Jo Swinson, la leader
dei Lib-Dem che può
fermare la Brexit
Erede di due grandi tradizioni, quella liberale e quella socialdemocratica, appena eletta leader del suo partito, i Lib-Dem, Jo Swinson, 39 anni, scozzese, laurea e master alla London School of Economics, sposata e madre di due bambini, è oggi la protagonista della scena britannica.
Il leader uscente del partito, una formazione che rappresenta trecento anni di storia, Sir Vincent Cable, assieme al rivale/amico di Swinson, che con lei si è conteso la guida del Lib-Dem, Ed Davey, hanno dimostrato a fatti di non considerarla più “the baby of the House”, la piccolina di casa o la giovane della House of Commons, ma la loro leader, l’unica che potrà far vincere lo slogan “exit from Brexit”. Swinson ha avuto la fiducia dei due terzi dei delegati Lib-Dem, con settantaseimila consensi.
Partito no Brexit
È la più giovane donna capo di un partito nel Regno Unito, ed era stata eletta a Westminser già a venticinque anni. Swinson guida un partito che sta andando forte. Dalla sua fondazione, nel 1988, con la fusione tra eredi dei Whigs e dei socialisti democratici usciti dal Labour Party, il Lib-Dem è sempre stato a favore dell’Europa Unita; per il suo allargamento al maggior numero di Paesi possibile; fin dal 1993 per un’unica moneta (anche nel Regno Unito) e per una banca centrale europea; per un convinto internazionalismo; per un sistema elettorale proporzionale; per le libertà e i diritti civili, in particolare delle comunità lesbica, gay, bisessuale, transgender; per il sostegno all’educazione estesa a tutti; per la liberalizzazione delle droghe; contro la guerra in Iraq e quelle che ne sono seguite.
I lib-dem sono sempre stati a favore della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, e ora vogliono dare nuovamente la parola ai cittadini con un referendum e, se necessarie, elezioni generali. Un lascito europeista ereditato anche dai Liberal che avevano chiesto l’adesione alla Comunità Europea del carbone e dell’acciaio.
Boom di consensi
A dimostrazione che a volta un po’ di coraggio bisogna farselo venire senza chiedersi cosa piacerà a chi vota, i Lib-Dem stanno avendo un boom da alcuni mesi. La prima conferma era venuta con le elezioni amministrative del 2 maggio, per rinnovare 248 consigli locali e di contea, e per la designazione di sei sindaci. I conservatori persero milletrecento trenta seggi, l’Ukip di Nigel Farage ne perse centoquarantacinque, i laburisti ne persero ottantaquattro. I Lib-Dem ne guadagnarono 705, i verdi 194.
Si replicò, ma in grande, alle elezioni europee: i Lib-Dem sono diventati il secondo partito col 20,3 per cento. Preceduti dal partito della Brexit che ha il 31,6 per cento, hanno lasciato molto indietro sia i laburisti (14 per cento), che i conservatori (9 per cento). “Sono di fronte a voi oggi- ha detto Jo Swinson ai delegati- non solo come capo dei Liberali-Democratici, ma come candidata prima ministra. Sono pronta ad accompagnare il partito in un’elezione generale e a vincerla”.
“E’ il momento di lavorare assieme- ha detto Swinson rivolgendosi ai colleghi eletti degli altri partiti e ai loro elettori – e non è il momento del tribalismo. Gli ideali liberali sono vivi e fioriscono, alla faccia del nazionalismo, del populismo e della catastrofe della Brexit. I due vecchi partiti hanno fallito. Il mio partito – ha aggiunto dopo la sua elezione a capo dei Lib-Dem – è stato chiaro dal primo giorno in cui si parlò di Brexit. Pensiamo che il miglior futuro per il Regno Unito sia quello di essere di membro dell’Unione Europea. Questo è il motivo per cui, come vostra leader, farò qualunque cosa per fermare l’uscita”.
Swinson è molto più dura nei confronti del tradimento dei conservatori, di cui pure sono stati alleati per cinque anni agli inizi degli anni Duemila, pagando un pesante prezzo elettorale con Nick Clegg vice di David Cameron. Un errore che hanno scontato con anni di calo da cui si stanno risollevando solo ora con la riscoperta delle radici socialdemocratiche e liberali, due motori politici della storia europea che hanno un significato anche per l’oggi.
Non solo Boris

“La Gran Bretagna merita di meglio di Boris Johnson”, ha commentato la leader Liberale-Democratica.
Un sondaggio YouGov per il Times assegna, in caso di elezione generale, il 24 per cento ai Lib-Dem di Jo Swinson, il 22 per cento al partito pro-Brexit e il 19 per cento rispettivamente a conservatori e laburisti. Con i Verdi e i socialdemocratici del Partito Nazionale Scozzese i Lib-Dem, secondo il sondaggio, avrebbero la maggioranza.
La leader ha detto che Johnson non ha dimostrato di possedere doti di statista già in alcune occasioni internazionali molto delicate: per esempio affermando a un comitato che la cittadina anglo-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe, detenuta nel suo Paese d’origine dal 2016, era lì per fare un corso di giornalismo indipendente ad alcuni colleghi. Circostanza erronea. Questo ha comunque gettato Whitehall, ma soprattutto il marito di Nazanin Ratcliffe, padre della loro bambina Gabriella, 5 anni, nello sconcerto. La situazione era già fragile. Sir Alan Duncan, ministro degli esteri, si era dimesso il giorno prima dell’elezione di Boris Johnson.
Alla domanda se pensa che Johnson sia razzista, Jo Swinson ha risposto: “Non lo so. Perché non so cosa pensi. Comunque, non è accettabile che nella sua posizione sia così sventato nell’usare le parole in una società in cui le persone, un giorno sì e un giorno no, sono abusate e discriminate per il colore della pelle”.
Qualcuno ha accusato Jo Swinson di essere prima di tutto una femminista e solo dopo una liberale. Lei ha risposto:” Come puoi essere liberale se non sei femminista?”
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