Boris Johnson sconfitto, slitta la Brexit

Il parlamento della Gran Bretagna non chiuderà per cinque settimane, perché resterà in seduta d’urgenza permanente, il primo ministro Boris Johnson ha perso la sua esile maggioranza di un seggio visto che un parlamentare è passato con i liberal-democratici e, infine, Westminster ha votato una mozione per prorogare al 31 gennaio 2020 l’eventualità (sempre meno consistente) della Brexit.

La seduta della Camera dei Comuni era l’ultima, triste finestra utile per l’esercizio democratico prima della più lunga sospensione dei lavori parlamentari dal 1945 ad oggi: il primo ministro Boris Johnson aveva comunicato nei giorni scorsi uno stop dal 9 settembre al 15 ottobre. In questo modo la House of commons sarebbe stata costretta a lasciargli mano libera, senza alcuna possibilità di fermare una Brexit senza accordo. Si sarebbe trattato di un crash-out, un’uscita traumatica che avrebbe gettato la Gran Bretagna nel caos e tra le braccia della sfera l’influenza commerciale degli Stati Uniti, voltando per sempre le spalle alla sua storia europea.

La defezione di Lee

Phillip Lee

Westminster si è dimostrata ancora una volta gelosa delle proprie prerogative, famiglia litigiosa, ma compatta nel rintuzzare chi vuole interferire. Non appena Boris Johnson ha iniziato a parlare, riferendo sui lavori del G7 di Biarritz, Phillip Lee, parlamentare conservatore, ha attraversato la sala e si è seduto sui banchi dei liberali-democratici. Questo ha sancito, a norma di regolamento, il passaggio ad altro gruppo.

Lee, antropologo esperto di psicodinamica dell’antisemitismo e medico, rappresentante molto apprezzato nella sua circoscrizione di Bracknell, solo in quel momento ha fatto avere a Johnson, che da giorni minaccia i ribelli del suo partito, una garbata lettera di congedo. Lee ha sempre sostenuto la necessità di un secondo referendum, perché, a suo parere, il primo ha consegnato ai legislatori un responso ingestibile, visto che il quesito era generico. Ora ha scritto a Johnson: “Non sono io a lasciare il partito, è il partito a lasciare me”. Ora sono i lib-dem e i laburisti, assieme ai socialisti del Partito nazionale scozzese, ad avere la maggioranza. Sarà più difficile umiliare il parlamento.

Standing Order 24

Dopo i pochi, decisivi passi di Lee verso il partito di Jo Swinson, Sir Oliver Letwin in pochi secondi ha chiesto allo speaker John Bercow uno Standing Order 24, la possibilità che il parlamento possa riunirsi e legiferare in condizioni straordinarie su un argomento urgente con una seduta senza limiti, quindi prendendo il pieno controllo del proprio calendario. Si chiama standing perché basta che quaranta membri si alzino subito dopo la richiesta affinchè, nell’interesse della democrazia, si apra un tempo di assoluta sovranità parlamentare, con gli unici limiti costituzionali.

Boris Johnson

Tre quarti della House of Commons si sono alzati e lo speaker John Bercow ha solo commentato: “Devo dire che questo non arriva come una sorpresa”. In effetti, la notte prima. Sir Oliver Letvin aveva depositato presso Bercow la richiesta e, per prudenza estrema, aveva pubblicato sulla bacheca elettronica della House of commons la richiesta.

Prorogare la Brexit

Il dibattito è iniziato immediatamente e sfocerà nella decisione di prorogare la Brexit fino al 31 gennaio 2020. Dovrà essere ratificato dai Lords. Difficile pensare che l’Unione Europea ignori la volontà parlamentare e tratti con un primo ministro senza maggioranza.

I conservatori di spicco, a partire da Philip Hammond, da quest’estate lavorano assieme a laburisti e lib-dem per allontanare un’uscita della Gran Bretagna senza un accordo. Già a luglio alcuni funzionari di Whitehall, inorriditi, avevano per caso saputo del progetto di Johnson per sospendere il Parlamento. Non si sa come, ma qualcosa era filtrato, arrivando sia al gruppo dei ribelli, sia alla stampa, anche se in modo meno diretto. Una ventina i tory che ieri hanno votato per fermare il no deal.

Jeremy Corbyn ha definito il governo “spietato con il Paese, democraticamente inaffidabile, privo di alcuna capacità negoziale”. Philip Hammond. più conciliante, ha detto alla Bbc che “Johnson forse tende a confondere colloqui informali, ad esempio con Macron o Merkel, pensando che siano accordi. Gli accordi veri, lo dico senza nulla di personale – ha continuato – richiedono una montagna enorme di studi specifici, bozze, calcoli di ogni genere”.

Alle urne?

Le elezioni anticipate sono una prospettiva allettante per laburisti e lib-dem, ma anche pericolosa. Tant’è vero che Boris Johnson ha annunciato una mozione per andare a votare, agitando il ricorso alle urne come possibile interferenza con il periodo di prolungamento del regime di attesa e di lavoro per una soluzione concordata con l’Unione Europea. In realtà, per ottenere una consultazione anticipata il primo ministro deve avere, per legge, il sì dei due terzi del Parlamento se vuole indicare una data specifica. Se al contrario la data fosse da concordare con le opposizioni, basterebbe la maggioranza semplice. C’è tuttavia nel Labour che preferisce prima blindare la proroga, per scongiurare un secondo assalto al Parlamento.