Il linguaggio incoerente della politica dell’applauso

In direzione ostinata e contraria: che cosa mi fa sentire così straniera nel mio Paese, che cosa sento così ostile al contesto culturale in cui sono cresciuta, alle fondamenta illuministiche della scuola che mi ha formata, alle esperienze politiche che ho vissuto?

Insieme a tanti altri e a tante altre mi ostino a produrre testi in cui denunciamo l’incoerenza, la mancanza di memoria, la rinuncia alla logica che caratterizzano il discorso politico contemporaneo. Temo che non sia un’operazione utile, se non a salvarci la coscienza. Coerenza e logica, perfino verità e falsità sono concetti che non interessano più: basta dire ciò che serve al momento.

Nel mondo mutante c’è un ordine pressante di mutamenti cui noi vecchi ci adeguiamo con difficoltà: l’imperativo della seduzione è ormai da tempo la complessiva cornice di riferimento, progettata per assecondare i desideri e per produrne di nuovi. Il suo scopo non è la credibilità, ma la fascinazione.

Plotoni di professionisti sono impegnati ogni giorno a sedurre questo o quel target, allo scopo di produrre consumatori o di attrarre elettori. Nella sovrabbondanza di immagini ammiccanti tutto è passerella.

Nella politica dell’applauso (trent’anni fa Norberto Bobbio la definì così, bollandola come sintomo della deriva antidemocratica di Bettino Craxi) il linguaggio pubblico non è più referenziale ma perennemente performativo; il senso di ciò che viene pronunciato è il suo effetto (di un enunciato pubblicitario non ci si domanda se è vero o se è falso, semmai sarà più o meno efficace).

Le scelte politiche diventano così impermeabili al confronto con i dati di fatto, si sottraggono perfino alla dialettica: caratteristica che parrebbe irrinunciabile in un sistema democratico.

Man mano che la seduzione acquista centralità risulta impervia la logica, così come risulta incomprensibile la scienza: come nelle mitologie ingenue non si cerca la verifica, si nega l’evidenza, salta il principio di non contraddizione (con la conseguente caduta del principio di responsabilità). Si può affermare e negare allo stesso tempo; si può affermare oggi ciò che si negava ieri.

Se l’offerta comune dei fatti è slegata e frammentata, se lo spessore di ogni contesto non viene mostrato e non viene percepito, l’incoerenza non è più un disvalore, anzi non è nemmeno avvertita.

Alla seduzione non è congeniale nemmeno la memoria, se non quella addomesticata al racconto del seduttore. Egli sa che il flusso indistinto dei messaggi e l’onda disordinata delle emozioni spingono a non mettere in sequenza gli avvenimenti.

Casanova è campione d’incoerenza, intellettuale e comportamentale. Afferma, tanto poi smentirà. Promette, sapendo che non potrà mantenere.

Ma piace, piace tanto.