Il governo può fare nuove leggi, non violare le vecchie

Nella lettera pubblicata dal Corriere è esposta per intero la dottrina populista della politica. In essa, oltre agli antichi sodali di Berlusconi che fuggiva dai processi con ogni mezzo, confluiscono anche gli apostoli del giustizialismo grillino che delle manette facevano un simbolo della rigenerazione etica. Il politico è ritenuto, dai due alleati, una dimensione al di fuori dell’ordinamento. Siccome deve solamente rispettare il mandato per il quale ha chiesto il consenso, il politico risponde a null’altro soggetto che al corpo elettorale.

Qualsiasi richiesta della magistratura di render conto della propria condotta è quindi declinata dal governante come inaccettabile.
Questo assunto gialloverde riporta in auge concezioni della politica che il costituzionalismo ha però superato da tempo e in maniera irreversibile (a meno di un mutamento di regime). Nello Stato costituzionale di diritto nessun soggetto, organo o potere è sovrano, sciolto cioè dalla legge positiva e dalla carta fondamentale. Le leggi, il corpo del diritto, i principi costituzionali, le carte internazionali vincolano in maniera esigibile anche i detentori dell’autorità politica. Il fatto che il capitano sia solito indossare l’uniforme, non rappresenta un motivo sufficiente che lo autorizza a credere che l’Italia sia diventata uno Stato di polizia che sospende il principio di legalità entro una nave militare italiana.
Il consenso, che legittima l’esercizio del potere, non ha la forza per sciogliere il titolare di un dicastero dalle stringenti norme giuridiche dell’ordinamento. Ogni potere, anche quello del titolare del Viminale, opera dentro la cornice del diritto e non può esercitare funzioni che scavalcano le norme e i valori della costituzione repubblicana. Il governo politico può fare nuove leggi, da vagliare secondo il marchio della costituzionalità, ma non violare quelle vigenti in nome del superiore interesse nazionale minacciato.

Disegni di Alice Pasquini sulla porta del Baobab di Roma, in via Cupa. Foto di Ella Baffoni

Le schede elettorali, cui i populisti si richiamano per fondare l’immagine di ministri legibus solutus, non hanno la valenza effettuale per giustificare la difesa dell’interesse pubblico con lo strumento del sequestro di persona. I giudici non perseguono un indirizzo politico, ma il ricorso nell’azione di governo a precisi reati che ricadono su ministri che sfidano i diritti fondamentali. Non esiste cabina, gazebo, meet-up che possa autorizzare il ministro a strapazzare la civiltà giuridica. Per ora la condotta della coalizione gialloverde obbliga i magistrati italiani a prendere le misure richieste dalla legge, tra poco non è da escludere che anche i tribunali internazionali troveranno qualcosa da rilevare.
Il sovranismo, nella sua faccia sempre più reazionaria, intende separare il governo dalla legge, dalla costituzione, dagli organismi internazionali, dalle carte fondamentali. Si tratta però di una pretesa alquanto velleitaria, che l’ordinamento ha per fortuna ancora la forza di combattere e censurare. Se Conte e i ministri condividono l’operato di Salvini, e quindi intendono negare la responsabilità individuale con la finzione di una scelta di tipo collegiale, possono votare contro la richiesta del tribunale dei ministri e rivendicare il primato della classe politica sulla giustizia costituzionale. Un governo che conquista la fiducia difendendosi da un crimine: storie di ieri.