Il terremoto di Ischia, tra abusivismo e inerzia politica

Ricorre in questi giorni il quarto anniversario di Amatrice, in realtà una lunga sequenza di scosse iniziata il 24 agosto 2016 e terminata solo nel 2017 che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) classifica come sequenza sismica di Amatrice-Norcia-Visso. Nell’insieme, questa scia di terremoti ha provocato 303 morti, 388 feriti e 41.000 evacuati. La fase del post-terremoto suscita ancora giuste polemiche.

Meno ricordato è un altro sisma, che si è verificato il 21 agosto 2017 sull’isola di Ischia, nel Golfo di Napoli. Di questo terremoto in questi giorni si sta parlando molto poco. È, in qualche modo, un terremoto dimenticato. Eppure i numeri – che prendiamo in prestito da Pasquale Raicaldo, che li ha pubblicati sulle pagine napoletane di La Repubblica – sono tutt’altro che trascurabili e, soprattutto, esprimono un paradosso che lo stato nelle sue articolazioni (comunali, regionali e nazionali) per pavidità non riesce a sciogliere, preferendo rimuovere il problema.

Un terremoto atteso

Il terremoto di tre anni fa colpì soprattutto il comune di Casamicciola Terme, nella sua parte alta, ma interessò anche i comuni di Lacco Ameno e di Forio. I morti furono due: due sfortunate signore. Forse i lettori di Strisciarossa ricordano i tre bambini (tre fratelli) tirati fuori miracolosamente delle macerie grazie anche all’eroismo del maggiore dei tre, che fu riconosciuto e premiato dal Presidente della Repubblica.

Il terremoto di magnitudo 4,0 Richter fu molto localizzato, come è tipico dei terremoti in aree vulcaniche e come è tipico di quelle parti alte di Casamicciola Terme e di Lacco Ameno. Quello delle 20.58 del 21 agosto 2017 in quella piccola zona è il quinto terremoto verificatosi nell’ultimo quarto di millennio: è stato preceduto, infatti, dai sismi analoghi nel 1796, nel 1828, nel 1881 e nel 1883. Quest’ultimo fu talmente distruttivo – 2313 morti, dei quali 1.784 a Casamicciola e 146 a Lacco Ameno – da dar luogo a un detto: “è stata una Casamicciola”. Tra gli altri, morirono i genitori e una sorella di Benedetto Croce, e lui stesso fu ferito e fu costretto a zoppicare per il resto della sua vita.

Quello del 21 agosto 2017 era un terremoto atteso: gli esperti dell’Osservatorio Vesuviano, il più antico osservatorio vulcanologico al mondo, andavano da tempo sostenendo che quell’area relativamente piccola a cavallo delle parti alte di due piccoli comuni tra Casamicciola Terme e Lacco Ameno era ad altissimo rischio di una reiterata. Insistiamo sul piccolo, per indicare che, con una forte cultura della prevenzione, i danni del terremoto annunciato potevano essere evitati.

Il nodo dell’abusivismo

Terremoto a Ischia nel 1881

Ma veniamo alle conseguenze del sisma del 21 agosto. Oltre alle due signore morte, si registrarono alcune decine di feriti. Ingenti i danni alle cose: molti gli edifici crollati o danneggiati. Tanto che, a tutt’oggi, si contano 2.302 evacuati. Trovare loro un alloggio è costato allo Stato 9.668.904 euro, cui vanno aggiunti 4.624.721 euro per gli hotel: per un totale di 14.293.625 euro.

Gli immobili inagibili sono 1.068, di cui 759 a Casamicciola (175 nella zona rossa), 276 a Lacco Ameno e 33 a Forio. Gli alberghi chiusi e mai riparati sono 12.

