In Germania nasce “Mafianeindanke”:
più di 3500 ‘ndranghetisti
Dopo il caso olandese (vedi QUI ) pubblichiamo un secondo servizio di Maria Luisa Vincenzoni sulla penetrazione della mafia italiana in Germania.
Sandro Mattioli è un giornalista investigativo e un attivista tedesco. Di padre abruzzese, Mattioli lavora come freelance per varie prestigiose testate: Der Spiegel, Stern e il gruppo radio-televisivo ARD, per cui ha fatto alcuni documentari. È coautore, con Andrea Palladino, del libro “La Mafia dei rifiuti: il network criminale in Europa”.
Sandro Mattioli, che ha studiato storia moderna, retorica e scienze culturali empiriche nelle università di Tubinga e Roma, è il presidente dell’Associazione mafianeindanke. Il primo nucleo nacque a Berlino dopo la strage del 2007 nella città tedesca di Duisburg, nel Nordreno-Vestfalia. Sei persone appartenenti alla ‘ndrangheta furono uccise nell’ambito di una faida tra ‘ndrine. Di fronte alla rappresentazione frammentaria e stereotipata delle mafie italiane in Germania, un gruppo di persone residenti a Berlino, molti dei quali immigrati italiani, decise di impegnarsi e di proporre alla società tedesca una riflessione e un’attività più coerente contro le mafie. mafianeindanke si è ispirata ad associazioni come Libera e Addio Pizzo.

D. Come è nata mafianeindanke?
R. È nata dodici anni fa in un contesto di gastronomi italiani, subito dopo la strage di Duisburg. Questo primo gruppo di persone si mosse per aiutare i ristoratori colpiti da estorsione organizzando la sicurezza dei locali colpiti. Abbiamo collaborato con la polizia e sostenuto le vittime. Alla fine i responsabili furono arrestati.
D. Da allora mafianeindanke lavora su fronti diversi: culturale, sociale, di attiva difesa della legalità, contro le mafie italiane.
R. Sì, abbiamo cercato e cerchiamo di rafforzare la consapevolezza dei cittadini e della classe politica tedesca sul problema del crimine organizzato in Germania, per arrivare al pieno riconoscimento delle mafie come un grave pericolo e soprattutto che riguarda tutti e non un solo paese che quindi richiede una sempre maggiore collaborazione tra gli Stati, specialmente i Paesi membri dell’Unione Europea. Monitoriamo le attività mafiose valorizzando e facendo conoscere l’importante lavoro di magistrati, forze di polizia, giornalisti impegnati a contrastare il crimine organizzato. Promuoviamo e sosteniamo progetti che valorizzano la legalità come condizione di benessere e fiducia nella comunità. Offriamo un punto di riferimento per coloro che si sentono minacciati dalla mafia, cittadini che si trovano sotto vari tipi di minacce o pressioni che hanno bisogno di essere ascoltati, sostenuti e consigliati.
D. Quali sono le attività più importanti che state facendo?
È importante l’informazione e la rete di contatti quotidiani, quindi la nostra sempre più diffusa newsletter, così come è rilevante l’attività di lobbismo con le istituzioni, le forze politiche, la polizia: mantenere un’attenzione molto alta sul tema, dare la possibilità all’opinione pubblica di essere bene informata e fare approvare norme per rendere la vita più difficile ai mafiosi. Tutto questo richiede competenze ed energie diverse. Ora stiamo sviluppando programmi, insieme all’amministrazione del distretto di Neukölln, che diano la possibilità ai famigliari dei mafiosi di allontanarsi dalla criminalità organizzata.
D. Nel 2017 c’è stato un momento di grande visibilità, che vi ha accreditato come un soggetto culturale e sociale parte importante della società tedesca.
