Lo ius soli valeva anche una crisi
Dunque dello ius soli per ora (per ora?) non se ne farà niente. Era al primo
punto del programma “Italia bene comune” di Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola. Era al
primo punto del programma del governo di Enrico Letta che aveva nominato Cécile
Kienge ministra anche per dare un segnale in quella direzione. Era tra
gli impegni del governo di Matteo Renzi e poi di quello di Paolo Gentiloni. Ma a meno di
improbabili novità in autunno, la cittadinanza per i minori stranieri
resterà una chimera. Per chissà quanti anni ancora, visto che nel prossimo
Parlamento gli spazi di manovra del centrosinistra (ammesso che esista ancora)
saranno molto più esigui e che Grillo Salvini e Berlusconi mai daranno
il via libera a una legge di civiltà.
Va bene il senso della realtà, va bene riflettere sull’impopolarità e sui i sondaggi, ma se si
poteva agire era questo il momento. Anche a costo di rischiare una
crisi. In fondo un governo che va a casa per garantire un diritto
sacrosanto ai più deboli potrebbe almeno restituire un’immagine di
coraggio e magari – come si usa dire – rimettersi in connessione col suo
elettorato. E con il centrosinistra, ammesso che esista.
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