Veniamo ora alla fase post-terremoto: la ricostruzione. I permessi finora accordati per la ricostruzione di immobili sono 56 (38 a Casamicciola, 15 a Lacco Ameno, 3 a Forio): il 5% del totale. Lassù tra Casamicciola e Lacco ci sono ancora le macerie.
Perché non si è fatto di più e tutt’oggi assistiamo a un rimbalzo di responsabilità tra il commissario (c’è sempre un commissario all’emergenza, cartina di tornasole del fatto che noi le emergenze nella fase post in Italia non sappiamo gestirle), le autorità comunali, regionali e nazionali?

La risposta sta nel paradosso indicato con candore dal sindaco di Casamicciola Terme: il comune che ha scolpito il suo nome in un proverbio: «Il 90 per cento dei 1400 fabbricati danneggiati dal terremoto a Casamicciola era in attesa dell’esito di domanda di condono» (fonte: La Repubblica). Chiaro no, qual è il paradosso. Il 90% degli immobili danneggiati a Casamicciola e, si presume, a Lacco Ameno e a Forio erano costruzioni abusive, in toto o in parte. E lo stato non può erogare aiuti a chi ha costruito infrangendo le leggi. Risultato: tutto bloccato.

Ci sarebbe da fare un lungo discorso sul fatto che in una zona ad alto rischio sismico la quasi totalità degli immobili è fuori legge. Un indice di mancanza assoluta di cultura della prevenzione sia nei cittadini che la legge l’hanno infranta sia nel fatto che nessuno ha di fatto esercitato un qualche controllo.

Ma torniamo all’oggi: la situazione è in apparenza kafkiana. Come se ne esce? Quelle case non possono essere ricostruite perché erano, in toto o in parte, abusive. La situazione deve restare congelata per sempre?

La risposta è sì, se lo stato nelle sue diverse articolazioni – comuni, regione, parlamento e governo nazionale – continuerà ad alimentare la loro pavidità e a esorcizzare il problema. Il problema dell’abusivismo a Ischia (e non solo) è enorme, dunque non faccio nulla per risolverlo. Così da decenni. Poi arriva il terremoto e mostra a tutti che il re è nudo. Il fatto è, purtroppo, che il re fa finta contro ogni evidenza di essere vestito.

Del problema abusivismo edilizio a Ischia (e altrove) nessuno si fa carico. Nessuno ha un piano per risolverlo.

Un parco geofisico nella zona rossa

Sono, dunque, tre anni che il paradosso candidamente indicato dal sindaco di Casamicciola impedisce ogni azione di ricostruzione post-terremoto. E, infatti, nessuna azione è stata realizzata. Non esiste neanche un piano di ricostruzione.

Esiste solo un no silenzioso ma quasi unanime – dei cittadini coinvolti e delle autorità di ogni ordine e grado – all’unica proposta sensata finora avanzata da Giuseppe Luongo, professore emerito di Geofisica dell’Università Federico II di Napoli, e di molti suoi colleghi. Liberiamo da ogni immobile la zona rossa, diamo una casa ai proprietari in altra zona sicura, e in quell’area dove con altissima probabilità prima o poi si registrerà un altro sisma distruttivo insediamo un parco geofisico per lo studio dei terremoti vulcanici affidato all’Osservatorio Vesuviano (oggi diretto da Francesca Bianco) e, dunque, all’INGV.

Gli effetti di questa proposta sarebbero triplici: impedire che di nuovo persone vadano ad abitare in una zona ad altissimo rischio sismico; creare un alto centro di studi capace di dare lavoro a giovani qualificati e attrarre a Ischia studiosi da tutto il mondo; creare, con il parco, una nuova attrazione turistica.

Una proposta del genere, se non altro per l’autorevolezza della fonte, andrebbe discussa. Ma ancora una volta vince la pavidità delle istituzioni e, più in generale, della politica. Si preferisce rimandare – per anni, per decenni – piuttosto che risolvere. Si preferisce tacere, piuttosto che prendere posizione. Così un assordante silenzio (anche dei media) avvolge Ischia, tre anni dopo il terremoto delle 20.58 del 21 agosto 2017.