Il No non è contro il Pd
ma preserva una sinistra anti-populista
Un’alleanza di governo non è un’unione di sentimenti e neppure una sintesi di valori. Non ha le caratteristiche di un’unione — un’alleanza politica si fonda sulla fiducia non su una promessa di fedeltà che mette il bene dell’unione sopra tutto. Non ha nemmeno le caratteristiche di un’organica cooperazione tra forze politiche identitarie con l’adesione etica ad un comune sostrato di valori condivisi, come era il “compromesso storico” per il PCI di Enrico Berlinguer. Un’alleanza di governo si fonda su uno scopo molto pratico e ragionevole: vuole essere alternativa ad un’altra possibile alleanza. E’, come il caso del governo Conte II, scientemente pensata per evitare elezioni anticipate. Quest’ultima ragione fu cruciale per il varo del governo 5stelle-PD la scorsa estate.
L’alleanza è nata con molti malumori da entrambe le parti, per ragioni il cui esame esula questo breve articolo. Tra le condizioni dell’alleanza imposte dai 5stelle c’era la riforma costituzionale, volgarmente detta del “taglio delle poltrone”. La contro-condizione posta dal PD che in parlamento aveva sempre votato contro la rifiorma (quando c’era il governo Lega-5stelle) era che fosse accompagnata dalla revisione elettorale in senso proporzionale. Noi oggi ci troviamo con un referendum costituzionale senza alcuna riforma elettorale e, quel che si comprende ogni giorno che passa, senza neppure una prospettiva realistica che si arrivi ad essa in termpi brevi.
Uno degli argomenti principe del NO nasce di qui: non si può votare una riforma della Carta (legge fondamentale) subordinandone il voto a una promessa — l’economia dei “pagherò”, delle cambiali, è quella di società in gravissime condizioni e radicali emergenze. Noi non rasentiamo il collasso politico – questa riforma poteva non essere fatta e ciò non avrebbe provocato danno alcuno. La volgarissima storia dei risparmi è totalmente retorica. Altrettanto lo è l’idea per cui il minor numero sia garanzia di maggiore qualità – sarebbe come buttare a mare la chimica per ritornare all’alchimia o alla magia.
Incoronazione del populismo
Dunque, perchè il PD si immola ad un’allenza di governo in maniera così profonda? Che bisogno ha di siglare un’unione invece di governare un’alleanza? Sarebbe stato necessario non mettere l’acceleratore sul referendum e tenere in primo piano le elezioni regionali, lasciando che i cittadini battagliassero. Il linguaggio del “taglio della casta” ha senso per i 5stelle, non ne ha per il PD, per il quale assumere questo “valore” è un rovesciare la propria grammatica politica (che benchè un po’ opaca e smilza, ha tuttavia un’ossatura antipopulista). Le alleanze non si fanno a tutti i costi – e i limiti sono indicati proprio da ciò che caratterizza chi le sigla. Gli elettori del PD, benchè molti di loro sensibili all’esecutivismo, alla vocazione maggioritaria e anche al presidenzialismo, non hanno – mi sembra—un DNA antipolitico che fa della “lotta alla casta” la linfa vitale. Eppure questa riforma è un’incoronazione del populismo — perchè taglia per odio dell’establishment, senza neppure riorganizzare le funzioni delle due Camere, che taglia linearmente come si fa nelle dismissioni di investimenti finanziari in quei settori produttivi che si vogliono affossare. Il parlamento non è un’azienda, ma l’anima della democrazia elettorale e rappresentativa. Il “taglio delle poltrone” non appartiene al linguaggio del PD.
I rischi che il PD si sobbarca sono dunque molto più gravi di quelli dei 5stelle. Solo il PD ha tutto da perdere (se vince il SI) mentre non ha nulla da guadagnare se vince il NO (visto che questa non è comunque una sua riforma). I rischi sono enormi rispetto all’immagine di sè come permeabile alla logica populista, o comunque non convinto che al populismo si debba fare argine. I rischi sono enormi rispetto al proprio elettorato, che non vuole questa riforma e se vota SI lo fa per fedeltà — ma a che cosa? In effetti alla promessa di preservare il governo. Si baratta una parte così importante della Costituzione in cambio della durata del governo. Che comunque non cadrebbe. Il governo sta in piedi per moto proprio – è il declino dei 5stelle e la crescita della destra che lo tiene in vita. Vi è infine un altro rischio, questa volta della dirigenza del PD che ha ipotecato se stessa all’esito di questo referendum (con la sgradevole sensazione di aver messo la Costituzione sul piatto della bilancia della geometria interna al partito).
Tattica sacrificale
E’ difficile dire che cosa abbia spinto il PD a una tattica sacrificale quando poteva tenere un profilo basso ed evitare l’identificazione di renziana memoria tra governo e esito referendario. Si è perfino sentito dire che il NO è un voto contro il PD – ma è vero il contrario: votare NO significa preservare ancora un qualche ideale di una sinistra non populista. E infine, l’identificazione referendum-governo non è realistica: semmai sarebbe il SI a dare problemi perchè le opposizioni urlerebbero, con una qualche ragione, che essendo quello esistente un parlamento non più in aromonia con la Costituzione, sono necessarie nuove elezioni che diano vita al nuovo parlamento. Le ragioni per votare SI sono tutte controproducenti, per la democrazia e per il PD.
Sostieni strisciarossa.it
Strisciarossa.it è un blog di informazione e di approfondimento indipendente e gratuito. Il tuo contributo ci aiuterà a mantenerlo libero sempre dalla parte dei nostri lettori.
Puoi fare una donazione tramite Paypal:
Puoi fare una donazione con bonifico: usa questo IBAN:
IT54 N030 6909 6061 0000 0190 716 Intesa Sanpaolo Filiale Terzo Settore – Causale: io sostengo strisciarossa
Articoli correlati