R. C’è stato un grande evento all’ambasciata d’Italia in Germania, con il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ed il procuratore della DDA di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, i ministri degli interni tedesco e italiano, autori, studiosi e docenti universitari. Nando dalla Chiesa poi è stato relatore in seminari che abbiamo organizzato in varie città, come Amburgo, Lipsia, Berlino. mafianeindanke è stata consulente del Bundestag (il Parlamento tedesco) e della città di Berlino. Abbiamo organizzato cine-forum sviluppando il tema delle vittime innocenti. Il 3 aprile scorso a Bruxelles abbiamo partecipato alla presentazione della rete “CHANCE” per una nuova agenda politica europea contro la criminalità organizzata. Siamo volontari, c’è un nucleo molto attivo di tre o quattro persone, poi un gruppo di circa quindici persone che collaborano insieme a noi, e grazie al progetto degli European Solidarity Corps abbiamo ogni anno due volontari europei che ci aiutano. Attorno a tutto questo lavoro c’è poi il sostegno di amici ed esperti. Anche la newsletter è tradotta sempre in tedesco, grazie alla generosità di traduttori che dedicano del tempo a questo lavoro fondamentale.
D. Qual è il livello di penetrazione della mafia italiana oggi in Germania?
R. Il problema in questo caso è che mancano dei dati precisi. Però grazie anche al nostro contributo il governo è spesso sollecitato a delineare meglio l’attività e l’ordine di grandezza dei gruppi mafiosi in Germania. Per ora i conti non tornano. Secondo il governo ci sono 590 mafiosi attivi in Germania, il procuratore Gratteri sostiene invece che vi siano sessanta “locali” di ‘ndrangheta in Germania (la “locale” è l’organo con cui si organizzano le ‘ndrine e ha bisogno di almeno 49 membri per esistere). Facendo un rapido calcolo si stima che gli ‘ndranghetisti in Germania possano essere più di 3500. Si può dire che le mafie italiane siano radicate quasi dappertutto, sia nelle grandi città che nei piccoli paesi. Sono quasi invisibili e possono “lavorare” in tranquillità. Dopo la Strage di Duisburg si sono resi conto che la strategia migliore per loro è quella di passare inosservati ed agire nell’ombra. Ci sono città come Erfurt che sono interamente colonizzate, ma questo accade anche in Assia e nel Baden-Württemberg. La polizia non dà la giusta attenzione a questo fenomeno perché pensa che ci siano problemi più urgenti. Le estorsioni sono diminuite perché questo comporterebbe un alto rischio di cattura e quindi maggiore visibilità. A volte la richiesta del pizzo è anche molto ben mascherata: può accadere che i ristoratori comprino da un certo grossista e questa scelta viene vista da alcuni come un contributo volontario.
D. In quali settore la mafia investe e fino a che punto si riescono ad arginare questi affari criminali?
R. Non essendoci il reato di “associazione mafiosa” sul territorio tedesco i soggetti attivi non si possono incriminare come mafiosi, la stessa cosa vale per il sequestro e la confisca dei beni che in Germania è un processo molto più complicato rispetto a quanto accade in Italia. Gli arresti di affiliati in Germania avvengono per lo più tramite il mandato di arresto europeo. Detto questo, sappiamo che vi sono investimenti di centinaia di milioni di euro in settori diversi, quello immobiliare, quello degli alberghi, il riciclo dei rifiuti, c’è stato perfino il caso di un’azienda di pannolini per neonati. Sappiamo che nel 2018 sono state confiscate sette tonnellate di cocaina, una quantità che costituisce un introito di due miliardi di euro. Se si considera che ogni anno in Germania si riesce a confiscare solo il 5% della droga, si può dedurre quale sia il volume d’affari di queste organizzazioni. È pur vero che non tutti i soldi vanno alle mafie italiane, ma certamente una buona parte sì.
D. Che parte hanno le aziende finanziarie nel riciclaggio?
R. Esiste una legge antiriciclaggio, ma non ci sono controlli adeguati. Se poi qualcuno, una cordata finanziaria o un gruppo di azionisti decide di comprare una parte di un gruppo bancario, i controlli avvengono solo se viene ceduto più del 10% della banca. In questo quadro è chiaro che, con opportuni accordi, alcuni clan o ‘ndrine possono facilmente scalare un istituto di credito o comunque controllarne una fetta consistente. Un altro punto debole è la mancanza di veri controlli sull’origine del danaro in entrata nel Paese: si possono portare ad esempio un milione di euro e basta compilare una dichiarazione con la cifra per non avere ulteriori verifiche. Una porta in più per il riciclaggio.
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