Il paradosso illogico
di Bonafede
sulla prescrizione

In termini di logica formale, si chiama paralogismo. Si tratta di una forma distorta, e perciò fallace, di sillogismo, vale a dire di ragionamento logicamente rigoroso. Il paralogismo soggiacente alla riforma Bonafede è il seguente: siccome non riesco a completare l’iter processuale in tempi ragionevoli, cancello la prescrizione. Dove dovrebbe essere evidente il salto logico. Anziché agire in modo da ridurre entro limiti ragionevoli i tempi del processo, ne dilato la potenziale durata in modo da arrivare comunque a sentenza. Con una postilla. Piuttosto che consentire che qualche colpevole la faccia franca, preferisco che qualche innocente non arrivi mai a veder riconosciuta la propria innocenza e resti indefinitamente esposto alla possibilità di essere giudicato.

Un furore giustizialista che sembrava essere stato ormai superato e che riaffiora qui in barba ad ogni affermazione di civiltà giuridica, ad ogni perorazione in favore di un “diritto mite”. Anche al di là dei dettagli tecnico-giuridici (che sfuggono alla mia competenza), dal punto di vista culturale abrogare la prescrizione, senza aver contestualmente riformato il processo, incentiva la mentalità italiota di inventare espedienti e scorciatoie pur di evitare di affrontare il nocciolo duro dei problemi.

Alfonso Bonafede

Scompare il giusto processo

Con la riforma Bonafede viene di fatto archiviato il tema di fondo del giusto processo. Con una conseguenza paradossale: con questa riforma cade in prescrizione la tanto attesa e necessaria riforma organica del processo penale. Le conseguenze dell’abrogazione sul piano in senso lato “pedagogico” sono dirompenti. Lo Stato dichiara pubblicamente ed apertamente la propria incapacità di svolgere adeguatamente una delle sue principali funzioni, quale è quella connessa con l’attività giurisdizionale. Il cittadino viene così a sapere che l’eventuale aperura di un procedimento penale a suo carico – senza sostanziali differenze nel caso che sia colpevole o innocente – implicherà una condizione di perseguibilità di durata virtualmente illimitata. Con alcuni corollari abitualmente trascurati, ma non per questo meno importanti. Il più importante dei quali è quello che riguarda un pilastro del sistema giudiziario del nostro paese, quale è l’obbligatorietà dell’azione penale.

E’ evidente infatti che l’aumento smisurato dei procedimenti pendenti, conseguente all’abrogazione della prescrizione, nella perdurante assenza di una riforma che agisca anche sull’ampiezza della pianta organica, introdurrà di fatto la discrezionalità del magistrato nella scelta delle pratiche da portare avanti. Di qui un ulteriore paradosso, indizio di una patologia non limitata al piano logico. A differenza di ciò che viene dichiarato, con la riforma Bonafede l’istituto della prescrizione viene abrogato solo in via teorica e di principio, mentre di fatto un numero rilevante di procedimenti penali saranno destinati ad una tacita prescrizione, per l’impossibilità di completare il processo per tutti i casi pendenti. Dove dovrebbe essere evidente che in questa ipotesi all’obbiettività delle cause di prescrizione ora esistenti si sostituirebbe l’arbitrio del magistrato che implicitamente scelga quale procedimento condurre avanti e quale invece prescrivere. Alla prescrizione finora vigente, ancorata all’imparzialità di tempi certi, si sostituirà una prescrizione conseguente dalle scelte soggettive del singolo magistrato.