Inutile rincorrere le emergenze: bisogna adattare la prevenzione ai cambiamenti climatici
Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni in Emilia-Romagna è l’altra faccia della crisi climatica, che si ripercuote sui territori con eventi estremi sempre più intensi, con rischi per la vita delle persone e impatti pesanti sull’ambiente e sull’economia. E l’Italia ancora una volta si dimostra impreparata. Nel nostro Paese il rischio idrogeologico è noto, mappato e ci sono le conoscenze per intervenire ma continua a non essere affrontato e gestito in maniera adeguata, anche in quelle aree in cui eventi analoghi si sono già verificati (come ad esempio le Marche colpite violentemente anche lo scorso settembre e negli anni passati).

Secondo i dati forniti dalla piattaforma Rendis di Ispra, a livello nazionale in Italia dal 1999 al 2022 sono stati spesi per la prevenzione del rischio idrogeologico ben 10,57 miliardi di euro per finanziare 11.204 progetti e opere per mitigare il rischio. Di questi ultimi, il 43% (4.834 su 11.204) sono state opere terminate. Al di là di valutare se i soldi siano stati tanti o pochi, per Legambiente è utile fare una riflessione se quelli che sono stati spesi in questi due decenni hanno portato a una effettiva mitigazione e riduzione del rischio in Italia.
Enormi risorse spese in modo inefficace
Le risorse stanziate sono state spese in modo inefficace per tre motivi:
1) le opere sono state meno efficaci rispetto a quanto previsto e progettato perché molte di queste hanno risposto solo alla logica dell’intervento difensivo, “puntuale”, che ha provato a risolvere il problema locale senza considerare ciò che poteva accadere a monte o a valle dell’intervento. Inoltre, la maggior parte delle opere realizzate è stata rigida, infrastrutturale, con l’effetto che ha ingessato ancor di più un territorio fragile che invece andava reso più resiliente e flessibile al verificarsi di eventi impattanti;
2) gli eventi impattanti vanno inseriti nel più ampio contesto del cambiamento climatico, che sta alterando la distribuzione delle piogge e questo sta incidendo molto sugli effetti che hanno sul suolo tali variazioni (a cui dovremo abituarci nell’immediato futuro attraverso politiche di adattamento dei territori e delle attività antropiche);
3) al di là delle opere realizzate, più o meno efficaci, il problema è che è mancata negli ultimi decenni una seria politica di governance del territorio, a partire dall’azzeramento del consumo di suolo.

L’appello di Legambiente al governo
Legambiente ha lanciato un appello al Governo indicando i 5 interventi da mettere in campo e che devono essere al centro di una chiara ed efficace strategia di prevenzione. In particolare, occorre approvare definitivamente il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, ancora in standby dopo la fase di VAS (valutazione ambientale strategica) avviata dal governo alla fine dello scorso anno dopo la tragedia di Ischia. Serve poi stanziare le adeguate risorse economiche per attuarlo. Occorre rafforzare la governance del territorio, affidando un ruolo centrale alle autorità di distretto in merito al monitoraggio e alla gestione del territorio. Non si può più rimandare l’approvazione di una legge sullo stop al consumo di suolo che il paese aspetta da 11 anni. Occorre infine promuovere efficaci politiche territoriali di prevenzione e campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone.
Negli ultimi decenni è mancata in Italia una seria politica sul rischio idrogeologico, troppo spesso spezzettata e scoordinata, e le risorse per la prevenzione sono stati spesi in modo inefficace.
Continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia di prevenzione, che ci permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane. Gli strumenti ed i soggetti competenti ci sono. Le conoscenze anche. Serve la volontà politica che è mancata finora, per evitare che la tragedia di questi giorni sia, anche stavolta, la penultima.
L’autore è presidente nazionale di Legambiente
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