Il governo della ferocia: ruspa e sgomberi, e gli ultimi vanno per strada

L’ultima conseguenza del decreto Salvini è andata in scena all’alba di ieri, sulla via Tiburtina, altezza san Basilio, a Roma. Proprio in occasione del settantesimo anniversario della dichiarazione dei diritti umani, si è deciso di buttare persone povere e deboli in strada.
Lì c’è un vecchio rudere, la prima fabbrica italiana della Penicillina, la Leo, che fu inaugurata nel 1950 alla presenza di Alexander Fleming e aveva, ai tempi d’oro, 1700 dipendenti. Un’altra era. Abbandonato da anni, quello stabilimento ancora ingombro da resti di sostanze chimiche tossiche – e da una notevole quantità di amianto – è diventato il rifugio di chi non ha trovato altro.

In accordo con la sindaca di Roma, il ministero dell’Interno ha avviato una campagna di sgomberi dei luoghi occupati. Dopo il Baobab, dietro la Stazione Tiburtina, ora la colonna di mezzi della polizia si è diretta alla Penicillina per eseguire lo sgombero annunciato in questi giorni. Invece delle settecento persone che vi abitavano appena un mese fa, sono stati trovati una cinquantina di senza casa, stranieri ma anche italiani. Gli altri hanno trovato un altro rifugio precario.
Un posto indegno, certo. “Indegno anche per gli animali – dice un ex occupante – ma adesso non ho neanche quello”. Già, perché il copione si è ripetuto ieri come già in altre occupazione, in via Vannina, in via Costi, al Baobab, in via Vannina sno rimasti in strada anche i bambini, per giorni. Come negli sgomberi precedenti, l’alternativa abitativa non è stata predisposta. Si verranno dunque a formare altri insediamenti in luoghi sempre meno visibili, sempre più nascosti, sempre più inabitabili, sempre più nocivi.
Agli sfrattati dalle occupazioni si aggiungeranno quelli espulsi dalla rete dell’accoglienza Sprar, che ha già mandato in strada senza alternative famiglie e singoli, titolari di permesso umanitario. Gli Sprar, è un’altra conseguenza del decreto Salvini, potranno accogliere solo persone con il permesso di asilo.
Sempre più difficile sarà mantenere o ottenere i documenti: senza residenza non sarà possibile rinnovarli, e molti potrebbero uscire dalla rete dei servizi, la scuola per i bambini, le cure sanitarie, l’iscrizione al collocamento. Senza contare che l’assenza di documenti e la conseguente espulsione – burocratica, visto che i rimpatri costano davvero troppo – spingerà in sacche sempre più marginali persone a cui pure è stato riconosciuto il cui diritto a vivere in Italia.


Gli insediamenti informali – sostengono in un rapporto del febbraio scorso Medici senza frontiere, che assistevano gli abitanti della Penicillina- sono 47 in dodici regioni, e il 55 per cento di queste aree non ha accesso ai servizi. Una cinquantina sono a Roma e ospitano 3.500 persone. Inoltre i siti informali sono edifici abbandonati o occupati (53 per cento), luoghi all’aperto (28 per cento), tende (9 per cento), baracche (4 per cento), casolari (4 per cento), container (2 per cento). Questa situazione è in parte dovuta a un sistema di accoglienza ancora fondato “su strutture di accoglienza straordinaria, con scarsi servizi finalizzati all’inclusione sociale”.
Per Salvini, che si è presentato sulla Tiburtina per i selfie d’occasione, sono tutti da smantellare. Del resto, buttare la gente in strada contribuirà a creare quell’emergenza che in realtà non esiste. Smantellare un esempio di buona accoglienza come Riace è stato il primo passo per il disinvestimento in tutto il sistema Sprar. Un parroco genovese, don Paolo Farinella, ha deciso di chiudere per Natale la chiesa di santa Maria Immacolata e san Torpete in polemica contro il decreto Salvini. Laconica la sua dichiarazione: «Gesù era il migrante dei migranti».

Intallazione al Maxxi di Roma. Foto di Ella Baffoni

L’emergenza immigrazione non esiste. Quello che esiste, invece, è l’emergenza in mare. Gli sbarchi sono diminuiti, è vero. Ma a che prezzo? Altissimo e ignoto, perché si ha, è vero, qualche notizia di naufragi, in ottobre si contavano 1.700 morti accertati. Ma nel Mediterraneo, non più pattugliato dall’esercito italiano o dalle navi dei volontari, le barche che affondano sono molti di più, nel buio il mare inghiotte uomini e disperazione.
“Dal 2014 ad oggi – dicono i Medici per i diritti umani, che hanno presentano il libro-testimonianza “L’umanità è scomparsa”, a cura di Alberto Barbieri – sono sbarcati in Italia 650mila migranti provenienti per la gran parte dalle rotte che partono dall’Africa occidentale e dal Corno d’Africa; almeno nove su dieci sono sopravvissuti ad un silenzioso olocausto che ha avuto, ed ha, il suo cuore di tenebra nelle terre libiche. Nello stesso periodo hanno perso la vita nell’attraversamento del Mediterraneo centrale almeno 14.744 persone. Nessuno invece conosce il numero reale di coloro che sono periti come prigionieri o schiavi in Libia e quanti ancora ne ha sommerso la sabbia del Sahara”.


Che il decreto Salvini sia incostituzionale non lo dice solo il Csm. Tra qualche tempo lo dirà anche la Corte Costituzionale. Ma intanto la ferocia e la disumanità faranno passi da gigante. Altri bambini saranno lasciati all’addiaccio, come è avvenuto in via Vannina dopo lo sgombero. Altri disperati saranno privati dei loro rifugi. Altri malati resteranno senza cure. Ferocia e persecuzione: come quella riservata ai volontari del Baobab, insediamento sgomberato, a cui si impedisce persino di distribuire te e biscotti a chi ha passato la notte senza riparo. Anche lì i volontari hanno addobbato un abete, appendendo ai suoi rami le parole dimenticate ma indispensabili al Natale: umanità, diritti umani, pace, accoglienza, solidarietà, protezione, unione, amicizia, amore.
Dall’altra parte, la ferocia della cattiveria. Quella che ha lasciato vuota a Marrakesh la sedia destinata all’Italia al Forum delle Nazioni unite sull’immigrazione, il luogo dove discutere, regolare, analizzare il fenomeno delle migrazioni. Al governo dell’Italia discutere non interessa, meglio urlare all’invasione, meglio creare un’emergenza artificiale a suon di sgomberi e ruspe. Agli agenti di commercio della paura e della cattiveria non serve discutere con 164 governi di altri paesi un “approccio cooperativo per ottimizzare i benefici complessivi della migrazione, affrontando i rischi e le sfide per gli individui e le comunità nei paesi di origine, transito e destinazione”. Non sia mai che ci si permetta di ricordare il diritto alla mobilità tra quelli fondamentali per l’uomo.
Tira un vento freddo a Roma e in Italia, in questi giorni, le gelate sono in arrivo. Gli italiani si preparano a festeggiare il Natale, la nascita di un profugo ospitato in una stalla perché tutti gli altri posti gli erano stati negati.