La bella vittoria di una persona di sinistra
Sono andato ad ascoltarla al quartiere romano del Testaccio da “uomo del bosco” (cit. Bersani). La conoscevo già da qualche anno. Per affiatamento europeo, diciamo. Eppure quella sera, all’imbrunire, su quel palco dove si muoveva e si agitava, una settimana prima delle primarie, Elly Schlein era come fosse già segretaria del Pd. Era stata preceduta, prima di svolgere il suo discorso, da una torrenziale e trascinante Livia Turco. Una forza della natura, Livia, capace di gridare parole di commovente passione politica, di travolgente coinvolgimento, per sostenere Elly che, da sotto il palco, la seguiva con occhi lucidi. Mi è sembrato un perfetto viatico.
Vogliamo dire che c’era una certa aria di nostalgia? Certo, anche. Poi Schlein salì e tenne il ritmo di Livia. Parlando, come sempre (ma dovrebbe correggersi, a mio avviso) un po’ troppo veloce, con i pensieri e i concetti che si inseguono e si sorpassano l’un l’altro. Devi starci attento. Eppure lucidissima, comprensibile, quasi didascalica. E, soprattutto, riconoscibilissima. Una persona di sinistra. Ecco, non è così difficile: ha vinto perché è una di sinistra. E solo i destri, i fascio-leghisti, oppure i cosiddetti liberal-democratici all’amatriciana, che quasi svengono alla notizia, possono riversare tutto il loro stupido e acido livore all’annuncio della novità politica più importante di questi giorni.
Piazza di Testaccio, a Roma, è prossima a piazza Santa Maria Liberatrice, l’altra del quartiere. Elly Schlein parlava e ho pensato ad Emanuele Macaluso che lì abitava. Dal suo balcone avrebbe potuto sentirla. Lui nel 2007 scrisse un libro-profezia sulla sorte del nascente Partito Democratico: “Al Capolinea”. Cioè un partito che restava fermo al capolinea, un autobus carico di due filoni ideali e politici – Ds e Margherita – che avevano fallito l’amalgama e che non sarebbe mai partito per il suo viaggio. In buona sostanza, Macaluso ci aveva preso. L’autobus è andato di qua e di là per quindici anni senza aver imboccato la strada più favorevole.
E, adesso, Schlein si trova alla guida dopo il voto delle primarie pubbliche (con il voto ai gazebo), un responso che è stata una mezza rivoluzione, che oggettivamente porta un’aria fresca e carica di aspettative. Forse si tratta di un’ultima chiamata. Molti del milione e passa di votanti hanno così motivato la ragione di una mobilitazione post-25 settembre. Affidarsi a Schlein, al suo programma sui diritti e per i diritti, dotarsi di una ragione solida, anche umanamente vicina ed empatica, per proseguire una battaglia vecchia e nuova al tempo stesso. Lei ieri ha risposto: “Il popolo democratico è vivo”.
Nella storia della sinistra italiana ci sono state tante svolte. Molte fasi drammatiche, alcuni momenti persino felici. Come possiamo definire questa? Sarebbe facile cadere nella retorica. Certo, si tratta sempre di una svolta, di una splendida novità, di una occasione da non perdere. Però, la vittoria alle primarie diventa subito, per Elly Schlein e per la sinistra più allargata, una sfida terribile accompagnata dall’ostilità, spesso ottusa, degli avversari politici e dall’immancabile ritrosia che caratterizzerà la porzione del partito che aveva puntato su Stefano Bonaccini vincitore, in questo ben curioso congresso del Pd, nel voto dei circoli.
Complessità e difficoltà del futuro
Schlein, dunque, ha vinto. Adesso viene la parte più complessa e difficile. A mio parere ha vinto perché Schlein ha messo in mostra la propria identità insieme alla proclamazione, all’insistente sottolineatura della questione sociale, della cura dell’ambiente, della messa al bando del lavoro precario e di fame a cominciare dai giovani, delle diseguaglianze e della difesa delle minoranze. Insomma, ci si può spingere forse ad affermare che la nuova segretaria del Pd ha rispettato la regola scientifica sulla nascita dei partiti. Quella dei “cleavages”, cioè delle rotture sociali che portano a nuove organizzazioni politiche. Il suo programma e la sua posizione sui temi soprattutto sociali che erano molto appannati (ricordiamo il jobs act?) hanno fatto breccia e certamente saranno il tratto distintivo del “nuovo partito” che si intende costruire e che da più parti si reclama (Articolo Uno è uno dei più insistenti su questo punto).
Qui la questione si fa sanguinosamente politica. L’onda della vittoria (“Non ci hanno sentiti arrivare nemmeno stavolta”, ha detto ironicamente Schlein) con il 53,7% e 587 mila voti sarà sufficiente a tenere unito questo partito per avviarne, finalmente, la trasformazione sulla base delle posizioni della vincente? Le primarie per eleggere i dirigenti di un partito, anche con il voto dei non iscritti, restano pur sempre una forte anomalia. Questa volta, però, va detto che il verdetto si è ammantato della “sorpresa” Schlein (per buona parte dell’opinione pubblica) che ha fatto esultare per il diritto concesso agli elettori di occuparsi delle questioni interne di un’associazione privata qual è un partito. Insomma: c’era bisogno di una scossa e le primarie, svolte peraltro sotto il maltempo, l’hanno data oscurando le grandi perplessità sullo strumento.
Sotto il segno del melograno
La partita si gioca d’ora in poi sotto il segno del melograno donato, come portafortuna, da Enrico Letta nell’ora dello scambio di consegne. L’azione della destra al governo si sta facendo sempre più netta ed esiziale mentre si fa cupo il clima internazionale, a causa della guerra russa in Ucraina. Schlein è entrata al Nazareno con idee chiare e un mandato netto, quello di cambiare tutto, soprattutto la posizione politica. Avrà il problema di rinnovare la classe dirigente, la guida dei gruppi parlamentari in Italia e a Bruxelles, di mettere in sella un personale politico giovane, preparato e capace di dar l’anima su e giù per l’Italia. Lei sa d’essere attesa al varco. Ha un po’ di tempo davanti ma non troppo. Deve continuare a correre come ha fatto. Le europee del maggio 2024 sono dietro l’angolo e sarà una competizione con il sistema proporzionale, le preferenze e forse le primarie per i candidati. Schlein riparte dal 19% dello scorso 25 settembre. Una scommessa: l’autobus partirà dal capolinea?
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