Io, Monica, che non farò l’astronauta
perché quello è un “lavoro da maschi”

Pubblichiamo un brano del libro  “Non fare la femminuccia” in cui l’autore, Roberto Piumini, racconta che cos’è la discriminazione di genere con storie lievi e divertenti, ponendo le questioni attraverso le lettere dei bambini e sradicando i luoghi comuni grazie alle risposte della maestra Giovanna. Un libro che può accompagnare i ragazzi in un percorso individuale, per riconoscere le trappole degli stereotipi, e anche gli adulti che vogliano affrontare questi temi a casa o a scuola. Nel libro si racconta che

Quando il babbo gli dice che non deve commuoversi davanti a un film, perché è una cosa “da femminucce”, Dario non ne capisce il motivo.

Quando Monica racconta che da grande farà l’ingegnere spaziale, si sente rispondere che non è un lavoro da donna.

Quando Paolo vuole giocare a Barbie con sua cugina, devono chiudersi in camera altrimenti i suoi lo prendono in giro.

Quando Francesca vede il papà in panciolle sul divano mentre la mamma apparecchia e sparecchia, le sembra un’ingiustizia.

Allora Dario, Monica, Paolo, Francesca e altri bambini, ciascuno con la propria vicenda, scrivono a Giovanna, la loro ex insegnante delle elementari, una donna saggia e accogliente che a ognuno spiega perché – hanno proprio ragione! – quelle sono ingiustizie.

 

Lo sai, Giovanna,

mia madre dice che non potrò fare l’ingegnere spaziale, e poi l’astronauta, perché quelli sono lavori da maschi. Io le ho detto: “Che ne dici di Samantha Cristoforetti?” E lei mi ha detto: “Brava, brava, ma sembra un maschiaccio…” A me sono venuti i nervi furiosi, come li chiamavi tu quando in classe facevo le scenate contro qualcuno, e sono andata in camera sbattendo la porta, e ci sono anche adesso, mentre scrivo questa lettera. Però non mi diceva niente, mamma, quando ero brava in matematica a scuola, e anche adesso alle medie! Cioè, non è che mi dica: “Monica, smetti di studiare matematica e leggi storia, o mettiti a scrivere poesie”. O, già che c’è: “Invece dell’algebra, dovresti imparare a fare lo spezzatino, che piace tanto a tuo padre e a tuo fratello!”

A cosa mi serve essere brava in matematica, e in scienze, se poi dovrò fare un lavoro in cui non ci sarà niente di matematico e scientifico? Io l’ho detto alla mia prof, che è una in gamba, non dico come te, ma quasi, di informare la mamma, la prossima volta che c’è colloquio con i genitori, che io sono adatta a fare lo scientifico, eccetera eccetera, e spero che lo farà, ma nel frattempo scrivo a te per sfogarmi un po’, perché se mi metto a discutere con mamma, o con papà (ma è raro, perché lui non ne vuol sapere di discutere, e dice sempre “Parlane con la mamma…”), mi si bloccano le parole e mi viene un groppo in gola, non so se di rabbia o di pianto. Non so se la prof farà quello che lo ho chiesto, penso di sì, ma soprattutto non so se mamma le darà retta, perché mi sono accorta che, su certe cose, è come se avesse dei filtri potentissimi alle orecchie, o come se sentisse parlare una lingua sconosciuta. Forse stai pensando che mi sto lamentando troppo, ma devi sapere che essere una ragazza, almeno per me, è molto più difficile che essere una bambina, anche se, pure allora, mi capitava di avere i nervi furiosi. E ho l’impressione che, se qualcosa non succede, continuerò ad averli. Con te, però, non li avrò mai, perché ti voglio un sacco di bene.

Monica

 

Carissima Monica,

i tuoi nervi furiosi erano, in effetti, spaventosi, almeno all’inizio, ma anche divertentissimi, perché dopo un po’, sbollita la furia (ricordi come facevi a farla sbollire? Io dicevo: “Monica, puoi andare a camminare in corridoio”, e tu uscivi di classe, e facevi avanti e indietro in corridoio, prima a passi veloci, poi sempre più lenti, e poi tornavi in classe), dicevi sempre una battuta che ci faceva ridere, e ci consolava, e ci faceva passare la paura. Adesso, eccoti qui, senza un corridoio in cui fare avanti e indietro per sfogarti, ad avere i nervi furiosi per ciò che ti dice la mamma a proposito della tua idea astronautica. Nel nostro modo di pensare, di vivere, di comportarci, di valutare (ricordi che avevamo la parola “cultura” per indicare questi modi?) ci sono ancora, a volte in forme pesanti, altre più leggere, delle convinzioni che regolano, e spesso danneggiano, impoveriscono, mortificano, la vita delle donne e degli uomini. L’articolo 3 della Costituzione, il grande libro, come lo chiamavamo, dice che per i diritti e le occasioni non ci devono essere differenze di genere: ma su questo, dopo 75 anni da quando è stata scritta, non ci siamo davvero. Quello che è scritto nella Costituzione di 75 anni fa è più avanti di quello che, purtroppo, sta nella mente di molti cittadini. Che ci siano, per esempio, mestieri “da maschi” e mestieri “da femmine”, è una convinzione tra le più diffuse, anche se potrebbe sembrare che, in questo, ci siano stati dei miglioramenti. In realtà non c’è stato davvero un cambiamento, perché una donna, anche se ha molte lauree o è una scienziata, viene sempre vista come una madre: qualunque scelta faccia, deve fare i conti con quello che è pensato come il suo ruolo principale, la maternità. La “cultura” ancora prevalente si aspetta che una donna metta le sue aspirazioni, i suoi progetti e le sue attese dopo la formazione di una famiglia, che comprende la nascita e la cura dei figli. Nessuno si aspetta che un uomo scelga un lavoro o un altro per il fatto che è padre: da una donna invece lo si pretende. E accanto a questa idea c’è quella che la cura dei figli e delle figlie, con tutto quello che comporta, tocchi esclusivamente alla madre. I figli nascono da due genitori, ed è arrivato il momento in cui la cultura inizi a pretendere, a dare per scontato, che anche i padri possano scegliere il loro lavoro in base alla famiglia che hanno formato.

Sei pronta per una frase ardita, scienziata Monica? Eccola: per lavorare non serve l’apparato riproduttivo, e perciò qualsiasi lavoro può essere svolto sia da donne che da uomini. Una bomba, eh? Non so se sia il caso che tu la getti sul tavolo, in una delle prossime discussioni in famiglia: ma tienila in tasca per te, come una sapienza segreta. Forse, chissà, potrebbe aiutarti a evitare i nervi furiosi. Ti abbraccio, tienimi informata.

Giovanna

 

Roberto Piumini: “Non fare la femminuccia – Gli stereotipi di genere”. Illustrazioni di Giulia Tomai  (Manni editore)