Lo slancio di Franco Loi per uscire
dal “freddo” che minaccia il mondo
Un bambino di un anno nei giorni scorsi è morto di freddo nel gelo della foresta, al confine tra Polonia e Bielorussia. Nessuno si è accorto di lui se non i suoi genitori migranti in fuga dalla Siria che sono stati portati in un vicino campo, bisognosi di soccorso per alcune gravi ferite riportate nei giorni precedenti. La Polonia si oppone col filo spinato all’entrata nei propri confini delle popolazioni in fuga dal Medio Oriente e dall’Asia Centrale, arrivando a sparare coi cannoni ad acqua contro queste persone inermi. Lo sdegno però da solo non basta, lo sdegno è episodico e conseguenza di una cronaca che ci racconta storie sempre più lontane dalla natura umana. Le notizie durano poche ore, così come la memoria collettiva. Ad essere sconfitta è la visione politica complessiva, una visione che difenda i deboli invece che i privilegi.

Se gli uomini hanno fretta di ammazzare
L’editore Donzelli recupera una delle voci più importanti del secondo Novecento, Franco Loi, riproponendolo in volume, assieme a un cd audio con dodici canzoni musicate da Tommaso Leddi per la voce di Umberto Fiori, storici componenti del gruppo rock progressivo Stormy Six.
[…] Inscì sarìa la vita sensa l’anfa / di òmm che par g’àn pressia de massà, / de questa rassa de mastin che roba / el temp, el fiâ, e la memoria, i ann, / e sensa gelusia e amur de trecca / che fan patì el bèll del respirà. / Sun sul e canti, e vardi quèla nüvula / pièna de mì e del so antîgh vardâm.
[…] Così sarebbe la vita senza l’ansia / degli uomini che pare abbiano fretta di ammazzare, / di questa razza di mastini che rubano / il tempo, il fiato, e la memoria, e gli anni, / e senza gelosia e amori di nascosto, / che fanno patire la bellezza del respirare. / Son solo e canto, e guardo quella nuvola piena di me e del suo antico guardarmi.
La vicenda di Franco Loi, ben raccontata in prefazione dallo stesso Fiori, ci indica un autore che, dopo l’esperienza nella sinistra extraparlamentare, negli anni della maturità trova una direzione priva della componente ideologica ma che non per questo, come invece faranno altri, abbandona la spinta sociale per abbracciare pulsioni neoliberiste.
E’ lo slancio verso la fraternità e la solidarietà a interessare Loi e così la scelta di superare il fregg (L’è difficil parlà cunt un pòpul de mort, / che mi slunghi l’ureggia e lur gh’în pü. / În surd, în orb, e la sua lengua storba. / Frèggia memoria, culur di temp andâ […] E’ difficile parlare con un popolo di morti, / che io tendo l’orecchio e loro non ci sono più. / Sono sordi, sono ciechi, e la loro lingua è storpia. / Fredda memoria, colore dei tempi andati…), il gelo del rapporto alienato con gli altri uomini. Ora proprio di questo calore abbiamo bisogno nel recuperare l’umanità dei rapporti, e non solamente nelle vicende private, ma anche nell’incontro con lo straniero, cioè con l’estraneo.
Per ritrovare la gioia e la redenzione
Franco Loi, nato a Genova da padre sardo e madre emiliana, decide di non rifugiarsi nella lingua d’infanzia ma di guardare il dialetto milanese come una lingua fraterna (nella definizione di Franco Brevini): immagina cioè un possibile popolo, una possibile società, e che questo popolo abbia, attraverso il linguaggio, la possibilità di comunicare. La lingua insomma non è più barriera ma possibilità di scambio, di interrelazione, l’approdo nella metropoli una possibilità di riscatto, di nuove opportunità.
E’ la stessa Milano protagonista de La vita agra di Luciano Bianciardi, disumanizzante ne La ragazza Carla di Elio Pagliarani ad essere nella poesia di Loi possibilità di redenzione, gioia, comunanza, sostegno. Milano, possibile luogo di ripartenza, come forse dovrebbero prendere a riferimento le persone che ci governano, senza più attenzione alle contingenze a breve termine. La poesia, come la politica, dovrebbe avere uno sguardo più profondo, proiettato al futuro. Dovrebbe immaginare, vedere oltre, essere in grado di cambiare il punto di vista delle persone, restituire il giusto peso alle cose, agli oggetti, alle nostre piccole comodità che siamo pronti a rivendicare come se certi privilegi ci fossero dovuti.
Dovrebbe mostrarci com’è uscire dal freddo, come ci chiede Franco Loi, e come sarebbe dovuto accadere a questo bambino, solo ultimo protagonista senza nome di una tragedia, in mare, nelle foreste e nelle aree semi-desertiche: un trafiletto di cronaca per un piccolo cittadino che avrebbe dovuto avere gli stessi diritti dei nostri figli, le stesse possibilità di crescere e vivere una vita serena. La poesia di Franco Loi ci chiede di essere tra la gente ma separati dalle follie delle persone, ci chiede verità e umanità e questo oggi non sembra all’ordine del giorno né nelle agende politiche internazionali, né nelle nostre molto più piccole agende.
Franco Loi
Vòltess
Donzelli Editore
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