La via sbagliata
del Mes rischia
di sbriciolare la Ue
Ci sono passaggi che cambiano tutto lo scenario, che impongono un salto e che lo determineranno in ogni caso. In che direzione sarà questo salto dipende anche da come lo si attraversa questo passaggio.
L’Europa è a un passo da un processo drammatico di disgregazione. O è a un passo da un rilancio straordinario in linea con i bisogni vitali dei suoi cittadini e di una sua possibile funzione nuova nel Mondo.
L’Europa stessa, il processo unitario intendo e di suo farsi sulle macerie della Seconda Guerra, è stata la risposta più alta a contrapposizioni e competizioni tra economie e sistemi economici nazionali entrati in collisione drammatica. La questione sembra riproporsi oggi. I termini sono radicali.
Pandemia sanitaria, pandemia sociale
E cosa ci potrebbe essere di più radicale di una pandemia che sta sconvolgendo il Mondo e che ritrova in Europa uno dei centri di sua maggiore espansione? E allora, c’è la pandemia sanitaria da combattere.
Ma c’è una pandemia sociale che si sta accompagnando ad essa che fa tremare le vene ai polsi non meno della prima.
Davvero siamo sul terreno biopolitico per eccellenza: vita biologica da garantire. E vita sociale da difendere perché senza di essa anche la lotta per la vita diventa difficile. Di più, impossibile. E allora c’è una questione che è già di queste ore e sulla quale si è registrata la ‘rottura mascherata da rinvio’ all’ultimo vertice europeo: altri 14 giorni per trovare una soluzione condivisa. Guai a non trovarla.
Il vecchio arsenale dei “rigoristi”
Il tema è come far fronte all’esigenza di risorse immani per l’emergenza sanitaria e per quella sociale che si accompagna ad essa. Da dove reperirle e da porre in capo a chi?

La tesi dei ‘rigoristi’ ( Germania, paesi nordici….), è che si possa consentire ai singoli Stati di incrementare il debito, di recuperare così le risorse per superare l’emergenza lasciando intendere che poi, superata la stessa, occorrerà tornare a vedere come quegli stessi Stati dovranno far fronte al debito accumulato. E a quel punto, saranno cavoli loro.
Si vogliono usare le risorse del Meccanismo Europeo Salvastati? Bene. Ma occorre accettare le condizionalità, come si chiamano con bruttissimo termine le regole di ‘amministrazione controllata’ con cui si vogliono accompagnare le erogazioni: Grecia (non)docet.
Da Italia, Francia, Spagna, Grecia, Irlanda, Belgio è emersa invece un’altra ipotesi, di accompagnare l’incremento necessario del debito dei singoli Stati con meccanismi di sostegno finanziario comuni a livello europeo tali da essere assunti a livello comunitario, condividendone usi e responsabilità. La richiesta, insomma, di una strategia comune e di una comune politica economia: l’accenno di quel salto necessario di fronte alla radicale novità della situazione.
Alternative alla deflagrazione
Se il primo scenario è uno scenario di deflagrazione dell’Europa, perché sarebbe inaccettabile per noi e per troppi paesi e perché segnerebbe il venire meno di qualsiasi elemento di tenuta comune, il secondo è sicuramente il minimo necessario per andare avanti in questa crisi.
E comunque, di cosa si dovrebbe discutere?
A dirla in modo secco, ci vuole un qualcosa di ancora più forte del Quantitative Easing dal punto di vista delle risorse mobilitate e ci vuole un suo costruirsi tale da non rappresentare nuovo debito. Se la risposta alla crisi è costruita sulla base di un impennata dell’indebitamento generale delle economie e delle società, noi staremmo ponendo le condizioni dello strangolamento di queste economie e società.
Bisogna passare dal finanziamento, attraverso risorse ingenti messe a disposizione del circuito finanziario per evitare impennate speculative , il QE appunto, al finanziamento diretto di politiche attive dello sviluppo nuovo e della tenuta sociale.
