Il Pci e i giovani: quando la politica
era affare delle nuove generazioni
Quanto conta il ruolo dei ragazzi in una formazione politica di sinistra? È una domanda che ci si può porre sul piano storiografico, scavando nel passato, come hanno fatto i professori Patrizia Dogliani e Luca Gorgolini nel libro “Un partito di giovani. La gioventù internazionalista e la nascita del Partito comunista d’Italia (1915-1926)” (Le Monnier, Firenze 2021). Così come è bene porsela guardando al presente. Per quel che riguarda l’attualità, il 14 marzo scorso il nuovo segretario del PD, Enrico Letta, durante l’Assemblea nazionale che l’ha eletto, ha detto: “Il nostro partito deve essere dei giovani, deve far parlare i giovani”. Dopodiché ha auspicato il diritto di voto per chi ha compiuto 16 anni. Un’affermazione importante, per guardare al futuro; allo stesso tempo prevedibile come enunciazione di principio, perché la sfida consiste nel tramutarla in realtà. Per ora la stessa (poco nota) organizzazione che raccoglie gli under 30 del PD, i Giovani democratici, è in grave crisi, dopo una bega sulla leadership che ne limita l’attività da agosto del 2020. Mentre il partito fino a oggi non ha saputo aprirsi granché alle nuove generazioni.
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C’è tuttavia una parte della storia del movimento comunista nel nostro Paese che è poco nota ed è stata sottaciuta dallo stesso PCI: il ruolo svolto dalle giovani e giovanissime generazioni nella nascita, un secolo fa, del Partito Comunista d’Italia, tenuto a battesimo nel 1921 a Livorno. Un ruolo fondamentale che, di certo, ha contribuito anche alla solidità successiva dell’organizzazione dei giovani comunisti, almeno finché il partito è sopravvissuto. In questo senso, è importante leggere il libro scritto da Dogliani e Gorgolini (la prima professoressa ordinaria di Storia contemporanea all’Università di Bologna, il secondo professore associato della stessa materia nell’ateneo della Repubblica di San Marino). Scritto per un pubblico accademico, ma di agevole lettura anche per chi non ne fa parte, permette di capire anche quanto sia fondamentale per un partito di sinistra contare sulla forza vitale dei ragazzi.
Il volume racconta la storia dei giovani rivoluzionari italiani, che, dopo aver affrontato le lacerazioni provocate dalla Prima guerra mondiale e l’aspro dibattito nella Federazione giovanile socialista italiana (FGSI), sono stati protagonisti della costruzione dell’Internazionale giovanile comunista, nel 1919, e del Partito comunista d’Italia, nel 1921. Buona parte dei militanti e dei leader della FGSI prima si schierò contro la guerra, poi aderì con entusiasmo a un nuovo internazionalismo; quindi, nei primi anni dopo il conflitto mondiale, tanti aderirono al movimento comunista e ben presto cercarono di contrastare l’ascesa del fascismo. Il libro, dunque, analizza col metodo dello storico (quindi senza giudicare politicamente l’opportunità o meno della scissione di Livorno) l’evoluzione di questa forza giovanile, concentrandosi sulle biografie dei maggiori protagonisti. Si scopre così una ragnatela di rapporti politici e di passioni ideali che lega i militanti italiani agli altri compagni nell’Europa di allora, dalla Russia (e dall’URSS), alla Germania, dai paesi scandinavi fino alla Spagna. Questo complesso e vivacissimo sistema di relazioni segnò la nascita del Partito comunista d’Italia, garantendogli per il futuro una combattività e una capacità di resistenza che altri partiti antifascisti italiani non hanno avuto almeno fino agli anni Trenta.
Il contributo fornito dai due autori è importante, perché – a parte due testi in inglese – la maggior parte del lavoro di ricerca svolto in questo campo è stato svolto soprattutto dalla storiografia sovietica e tedesca-orientale negli anni Settanta. Dogliani e Gorgolini sono andati dunque a scovare documenti poco noti o inediti dell’epoca, comparando l’esperienza italiana con quella internazionale e individuandone le caratteristiche peculiari. Quelle che permisero a una nuova generazione di militanti non ancora (o appena) ventenni di contribuire alla nascita del PCI e di altri partiti europei analoghi, con una legame indissolubile tra le organizzazioni giovanili e i partiti dei “grandi””. Quei giovani – come si legge nella testimonianza di un futuro leader del PCI, Pietro Secchia – si consideravano un’avanguardia, con compiti di lotta pre-insurrezionale e di difesa armata negli anni del primo dopoguerra. Seguendo la trama del libro, compaiono tanti altri nomi destinati a segnare il futuro del partito e della storia italiana: da Antonio Gramsci a Palmiro Togliatti, da Teresa Noce a Luigi Longo e ad Amadeo Bordiga; fino a Benito Mussolini, esponente socialista di rilievo fino al 1914.
Tuttavia l’importanza dei giovani nelle genesi del PCI non è mai stata al centro dell’attenzione del partito, neppure del secondo Dopoguerra. Come scrivono gli autori, “la Federazione giovanile comunista italiana ha trascurato di studiare o solo di menzionare le sue prime origini, facendole risalire alla sua rinascita nella guerra di Liberazione dal nazifascismo o alla storia del Fronte della gioventù”. Anche Togliatti, nel ricostruire la formazione del gruppo dirigente, non accennava a quel passato. Ancora negli anni Settanta, se ne dimenticò pure Giorgio Amendola. Solo Paolo Spriano, all’inizio della sua storia del PCI (pubblicata tra 1967 e 1975), ha reso parzialmente giustizia al ruolo svolti dai giovani socialisti nella nascita del partito.
Nel volume, si ricorda che nel 1951 “un tentativo di recuperare alcuni spezzoni di quella storia fu fatto da Enrico Berlinguer – primo segretario della FGCI rinata nell’aprile 1949 – in occasione delle celebrazioni per i suoi trent’anni di storia”. Poi ci riprovarono i giovani comunisti berlingueriani: alla fine degli anni Settanta un gruppo di dirigenti della FGCI, raccolti attorno al settimanale La Città futura, lanciò il progetto di un storia generale del movimento giovanile comunista fin dalle origini più lontane; tuttavia non fu mai realizzato. Il vuoto intorno alla radici viene colmato ora dal libro di Dogliani e Gorgolini. Una riflessione indotta dalla lettura non può che essere questa, al di là delle valutazioni politiche odierne sugli ideali di quei ragazzi di un secolo fa: ancora oggi in Italia sarebbero necessari giovani capaci di fornire alla stanca sinistra democratica “adulta” almeno una frazione di quell’ormai antica energia.
Patrizia Dogliani, Luca Gorgolini, Un partito di giovani. La gioventù internazionalista e la nascita del Partito comunista d’Italia (1915-1926), Quaderni di storia, Le Monnier, Firenze 2021
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