Il popolo della Cgil
ha bisogno
di Landini e di Colla
Sono in corso o si sono svolti due congressi della Cgil, nelle categorie, nelle Camere del lavoro, nelle strutture regionali. Uno è pubblico, in grandi teatri, dove centinaia di dirigenti e delegati di base prendono la parola. Raccontano dell’Italia di oggi. Portano testimonianze di lotte, di accordi, di ingiustizie vecchie e nuove. Discutono su come dar seguito alle piattaforme di politica economica costruite da Cgil, Cisl e UIL per far fronte ad un governo che rischia di mandare l’Italia allo sbando, eppure continua a trovare consensi anche nel mondo del lavoro dipendente. Cercano di ragionare su come far vivere i progetti che sono stati elaborati unitariamente, senza aspri scontri tra dirigenti, senza neppure cancellare le differenze su singoli problemi. Progetti poi arricchiti da una discussione allargata alla base, alla partecipazione degli iscritti. Progetti che hanno dei nomi: Piano del lavoro, Carta dei diritti universali. Due elaborazioni poi confluite nel documento congressuale largamente unitario: “Il lavoro è”.
Ogni tanto in questi Congressi appare (solitamente alla fine delle relazioni introduttive) un accenno alla formazione dei gruppi dirigenti nazionali, al segretario generale che prenderà il posto di Susanna Camusso. Sovente, se si fa il nome di Maurizio Landini, scatta un applauso, nutrito anche se non proveniente dalla totalità delle platee. E’ il riconoscimento di una popolarità ammessa anche da chi (come il segretario della Filctem Emilio Miceli) ha sostenuto serie perplessità sulla proposta formulata dalla stessa Camusso e dalla maggioranza della segreteria confederale.
C’è poi un altro congresso, sotterraneo. E’ quello che si svolge nei meandri della rete, tra blog, Twitter, Facebook . Qui si annunciano percentuali, non si sa come calcolate, a favore o a disfavore di Landini. Oppure addirittura di un candidato di cui si molto si parla, Vincenzo Colla, ma che ancora non si è candidato. Leggiamo però che il colpo di scena avrebbe luogo il 20 gennaio in occasione di un comitato direttivo della Cgil: qui verrebbe ufficializzata la gara a due.
Non è finita. Veniamo a sapere di una sede sindacale territoriale aperta a Bagnoli, con il generoso sostegno dello Spi Cgil, ma senza coinvolgere, leggiamo ancora, dirigenti landiniani. Accusa respinta con sdegno da Ivan Pedretti, segretario generale dei pensionati. E che ha scritto di “ricostruzioni false, senza conoscere cosa è successo davvero e senza sapere chi c’era e chi non c’era”…”senza firmarsi, in incognito e sotto pseudonimo perché è facile e comodo”.
Un episodio sgradevole. Quel che alla fine, però, non appare chiaro a un osservatore che vorrebbe essere imparziale, è quali siano le concrete differenze di fondo tra Landini e Colla. Un autorevole e stimato giornalista, già commentatore del “Corriere della sera”, Marco Cianca, ha scritto sul “Diario del lavoro” a proposito del “riformista” Colla e del “movimentista” Landini. Definizioni che potrebbero far supporre che, ad esempio, Landini, a differenza di Colla, sia fautore di un’ipotesi di movimento contro l’attuale governo, coerente con la proposta di una manifestazione nazionale avanzata proprio dal Congresso della Fiom (in accordo con Fim e Uilm). Mentre succede proprio il contrario: cioè che Landini viene accusato, a differenza di Colla, di tenerezze verso i “gialloverdi”. Fatto sta che, secondo Cianca “I landiniani accusano Colla di rappresentare il vecchio apparato e di essere un tradizionalista, i colliani ribattono che Landini occhieggia troppo a Cinquestelle e Lega, dipingendolo come un avventurista”.
A dire il vero nei congressi che ho parzialmente seguito, attraverso la benemerita opera di “Radio articolo uno” e di “Rassegna sindacale”, accuse nei confronti di Colla non ne ho proprio sentite, non essendo Colla ufficialmente in discussione. Mentre ho ascoltato perplessità anti-Landini con riferimento all’Ilva e al cosiddetto Decreto Dignità. Questo può portare a uno scontro a due? Un tale esito sarebbe stato più che giustificato, come hanno osservato in tanti, se le contrapposizioni fossero confluite in due documenti separati e posti ai voti degli iscritti.
La stessa Camusso ha esplicitato a più riprese che la Cgil non è mai stata unanime. Il confronto interno è stato sempre caratterizzato da pluralismo e opinioni diverse, all’interno di un’ipotesi complessiva di collegialità di lavoro. Chi scrive ricorda bene come nel passato dirigenti come Trentin e Garavini non avevano sempre le stesse opinioni di Luciano Lama o di Rinaldo Scheda. E Lama non aveva sempre le stesse idee di Agostino Novella. Ma il rispetto e l’ascolto reciproco non mancavano. E le idee degli uni finivano con l’arricchire le idee degli altri. Era quella che ora si chiama non “unanimismo”, ma possibile sintesi politica.
E’ possibile? Non è chiaro. Sarebbe però necessario. Penso che se il Congresso della Cgil a Bari, a fine gennaio, finisse con una sconfitta, magari per pochi voti, della proposta di Susanna Camusso, ovverosia di Landini, il fatto trascinerebbe con se un’eco traumatica per tanta gente (non solo gli iscritti) che guarda oggi, con speranza, a una rinnovata e combattiva Cgil unitaria. La stessa cosa succederebbe nel caso di una sconfitta sempre per pochi voti, di Vincenzo Colla. Sarebbe giudicata da molti come la sconfitta di un sindacato serio, affidabile e responsabile. Il popolo del sindacato e (lasciatemelo dire) il popolo della sinistra, hanno bisogno di Landini e di Colla.
Per tutte queste ragioni bisognerebbe smetterla con il congresso sotterraneo. E le varie strutture dovrebbero testimoniare al proprio interno il pluralismo di opinioni che spesso rappresentano una ricchezza. Lo penso per il potente sindacato dei pensionati. E per quella Fiom che non è stata solo l’organizzazione cara a un importante dirigente come Claudio Sabattini e che non può dimenticare, come a volte può apparire, di avere avuto tra i suoi padri persone come Bruno Trentin, Piero Boni, Fausto Vigevani, Pio Galli, Sergio Garavini, Angelo Airoldi. Un insieme pluralista di personalità che hanno scritto la storia di un pezzo decisivo del mondo del lavoro.
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