Toscana, il Pd
non sembra sapere
come vincere la partita
“Difendete la Toscana, difendete la vostra terra. C’è un’Opa della destra che mira a distruggere il modello toscano e noi dobbiamo fare di tutto per salvarlo”: è quasi un’invocazione, quella che ha fatto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, in un bar di Orbetello, incontrando , la scorsa settimana, con un gruppo di elettori e con il candidato del centro sinistra alla Regione Toscana, Eugenio Giani.
Già, vero. Frase che avrebbe pronunciato, in tale circostanza, anche Catalano, il noto filosofo di “Quelli della notte“. La domanda vera è: come farlo? Non si sta replicando, per molti motivi, ciò che è stato fatto, l’anno scorso, in Emilia Romagna quando un analogo appello fu raccolto da un vasto movimento che agiva nella società, dentro e fuori i partiti che appoggiavano il candidato del centrosinistra. I democratici si riunivano ogni giorno nei caffè e nelle piazze, toccando ogni piccolo paese: fu battuta così la pretesa leghista: non per grazia ricevuta ma per effetto della massiccia partecipazione popolare, per la capacità comunicativa del candidato e per le tante energie, alcune del tutto nuove, come le sardine, che si dettero un gran daffare, sbarrando la strada a Salvini.
La lotta sorda per le liste e i candidati
Fa bene il segretario del Pd a ricordare ai cittadini toscani che quel che hanno non è scontato e che sarebbe un grave errore “confondere le cose da correggere del buon governo con la catastrofe del cattivo governo”. Lo faccia capire, pima di tutti, ai dirigenti del suo partito che, negli ultimi mesi, hanno passato più tempo a discutere di liste piuttosto che a parlare con gli elettori sui guasti provocati dal Covid e dagli immensi problemi che ci lascia in eredità. Con i cellulari, usati come un prolungamento del loro corpo, i dirigenti delle diverse zone della Toscana si sono battuti per inserire nelle liste, questo o quel nome. Così facendo, di fatto, hanno modificato e ampliato il famoso Manuale Cencelli, basandolo non solo sulle correnti ma allargandolo alla rappresentanza geografica.
Forse è presto per vedere qualche piazza piena, forse nelle settimane che restano incontri e comizi si moltiplicheranno come i pani e i pesci. Sempre che qualcuno non creda che ormai la campagna elettorale si giochi, soprattutto, sui social che vanno usati e usati bene. Eugenio Giani eviti il sicuro effetto macchiettistico che comporterebbe una sua apparizione su Tik Tok per conquistare i giovani: il suggerimento a lui arrivato, e da me riportato, è tratto dalle cronache de la Repubblica.
Attenzione alle battaglie di campanile
Di quale Toscana si parla? La regione ha subito profonde trasformazioni. È come se fosse tagliata in due, la parte del centro nord divisa da quella del sud; le coste separate dalle valli interne e dalle numerose zone montane. Una Toscana dove riaffiorano gli antichi cento campanili e con una voglia matta di Firenze di tornare a esser la vera capitale della Regione. Sono oltre trent’anni, infatti, che un fiorentino non la guida.
Il presidente uscente, Enrico Rossi, in una lunga intervista sulle pagine regionali di un giornale nazionale, nel tracciare un bilancio del suo decennale mandato – da lui ritenuto sostanzialmente positivo- mette in guardia il Pd dal fenomeno delle divisioni campanilistiche: ” Il vecchio corporativismo municipale è quello che temo di più, è la malattia di questa regione, che invece va governata come sistema complessivo”. Lo dimostrano, come detto, le lunghe dispute localistiche nella preparazione delle liste.
Questo è ancor più deflagrante in un partito, come il Pd, che ancora non ha smaltito le ultime scoppole elettorali e che non riesce a ritrovare il bandolo della matassa nell’azione politica, nel governo dei territori e nella costruzione di gruppi dirigenti credibili. La mappa geo-politica della Toscana che abbiamo sotto gli occhi è ben diversa da quella alla quale eravamo abituati. Nell’ultima tornata del voto amministrativo ben sei capoluoghi sono passati al centro destra: Arezzo, Pisa, Siena e Grosseto Pistoia e Massa, senza considerare importanti centri o dalla grande tradizione operaia, come Piombino, o da quella socialista, come Cortona.