Governare l’emergenza
Davvero c’è un reddito da garantire a tutti i cittadini europei : non vuoi farlo? E come rispondi alla crisi generata dal blocco di produzioni e servizi per i lunghi mesi che ci sono di fronte? Davvero nessuno può essere lasciato solo.
Davvero c’è da garantire un sostegno alle imprese che a centinaia di migliaia andranno in crisi, stanno andando in crisi: un sostegno ad esse e al mantenimento dei livelli occupazionali.
Davvero c’è da investire risorse ingenti nell’armatura sociale e civile dei paesi europei: sanità ( se non ripartiamo da qui, da dove allora?), scuola e ricerca, una trama di reti sociali da sostenere nel loro sviluppo e nella loro funzione.
Davvero c’è da mettere in campo un grande Progetto di conversione ecologica delle produzioni, dell’agricoltura, di lotta ai cambiamenti climatici.
E tutto questo, messo in campo, consentirà di contrastare la disperazione sociale che, nessuno si illuda, cova sotto uno strato sottilissimo di cenere che il vento della pandemia corre il rischio di spazzare via.
E consentirà di immettere nel circuito economico-sociale quelle risorse che ne alimenteranno la ripresa e la crescita tanto più solida proprio perché non fondata sul denaro che si autocrea ma su processi reali che coinvolgono la società e il benessere dei suoi cittadini.
Le risorse
Da dove prendere questo di più necessario? Intanto ci sarebbero proprio quei primi 400 miliardi del MES da poter utilizzare a questo nuovo fine e per strumenti nuovi.
Poi c’è da ‘battere nuova moneta’ ( del resto la BCE con il QE, nei fatti, non ha cominciato a farlo? ), fino a quel giusto livello di inflazione che era negli obiettivi europei ma che non è stato mai raggiunto neanche avvicinato del 2% previsto: e allora si potrebbero iniettare nel circuito produttivo e sociale risorse tali da raggiungerlo, da portarlo fino al 3% anche. Stiamo parlando di circa 500 miliardi di euro che uniti ai più di 400 del MES farebbero, appunto, i primi 1000 miliardi di euro circa con i quali costruire le condizioni della rinascita europea su basi solide e inclusive.
E quante risorse private poi possono moltiplicare 1000 miliardi di risorse pubbliche messe in campo? Difficile calcolare davvero per dimensione: sarebbe una spinta formidabile.
E poi c’è da recuperare quel di più, ed è enorme, che scandalosamente è stato lasciato alla speculazione finanziaria globale e ad un conglomerato di pochi attori economici che si muovono su scala planetaria, quelli della Rete e ai suoi servizi in primo luogo, proprio dalla linea dei cosiddetti ‘rigoristi’ europei che sono stati durissimi con i deboli e debolissimi con i forti di queste grandi aggregazioni economiche globali che hanno dettato legge e continuato a far crescere i loro profitti mentre le società vedevano indebolite le loro strutture di tenuta e di inclusione sociale.
Le parole di Mattarella e quelle del Papa
Sull’urgenza di un tempo nuovo sono venute ieri parole importanti da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E poi, quel Cristo, quella Madonna con quel Papa e le sue parole in quella Piazza vuota: un ulteriore segno del tempo drammatico che stiamo vivendo. Ma anche della possibilità di trovare la forza per costruire un orizzonte nuovo.
Il Presidente, il Papa.
Ecco, se ci fosse un soggetto capace di rappresentare i cittadini a livello europeo sarebbe fondamentale che potesse far sentire la propria voce ora: e perché non uno sciopero generale di tutti i Sindacati europei con tutte le lavoratrici e i lavoratori del continente, per sollecitare la svolta necessaria? Uno sciopero generale di tipo nuovo magari, visto che tantissimi già a lavoro non ci stanno andando, svolto attraverso il compimento di gesti immediatamente riconoscibili da ciascuno di noi , in un dato momento, magari attraverso la rete, che testimonino l’adesione. Una mobilitazione di tutto il mondo della cultura anche. Per la vita. Per il lavoro. Per la dignità per tutti.
Una mobilitazione che dica a tutti: nessuno di noi è solo. E che dica ai Governanti di tutti i Paesi europei : attenzione, nulla senza di noi.
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