Il Partito democratico e la saga degli errori

La domanda è semplice: perché? Perché Matteo Renzi ha ingaggiato
battaglie a muso duro che non portano il suo partito da nessuna parte? O
meglio (peggio) lo portano nel più assoluto isolamento? Sulla vicenda
della Banca d’Italia – dove pure aveva dalla sua non poche ragioni – si
trova in rotta di collisione totale col suo governo e con il Presidente
della Repubblica. E per di più ha incassato una cocente sconfitta dal
momento che il Governatore uscente Ignazio Visco viene riconfermato
nella sua carica ma evidentemente indebolito: e questa è una sconfitta
per tutto il sistema. Alla quale – se si deve prestare fede ai
retroscena provenienti dal Nazareno – il segretario del Pd intenderebbe
reagire alzando ancora lo scontro.

Ma la mossa davvero incomprensibile è quella sulla legge elettorale, che
ha prodotto come ultima conseguenza l’uscita dal Pd del presidente del
Senato Pietro Grasso. Certo ci possono essere nella scelta della seconda
carica dello Stato ragioni più politiche (e personali) dal momento che
è stato candidato, sia pure informalmente, alla guida di Mdp: ancora
in queste ore lo stesso Grasso non ha snentito in modo convincente che
sarà questo il suo approdo. Però il punto per il Pd non è l’addio di
Grasso ma la scelta autolesionista di Renzi sul modello elettorale. Col
Rosatellum ha introdotto le coalizioni ma a differenza di Berlusconi
non ha fatto niente per dare vita a solide e credibili alleanze.

Di nuovo la domanda: perché? I più maliziosi sostengono che una volta
preso atto della impossibilità di uscire vincitore assoluto dalle urne,
Renzi punti a un governo di larghe intese con Forza Italia. Ma anche in
questa prospettiva il Rosatellum lo danneggia perché da più forza al suo
avversario-interlocutore. Sarebbe stato molto più adatto il
proporzionale, sia nella forma del sistema simil tedesco, troppo in
fretta abbandonato dopo il ribaltone grillino, sia nella forma del
cosiddetto Consultellum. Invece ci si è ostinati con il sistema misto
proporzionale-maggioritario, per giunta a colpi di fiducia, attirandosi
nuove dure critiche, per tutte quella autorevole e certo non faziosa
del presidente Napolitano.

Il Pd uscirà da tutto questo indebolito e isolato. A meno che non ci
sia un provvidenziale cambio di rotta in extremis. Tra gli avversari di
Renzi interni ed esterni si fa conto sugli effetti della probabile
sconfitta siciliana. Ma a parte che i progetti costruiti sulle sconfitte
sono più fragili, anche questo è un calcolo alquanto illusorio. Renzi ha
vinto nettamente congresso e primarie e dispone di una maggioranza
assoluta assai compatta negli organismi dirigenti, anche grazie alla
scissione che ha indebolito parecchio l’opposizione interna. La saga
degli errori è lunga e purtoppo non se ne vede la fine.