Draghi: Europa, etica
e lotta alla pandemia
“L’unità è un dovere”
L’Europa, certo: anche perché senza l’Europa c’è pure meno Italia. E la lotta alla pandemia, il vero nemico di tutti. E il sostegno a chi è in difficoltà, a cominciare dai giovani, dalle donne e da quei lavoratori autonomi azzerati dalla crisi. Ma basta questa sottolineatura – quasi un “blocco sociale” di riferimento – per considerare il discorso programmatico di Mario Draghi tutt’altro che di
circostanza. Il governo “di tutti” (“l’unità non è un’opzione, è un dovere”) non esclude affatto la responsabilità delle scelte: non tutti saranno aiutati nello stesso modo.
Di più: la crisi potrebbe essere finalmente un’occasione per ricostruire e ridisegnare il Paese in un solido rapporto con l’Unione europea che definisce il terreno della vera sovranità. La quale, non può essere concepita nella gabbia dei confini nazionali, perché si realizza pienamente solo nella dimensione europea. E’ chiara la presa di distanza critica dal pensiero e dalla stessa cultura del sovranismo di casa nostra. D’altronde, a Salvini il neopresidente riserva l’unica stoccata diretta (ed efficace) del suo discorso quando scandisce che “sostenere questo significa condividere l’irreversibilità dell’euro”. L’iIrreversibilità della moneta comune, sua antica asserzione dei tempi della grande crisi finanziaria, viene ribadita in chiara polemica con la boutade (“solo la morte è irreversibile”) con la quale il leader leghista si era sottratto alla domanda sulla moneta europea in un’intervista tv.
La ricostruzione deve avvenire nel senso della modernizzazione e dell’efficienza ma anche dell’equità. In questa direzione sembra volgere anche la riforma fiscale, nel segno dell’alleggerimento e della progressività: l’esatto opposto della “flat tax” richiesta dalle destre e in particolare dal capo della Lega.
Lotta alla pandemia
Naturalmente viene adesso la parte più difficile: passare dalle parole ai fatti. Le difficoltà si annunciano persino in quella che dovrebbe essere la missione comune per eccellenza: la lotta al virus. Se ne sono già avute le avvisaglie nella vicenda della mancata riapertura degli impianti da sci, con la destra e le Regioni all’attacco del ministro della Sanità e del comitato tecnico-scientifico. Ora il dilagare delle varianti più pericolose del virus potrebbe comportare un inasprimento delle restrizioni e non è difficile immaginare la reazione delle destre.

Le stesse scelte sul Recovery Plan non saranno neutre, anche se Draghi intende riservarle alla sua ristretta cerchia di ministri tecnici: l’annosa questione della governance che tanto è costata al governo precedente è stata risolta con l’affidamento della supervisione al Ministero dell’Economia, come già previsto in altri Paesi europei.
In conclusione, la sfida è lanciata. La sinistra riformista non può tirarsi indietro, deve raccoglierla. Con molta abilità Draghi ha cancellato le diverse etichette appioppate al suo governo e ha spiegato che si tratta semplicemente del “governo del Paese”. Con altrettanta abilità ha chiesto sostegno ai partiti, senza che per questo debbano cancellare le loro identità. Si tratta di fare un pezzo di strada assieme, scommettendo sui provvedimenti e sulle riforme di questo governo. Senza timidezze e senza più errori come il vergognoso autogol compiuto dalla sinistra escludendo le donne dal novero dei candidati ministri.
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