Il sindaco e il poeta dei contadini, 100 anni fa nasceva Rocco Scotellaro

Rocco Scotellaro? Chi era costui?  “Nel mondo dei Padri (‘dei padri ridotti in catene’ o dei padri liberi) Rocco è un figlio: un figlio che ama la propria somiglianza con altri figli. A me, ai giovani, a noi tutti, non un amico, un fratello.”.
Così Carlo Levi finisce (maggio1964) la sua prefazione a L‘uva puttanella e Contadini del Sud nella edizione della Universale Laterza. Ma entrambe le opere erano uscite nel 1956 l’una e nel 1954 l’altra. Entrambe dopo la morte di Rocco Scotellaro avvenuta il 15 dicembre del 1953. Appena 30 anni dopo la nascita a Tricarico il 19 aprile 1923. Trent’anni vissuti intensamente e troncati da un maledetto infarto.

Il racconto della madre

Ma se volessimo limitare la “biografia” a queste fredde date chi più di una madre affranta può raccontarle? E lo ha fatto mamma Francesca Armento in un lungo “racconto della madre”: “Il 1923 – il 19 aprile, la mattina del giovedì, ore7- nacque il mio caro Rocco. Appena nato era come se l’avessero avvolto in un velo; glielo tolsero: era grande come un tovagliolo, lo misero ad asciugare, e il padre se lo mise nel portafoglio, ché dicono: chi nasce velato è fortunato… Io, povera madre, sul treno sempre a piangere. Non vedevo l’ora che arrivassi. Credevo trovarlo vivo. Quando scendemmo dal treno, vidi Mazzarone scolorito, il suo viso malinconico; e gli dissi: ‘Portatemi presto dal mio figlio, lo voglio presto vedere’. Lui mi prese col braccio e mi disse: ‘Meglio che lo ricordi com’era’. Al sentire queste parole: ‘Allora è morto! Il mio tesoro! Portatemi presto!’. Da Napoli ci misero nella macchina, ci portarono a Portici. All’università trovammo il dott. Rossi Doria e la moglie che mi aspettavano piangendo. Io dissi: ‘Dov’è mio figlio?’.  ‘Senti, signora, stette due giorni e se ne volle andare dove stava a pensione. Io non volevo; dicevo “devi stare con me” ma non lo potetti far persuaso. Partì, ed è morto ieri sera alle otto e mezza…’.  I dottori, dopo morto, dissero che non poteva vivere: si era otturata la vena principale del cuore”.

La Basilicata di oggi e di ieri

Era figlio di una terra geograficamente difficile, la Basilicata, e, nel trentennio della sua vita, economicamente più difficile di oggi. Oggi vi hanno trovato il petrolio; non manca qualche insediamento industriale; la natura vi è protetta da due parchi nazionali (il versante lucano del Parco del Pollino e il Parco dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese) e due parchi regionali, (il Parco Naturale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane e il Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano); i “sassi” di Matera attirano turisti con forte incremento da quando la città è stata scelta come capitale europea della cultura per il 2020.

Oggi. Ma la Basilicata di Scotellaro era solo una terra agricola difficilmente coltivata e mal remunerativa.

Ben consapevole della drammatica situazione dei contadini meridionali, Rocco iniziò un’intensa attività sindacale e politica iscrivendosi al Comitato di Liberazione Nazionale e al Partito Socialista Italiano. Di quest’ultimo fondò la sezione a Tricarico e, stimolato dalla conoscenza e dalla forte amicizia con Manlio Rossi Doria e soprattutto con Carlo Levi, a 23 anni, nel 1946, divenne sindaco di Tricarico presentandosi alle elezioni in una lista che, non a caso, si chiamava “L’aratro”.

“Una vendetta politica”

La politica era ed è stata a lungo la sua passione per quanto lungo potesse essere un periodo in una vita così breve. Poi, dopo che nel 1950 accusato di concussione, truffa e associazione a delinquere fu incarcerato per 46 giorni, risentì profondamente di questa che la stessa procura di Potenza aveva definito “una vendetta politica”. La giustizia fece il suo giusto corso e Scotellaro venne assolto con formula piena “per non aver commesso il fatto”. Ma era quanto bastava per fargli lasciare l’attività politica pur mantenendo sempre vivo l’impegno sulle condizioni di vita delle popolazioni meridionali. Mentre non venne mai meno il piacere di scrivere libri e poesie, soprattutto.

La stima e la sincera amicizia che sentirono per lui Carlo Levi e Manlio Rossi Doria gli fu di molto aiuto e quando amareggiato dalla politica decise di lasciarne la partecipazione attiva accettò la proposta di Manlio Rossi Doria per un incarico all’Osservatorio Agrario di Portici, per portare avanti un’inchiesta sulla cultura e sulle condizioni di vita delle popolazioni del sud che sarebbe diventato il contenuto di Contadini del sud rimasto incompiuto cosi come il romanzo autobiografico L’uva puttanella.

Ma non solo questi due cari e stimati amici sono stati importanti nella sua vita. Non solo questi due. Come ha ricordato Carlo Vulpio (Cristo si è fermato a Tricarico, “Corriere della sera”, 29 gennaio 2023) “Era amatissimo dai contadini miserabili che occupavano le terre per sopravvivere, allo stesso modo in cui lo amavano i suoi amici ‘di lettere e di impegno politico’, come Carlo Levi – confinato dal regime fascista a Grassano, 20 chilometri da Tricarico -, Manlio Rossi Doria, Rocco Mazzarone, Tommaso Pedio, Gilberto Marselli, Leonardo Sacco, Luigi Compagnone, il suo avvocato Niccolò De Ruggieri, Vittore Fiore, Adriano Olivetti, Luchino Visconti, Umberto Saba e Italo Calvino, suo coetaneo, che venne a conoscerlo a Tricarico e lo definì ‘una testa solida, uno che ha sempre qualche idea da darti, un fine poeta, uno scrittore, uno studioso dei problemi della sua terra’.”

C’è anche un’altra importante presenza che va ricordata. È quella di Amelia Rosselli vissuta in tre anni molto intensi. La descrive doviziosamente Carmen Moscariello (Destini sincronici- Amelia Rosselli e Rocco Scotellaro Con lettere di Rocco Scotellaro e Michele Prisco Guida 2015) Si erano conosciuti a Venezia nel ’50 in un convegno, e fu subito amicizia affettivamente intensa, forse amore.

Il centenario

Chi era, dunque, Rocco Scotellaro?
A San Giorgio a Cremano, pochi chilometri da Napoli Est gli è stata intitolata una scuola e nel quartiere Pianura a Napoli gli è stata dedicata una via. Nel film di Luchino Visconti, Rocco e i suoi fratelli, “Rocco”, almeno nel nome, era proprio lui. Forse non pochi leggendo il suo nome sulla targa della scuola e di una parete stradale si chiederanno “chi sa chi era”.
Benvenuta, perciò, la data del suo centenario perché è anche un modo per rinfrescare la memoria. E per farlo, tra l’altro, proponendo la lettura di questi suoi versi che Carlo Levi definì una “Marsigliese del movimento contadino”.

Non gridatemi più dentro,
non soffiatemi in cuore
i vostri fiati caldi, contadini.
Beviamoci insieme una tazza colma di vino!
che all’ilare tempo della sera
s’acquieti il nostro vento disperato.
Spuntano ai pali ancora
le teste dei briganti, e la caverna –
l’oasi verde della triste speranza –
lindo conserva un guanciale di pietra…
Ma nei sentieri non si torna indietro.
Altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
l’alba è nuova, è nuova.