Il cinismo di Johnson.
Ma gli scienziati
non si parlano?
Le parole di Boris Johnson sono la cosa più spudorata pronunciata da un capo di stato occidentale in Europa dal dopoguerra a oggi. “Abituatevi a perdere prematuramente i vostri cari”. E’ una frase cinematografica che sa di catastrofe. Cioè, molti moriranno, lo sappiamo, ma è l’unico modo per non riscrivere la storia del nostro paese, quindi abbracciate per l’ultima volta i vostri bambini, cari nonni un po’ malandati, stringete i vostri nipotini, vi di do qualche giorno, non più di quattordici, però, sapete, l’incubazione … poi non li rivedrete più. Siccome, però, i bambini è meglio non soffrano, non gli dite proprio tutto, anzi accompagnateli a scuola, in palestra, alle feste, così, mentre voi vi ammalate, per loro tutto scorrerà normale.
A questi livelli, a livello di premier di una delle nazioni più potenti del mondo, non si possono prendere posizioni da bar, quindi, dietro le parole di Boris, c’è per forza un pensiero scientifico, un sapere virologico, un idea epidemiologico-statistica, un modello matematico, una ultra professionale previsione del futuro, una solida e riprovata consapevolezza delle proprie attuali forze e di quelle che si potranno mettere in campo. Si può essere messi al corrente di tutto questo modo di pensare? Necessariamente ci saranno accanto a Boris uomini di prestigio e credito scientifico internazionale e allora altre domande: com’è possibile che la comunità scientifica non si parli?
Se i riferimenti scientifici di Boris Johnson premier inglese, mica sindaco di Roccacannuccia, sono eminentissimi scienziati internazionali (e non può che essere così), come mai nella comunità scientifica non ci si parla? La OMS di questa posizione non sapeva nulla in anticipo? Ho letto di posizioni fortemente critiche da parte della comunità scientifica sulle le idee di Johnson e dei suoi consiglieri, ma resto stupito del silenzio in cui questa posizione è cresciuta. Abbiamo fatto un disastro, cari giornalisti per rubare qualche ora alla proclamazione dei decreti legge con la fuga di notizie in Italia e qui, cari giornalisti, non avete avuto la curiosità di conoscere in anticipo la maturazione di una posizione così estrema e controcorrente “mischiatevi, contagiatevi e quelli che restano saranno immuni”. Stiamo mettendo in ginocchio il nostro Paese con decisioni che riteniamo inderogabili (e io con voi, mi lascio guidare e per quel che capisco, sono un pediatra di base, non un virologo o un epidemiologo) e non siete riusciti a carpire un po’ prima come la pensino i vostri colleghi inglesi? Questi Inglesi sono solo superficiali e distratti o la vedono strategicamente in un altro modo? Stanno giocando a golf e a bridge o hanno scelto un’altra strada per affrontare la cosa?
E torno lì: ma la comunità scientifica non si parla? Cari nostri virologi di chiara fama internazionale che siete, e sicuramente con merito, divenuti le facce più popolari e attese di questi nostri giorni, vi siete persi gli scienziati inglesi? Non vi scrivete? Non vengono ai congressi? Non fanno pubblicazioni? Ci spiegate? Nelle vostre innumerevoli ospitate radiotelevisive, mai una volta vi è venuto di dire, alla domanda “Come si risolve questa brutta storia?” mai vi è scappato “Noi la pensiamo così, ma sappiamo che in Inghilterra faranno in un altro modo”, mai? Mai vi è stata fatta questa domanda? E in assenza di questa, mai vi è venuta in mente, fra mille risposte che vi avranno portato allo stremo, del tipo “è meglio stare distanti un metro o un metro e mezzo, è meglio lavarsi le mani 40 o 50 secondi”, non vi è venuto in mente, dico, di fare un break e dicendo “vorrei dirvi che abbiamo ispirato al governo italiano questa linea drammatica, il blocco del Paese, con ripristino delle normalità a data da destinarsi e sicuramente a tappe, secondo noi è l’unico modo, ma ci sono altre teorie scientifiche che portano ad altre strategie che noi non condividiamo e consideriamo assurde, anche se sappiamo che un Paese importantissimo nel mondo, come l’Inghilterra, le seguirà”.
Tutto questo vostro non sapere, o peggio non dire, non me lo spiego.
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