Il mondo fragile dei popoli scomparsi
La poesia che guarda oltre noi stessi
Un ottimo libro recentemente uscito per l’editore Pequod si intitola “I popoli scomparsi”, a scriverlo Guido Mattia Gallerani che insegna presso l’Università di Bologna. Un lungo tragitto per raccontare dall’antichità ai giorni nostri tutte le etnie, le minoranze linguistiche o religiose venute meno in questi anni, fino alla contemporaneità dove piuttosto sono le mode ad esaurirsi, dove per esempio Punk e Hipster sostituiscono Marrani, Parsi o Piceni.
Esistono in buona sostanza in letteratura diversi modi per affrontare le vicende ma due sono quelle su cui più ci si sofferma: una modalità è quella oggi ipertrofica del racconto di noi stessi, e certamente né l’isolamento né le nuove forme di comunicazione social aiutano a calarsi in una differente direzione. Assistiamo a un fiorire di pubblicazioni che raccontano l’isolamento e la pandemia “qui e ora” senza domandarsi i motivi per cui si è raggiunto l’infinito stallo e senza soprattutto ipotizzare una via di fuga.
Viceversa esiste la possibilità di calarsi altrove, di raccontare quello che stiamo vivendo parlando di altro, affidandoci all’epica, sia nei termini tradizionali che nell‘epica quotidiana, quell’epica che pone chi legge all’interno di un equilibrio di mancata univocità di pensiero imposto ma che al contrario pone una lunga sequenza di infiniti specchi nei quali guardarsi e in cui (come negli specchi reali) correggere le imperfezioni.
“I più antichi progenitori / giunsero stremati senz’aiuto / presso i popoli stranieri, / mendicando lavori manuali, / faticando pancia a terra, o vendendo qualche abilità / a sanguinari mercenari / durante le tante ritirate / davanti alle testuggini romane.”
Affrontare anche in maniera didascalica (molti gli inserti usati da Gallerani nei testi) la scomparsa di questi popoli significa attraversare una lunga serie di fragilità brutalmente spente da un progresso che per andare avanti, come ricorda la prefazione di uno dei nostri migliori giovani studiosi, Mimmo Cangiano, opera questo tipo di barbarie.
Potremmo così rivedere in questo racconto le grandi multinazionali dell’e-commerce nei confronti delle piccole botteghe di quartiere, le grandi realtà economiche rispetto ai piccoli risparmiatori e alle classi sociali più fragili, le periferie del mondo rispetto ai centri del potere mondiale. E il tutto affrontando la storia più o meno recente.
Potremmo ritrovarci così come piccole identità sbranate e impaurite, allontanate se non addirittura confinate in un isolamento accentuato. Ci chiedono questo in definitiva la contingenza e la modernità ?

In realtà è proprio la storia e la riproposizione delle vicende a raccontarci una fiera resistenza a queste storture, un esigenza da parte di alcuni di non scendere a compromessi anche e addirittura rischiando la sparizione, una lotta fiera per l’affermazione dei propri diritti ma soprattutto della propria univocità e indipendenza.
“Scomparvero dentro le tuniche / le ossa dei corpi disidratati. / Per primi subirono lo spirito / germanico del Novecento / a nord della Namibia. / Perduta la battaglia decisiva / si ritirarono nel deserto. / Se ne trovarono alcuni / a diversi metri nella sabbia / scheletrici alla ricerca dell’acqua.”
E’ questa la verità e la sincerità che Pasolini definiva “ab-joy”, cioè “per gioia”, riportando un’espressione provenzale riferita al canto dell’usignolo. In una vita troppo abituata ai compromessi le vicende raccontate da Gallerani ci ricordano una lunga serie di lotte, anche se spesso di fallimenti, ci ricorda un lungo susseguirsi di sconfitti all’interno di un mondo che sembra concepire solamente “chi ce la fa”, per sorte spesso ancora più che per impegno, mentre una lunga fila di inadatti continua ad abitare le nostre strade, continua a vivere segretamente e nella vergogna nei nostri grandi palazzi in una costante periferia nella quale quasi nessuno sembra più essere in grado di sopravvivere se non nel disorientamento e nell’inquietudine.
Sta anche alla letteratura (e altrettanto alla politica) come in questo caso accorgersene senza rendere la propria singola vicenda una vicenda assoluta e complessiva ma abituando lo sguardo a osservare il proprio contesto sociale e vedere attorno a sé la moltitudine che oggi, drammaticamente rischia per molti motivi di scomparire.
Guido Mattia Gallerani, I popoli scomparsi, peQuod 2020.
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