Pochi spiccioli per i lavoratori
di Mercatone Uno.
Ma il governo litiga e pensa ad altro
Un silenzio assordante. Inaccettabile. La fotografia è quella di Mercatone Uno. La didascalia è scritta dal sindacato che, con immagine tanto abusata quanto efficace, racconta la parte in tragedia del governo. Il silenzio al ministero dello Sviluppo economico è lo stesso, surreale, silenzio che rimbalza tra le pareti dei grandi negozi della catena, contrassegnati dall’insegna colorata – lettere rosso-blu su disco giallo –, nei quali un tempo era tutto un vociare di commessi e clienti. Oggi non c’è più traccia di quella febbrile attività.
Pochi spiccioli
Se andate a sbirciare il sito internet di Mercatone Uno, tanto per riguardarne i cataloghi, le offerte, vi troverete di fronte allo stesso silenzio.
Sullo schermo giallo poche frasi laconiche – Ci scusiamo per l’inconveniente. Il nostro sito è attualmente offline. Grazie per la comprensione. – un capolinea virtuale in mondo-connessione, video istantanea della paralisi che ha colpito tutte quelle migliaia di metri quadri di capannoni vuoti e inerti.
Con quell’ultimo graffio beffardo, “grazie della comprensione”, che sembra dileggiare, considerando la brusca chiusura, i clienti rimasti insoddisfatti (per non dire truffati) e i lavoratori a casa con un assegno di cassa integrazione da fame. Ed è questa adesso la vera emergenza. Già, perché tra il recente passato, quella corsa a ostacoli allo scopo di ottenere, il prima possibile, gli ammortizzatori sociali per sbarcare il lunario, e il futuro che rischia di non esserci neanche, c’è un presente misero e di preoccupazione.
Il ricatto del posto di lavoro
L’assegno oscilla tra i 400 e i 450 euro lordi al mese. Impossibile farci entrare tutto. Un importo ad alzo zero – e infatti rischia di lasciare sul terreno centinaia di famiglie – che nasce da un paradosso.
“L’amministratore delegato di Shernon Holding – ci spiega Matteo Moretti, segretario della Filcams Cgil di Monza e Brianza – ha rilevato l’azienda in amministrazione straordinaria, nel corso dell’estate 2018, sotto la regia del ministero dello Sviluppo economico. Dopo averla acquisita ha chiesto ai dipendenti di accorciare il proprio orario di lavoro e di accettare che il loro contratto diventasse un part-time, rinunciando, in pratica, a centinaia di euro di retribuzione e a diritti conquistati negli anni, anche con la lotta sindacale. Richieste obbligate, avvenute sotto il ricatto occupazionale, imposte a lavoratrici costrette ad accettare pur di tenersi il posto. A fidarsi di questo imprenditore e del governo, delle garanzie sui livelli occupazionali e sugli investimenti, delle promesse di nuove assunzioni nel 2021”.
Il silenzio del governo
La realtà è stata ben diversa. In soli nove mesi, esattamente il 24 maggio scorso, il tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento del gruppo, riportando i lavoratori all’amministrazione straordinaria. Per questo, ci spiega Matteo Moretti, “noi rivendichiamo che queste rinunce vengano annullate, così come il tribunale ha annullato il patto di cessione, proprio per gli impegni disattesi e il mancato pagamento delle rate di acquisto”.
In questo modo sarebbe legittimo chiedere che il calcolo dell’assegno della cassa integrazione si faccia sugli stipendi precedenti al passaggio di Mercatone Uno a Shernon Holding. Il governo, che ha sbandierato in questi mesi l’abolizione della povertà, impone un reddito da fame a lavoratrici in difficoltà, è, in sintesi, la denuncia del sindacato.
La mobilitazione
Così, di fronte al rifiuto di incontro chiesto dalle organizzazioni di rappresentanza per trovare una soluzione, di fronte al silenzio che circonda questa vertenza, è ripartita la mobilitazione. E proprio ieri, a Cesano Maderno, sede del negozio del territorio di Monza e Brianza, sono state sottoscritte le prime 40 lettere di messa in mora all’amministrazione straordinaria e all’Inps per rivendicare il ripristino delle condizioni di reddito precedenti la cessione a Shernon.
“Il silenzio ci preoccupa, non lo accettiamo e quindi ci mobilitiamo”, è la semplice ed efficace equazione sindacale espressa da Matteo Moretti, che questa settimana ha organizzato, davanti allo store sprangato del territorio, un nuovo sit-in con assemblea.
L’equazione che cerca di far tornare i conti. Che adesso sono drammatici per gli oltre 1800 lavoratori coinvolti, di cui 260 in Lombardia, 100 in Emilia-Romagna e in Puglia e, via via, decine e decine al Nord, al Centro e al Sud. “Il personale – sottolinea Moretti – è costituito, per la maggior parte, di donne, con un’età media compresa tra i 48 e i 50 anni, una fascia di popolazione molto difficile da ricollocare”. Un dramma sociale di fronte al quale non si può rimanere in silenzio.
Giorgio Sbordoni, RadioArticolo1 ascolta l’audio
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