Il congresso e l’ombelico
Anomalie e paradosssi
nel confronto a sinistra
C’è un paradosso e ci sono diverse anomalie nella discussione che si è aperta a sinistra per un’alternativa al governo Salvini-Di Maio. Il paradosso riguarda i tempi. Quando a febbraio si concluderà, con le primarie, il congresso del Pd, sarà passato quasi un anno dalla sconfitta del 4 marzo – la più rovinosa nella storia del centrosinistra – e oltre due anni dalla sconfitta referendaria, vale a dire dall’evento che, a giudizio unanime, segna l’inizio del declino democratico. In compenso dalla manifestazione della Leopolda la componente dell’ex segretario ha dato vita a tempo record ai cosidetti comitati civici per organizzare la “resistenza” contro il governo xenofobo-populista. La responsabilità è stata affidata all’ex sottosegretario Ivan Scalfarotto: non esattamente una figura “civica” esterna al partito e tanto meno alla componente della (ex) maggioranza.

Ora lasciamo per il momento da parte la stranezza di questa e di altre operazioni. Restiamo al merito dell’iniziativa, così come l’ha riassunta lo stesso Scalfarotto: bisogna agire subito, guardando al di fuori del Pd, rivolgendosi a chi non l’ha votato e che neppure lo voterà, bisogna “smettere di guardarsi l’ombelico”. Eppure è proprio questo che andrebbe fatto. Tanto più se l’ombelico evocato da Scalfarotto è con ogni evidenza la discussione sulla sconfitta, anzi la sfilza di sconfitte rimediate dal Pd, e il confronto sulla ragione sociale e culturale del principale partito della sinistra. Insomma quella cosa antica, e certo anche noiosa, che si chiamava analisi politica.
Naturalmente non è che in questi mesi siano mancati i contributi e le proposte, anche dal mondo renziano. Ma non c’è ancora stato il momento collettivo del congresso. Che non è – come ormai sembrano pensare in molti anche a sinistra – un semplice rito, un “guardarsi l’ombelico”, ma un passaggio fondamentale per affrontare il futuro. Per mettere a confronto le visioni e le proposte. Qual è infatti oggi la priorità della sinistra? Il tema delle diseguaglianze è una priorità o va lasciato alle ricette confuse e controproducenti dei grillini? Questione non peregrina visto che ancora oggi c’è chi, come Matteo Renzi, continua a dare la priorità al taglio generalizzato delle tasse come volano per lo sviluppo e la crescita. Ecco un tema che il congresso dovrebbe analizzare e discutere. Anche per definire finalmente la collocazione e il blocco sociale al quale intende rivolgersi il partito della sinistra riformista.
E veniamo alle anomalie. E’ perlomeno singolare che a lanciare una iniziativa – discutibile ma importante – come quella dei comitati civici, sia un ex segretario e non l’attuale segretario del Pd. Lo stesso accade con la contromanovra economica da contrapporre alla disastrosa (e ingiusta) manovra del governo Salvini-Di Maio: alcune proposte sono state lanciate dal palco della Leopolda, incuranti del fatto che una analoga iniziativa era stata presa dal segretario Martina nella sede ufficiale del partito. Con in più il particolare alquanto singolare che l’una e l’altra proposta siano state elaborate dalla stessa persona, l’ex ministro Pier Carlo Padoan.
Si ha quasi l’impressione che nel mondo renziano si prepari una via di fuga dal Pd, ritenuto ormai assai poco “cool”. Una ricostruzione ingiusta, probabilmente, ma c’è un solo modo per smentirla: confrontarsi al congresso, presentare un segretario e una linea politica da sottoporre al voto dei militanti. Sempre che anche questo esercizio di democrazia non venga confuso con un ombelico.
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