad una soluzione concordata.
Fin qui la cronaca, ma forse diventa interessante vedere in prospettiva quale formidabile occasione si presenta per l’Unione Europea se decide di affrontare il problema.
Analizzando cos’è la Catalogna di oggi troviamo una società economicamente avanzata, digitalmente all’avanguardia, socialmente integrata nelle sue componenti. Insomma una piccola terra che non è il paese di Bengodi, ma è un luogo dove alcuni dei mali di cui soffre endemicamente l’Europa sembra che siano stati in qualche modo risolti o ben avviati al successo.
La Catalogna attuale può essere il modello su cui costruire una nuova Unione Europea. Tanto per fare un esempio, su una questione estremamente sentita oggi in quasi tutti gli Stati membri come è quella dell’immigrazione, dobbiamo ricordare che la Catalogna è una terra di accoglienza e qualche mese fa Barcellona ha visto una enorme moltitudine di persone scendere in strada per chiedere di ospitare i rifugiati. I catalani non sono legati da vincoli di sangue (solo il 32 per cento della popolazione lo è di origine), ma dall’unica caratteristica di essere insieme nella quotidianità (scuola, lavoro, società civile) uniti da una lingua veicolare, il catalano, che sta favorendo al massimo l’integrazione tra nativi e nuovi venuti in modo capillare fin dall’età più tenera.
Interessante, per sostenere la tesi che una Catalogna indipendente farebbe bene all’Europa, un documento elaborato da tre importanti think tank catalani (Col·lectiu Emma, Col·lectiu Praga e Col·lectiu Wilson) i cui membri sono una rete di catalani sparsi per il mondo, accademici, economisti e giuristi, che lavorano per “garantire – sostengono – un’immagine fedele della realtà attuale del Paese e della sua storia”.
L’indipendenza “sarà una cosa buona per l’Europa – scrivono nel documento – in primo luogo per una ragione pratica, perché potrà contribuire a risolvere un problema secolare che, se si lascia incistare, peggiorerà e aggiungerà un nuovo fronte di instabilità su scala continentale. In secondo luogo, e più importante, per una questione di principio. In questi tempi di incertezza politica, in cui in molti paesi il progetto europeo è contestato da differenti posizioni, l’attitudine dei catalani, decisamente pro europei, fermamente ancorata a principi democratici e seguendo metodi estremamente pacifici, dovrebbe rappresentare un esempio per tutti come l’unico modo accettabile per risolvere le differenze tra le nazioni e dentro gli stati. Prima o poi – conclude il documento – tutti i paesi d’Europa e le istituzioni comuni dovranno assumere una posizione sulla Catalogna. E’ una questione di democrazia che le legittime aspirazioni dei catalani in quanto nazione storica e i suoi relativi diritti collettivi siano riconosciuti. Ed è una questione di giustizia che la loro lotta costante e pacifica trovi ricompensa”.
Insomma o l’Europa si sveglia e affronta la patata bollente, anche per difendere i diritti fondamentali violati di cittadini europei, o perderà una chance per affrontare con un nuovo volto il XXI secolo.
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