Il maggese nelle nostre lande virtuali
oltre i deserti dei cyber paesaggi

Non siamo mai stati così “radicati” come in questo periodo. La pandemia ha disinnescato uno dei processi più caratteristici del mondo contemporaneo: il pendolarismo esistenziale, che porta molte persone a doversi dividere tra la città in cui si trova lavoro, la città in cui si ha la famiglia d’origine, la città in cui c’è la propria metà, la città di quello o quell’altro amico. A tutto ciò si aggiunge anche il desiderio di evadere, che spinge l’individuo di oggi a scegliere mete lontane, in cui poter vivere, almeno per qualche giorno, l’esperienza di un altrimenti. Le prime immagini della pandemia sono state le masse di persone che fuggivano dalle città-impiego per ritornare nelle città-nido, alla ricerca di un punto di riferimento, in un mondo che da lì a breve avrebbe preso a picconate i nostri riti laici, dal salire sull’autobus per recarsi in ufficio agli allegri aperitivi al tavolino del bar di fiducia.

Con La grazia dei frammenti, antologia d’autore del poeta Domenico Cipriano, il lettore può immergersi nella modalità esistenziale del radicamento:
Modigliani è passato da qui inconsapevole
della distanza illusoria del tramonto
tra le pale allineate come sfondo.
È il pensiero che incurante si innesta
nel profondo dei campi divaricati
con domande consuete al passaggio
infido sul resto del paesaggio. Uno sguardo
per confrontare i mondi possibili
nello scenario di gennaio: le pale ossute
mimano i rami degli alberi muti.

In questa poesia, si assiste all’immagine di un’invasione: la descrizione del territorio è vaga, come se fosse soltanto l’idea di paesaggio. L’unico elemento concreto sono le pale eoliche, paragonate alle figure dai lunghi colli di Modigliani: pertanto, il lettore viene portato a visualizzare più facilmente le pale rispetto al panorama naturale. L’immagine delle pale si impone sulla coscienza, così come le pale reali si impongono sul territorio.

Il radicato non si fissa sul proprio mondo, conficcandosi nel proprio terreno, ma dà vita a visioni, «mondi possibili», partendo dal proprio paesaggio. L’individuo può essere immaginato come un campo di forze, un puntino di realtà da cui si irradiano possibilità: i desideri, i progetti, le paure. In questa poesia, le pale rappresentano tutti quei tentativi di trasformare questa forza radio-attiva in radio-passiva, in cui l’umano conforma i propri possibili a forze esterne.

Le pale non si limitano a colonizzare il paesaggio naturale, ma cercano di sostituirsi a esso: esse «mimano i rami degli albero muti»: l’elemento tecnico-economico cerca in tutti i modi di innestarsi sulla natura, a tale punto da volersi confondere con essa. Volendo fare un paragone con la condizione odierna, se prima il mondo economico traeva forza dal dinamismo del pendolarismo esistenziale, oggi cerca di sfruttare il radicamento causato dalla pandemia per conficcare l’essere umano nel proprio cyber-paesaggio: si tende a far restare l’individuo quanto più possibile sulle piattaforme web. La visione, quella capacità dell’umano di osservare l’esistente e di immaginare un possibile a partire da esso, viene invasa da tante “pale”: il continuo bombardamento di informazioni, di contenuti, di intrattenimento, se un tempo avevano il compito di formare l’individuo, oggi lo desertificano, impedendogli di partecipare attivamente alla visione.

Bisognerebbe introdurre la pratica del maggese anche nella lande virtuali: la lentezza del confinamento deve trasferirsi anche agli instabili mondi elettronici, al fine di farli riposare, ricaricare di idee che siano fruttifere e non parassitarie. La pala eolica può essere effettivamente fonte di energia se riesce a entrare in dialogo col panorama, senza voler imporre la propria logica ai «frammenti» di esperienza che si ereditano dal passato, e che permettono, se non venerati come immutabili, di raggiungere uno stato di «grazia».

Domenico Cipriano La grazia dei frammenti

(poesie scelte 2000-2020), Borgomanero, Giuliano Ladolfi Editore, 2020.