Da partito di massa a partito dei ceti medi urbani
Sui motivi che hanno portato a questi consistenti ribaltamenti, s’è discusso poco. Si sono rimosse, spesso, le cause che li hanno generati: lo snaturamento del Pd da partito di massa e di popolo a partito composto prevalentemente da ceti medi delle aree urbane; la voluta rottamazione di una memoria storica che in questo caso – e in questa regione – ha voluto dire far dimenticare il buon governo delle amministrazioni di sinistra; le consistenti modificazioni intervenute nel tessuto produttivo e negli stili di vita.
Il presidente uscente, Rossi, ha invitato Giani e i suoi alleati, cioè Renzi, a praticare una linea che contenga sia tratti di continuità sia di rinnovamento, non abbandonando le cifre della qualità e della solidarietà, da tenere sempre unite. Non è un frase gettata lì a caso.
Negli anni appena passati, è stata sottovalutata la presa che Salvini, e il leghismo, avevano sull’elettorato popolare della Toscana. Ilvo Diamanti, attraverso le sue Mappe, ha più volte segnalato queste tendenze. Nell’ultima ricerca, pubblicata qualche giorno fa, segnala che questo fenomeno è ancora in atto e che si presenta con peculiari caratteristiche che riguardano il centro dell’Italia. Il centro sinistra ne tenga conto.
Salvini è appannato al nord, ma mantiene la presa nell’Italia del centro
Il Covid, con la sua gigantesca ombra, ha oscurato gran parte le paure sulle quali il leader leghista aveva costruito le proprie fortune. Questa diminuzione della presa mediatica, unita a ciò che concretamente è avvenuto nel settentrione durante l’epidemia, ha portato Salvini a perdere consistenti consensi proprio in quei territori in cui la Lega era nata e germogliata. Ora la sua presa , che rimane comunque alta nonostante tutto, non si concentra più nel Nord Ovest e nel Nord est ma nel Centro Nord ( Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Umbria) e nel Centro Sud ( Lazio, Abruzzo e Molise).
Sul voto incideranno, è naturale, anche gli effetti che si registrano sul fronte economico: la Toscana occupa il ventesimo posto nella speciale classifica delle Regioni che perdono più Pil mentre, tra il 2016 e il ’17, era tra quelle che avevano un maggior tasso di crescita. I dati riportati dal Sole 24ore parlano di un crollo (-11 per cento) avvenuto nel 2020 ma “l’elemento più preoccupante, stando alle stime Irpet, è che i successivi due anni, dovrebbero portare a un rallentamento della dinamica di ripresa vicino all’1 per cento”.
Stagnazione, investimenti bassi e il deleterio effetto Covid sul turismo
Saremmo prossimi, dunque, a una stagnazione in una regione che pure era stato uno dei territori trainanti del Paese. Gli investimenti frenano mentre classifiche segnalano un indice basso di competitività e, quindi, una diminuita attrattività. In questo quadro va inserita anche la complessa vicenda del turismo. Questo settore vale per la Toscana 18 miliardi e 358 milioni di euro, circa il 10 per cento del valore complessivo nazionale e il 18 per cento di quello regionale. Le ultime tendenze mostrano che il Covid sta smazzando le carte anche in questo settore con le città che usufruivano di un turismo di massa e internazionale che soffrono maggiormente la stagnazione.
I giornali ripetono che il voto in Toscana inciderà sulla politica nazionale, con Salvini e Zingaretti che” si giocano la testa”. Esagerazioni. Un test che assomiglierebbe a quello dell’Emilia Romagna dell’anno scorso: chi vince resta, chi perde va a casa. Salvini continua, nonostante tutto, a puntare su questo refrain: “Abbiamo l’occasione storica di mandare a casa Conte, Renzi e Di Maio”. In Emilia Romagna, questo atteggiamento spavaldo gli è costato caro. Lì, nelle piazze, a contrastarlo, c’era il popolo democratico. In Toscana chi lo contrasterà?
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