Ho imparato
a difendere
le mie idee
Fu così naturale da sentirmi a casa. Avevo 16 o 17 anni e venivo da una famiglia comunista: non solo comunista, però, anche siciliana in terra straniera, in una terra – la lucchesia – farcita di Dc in ogni zolla di terra e per questo la mia discriminazione era scontata doppiamente.
Ma varcai lo stesso la soglia della sezione del Pci di Capannori (Lucca). Fui accolto bene, il mio cognome era conosciuto e dava garanzia di una fedeltà senza ombre. Così iniziai il mio percorso da “militante”, partecipando a riunioni fiume, intossicato dal fumo delle Nazionali che avevo avuto già modo di sperimentare in casa, dal momento che molte volte, la mia casa, fungeva da luogo di incontri fra compagni. Ero piccolo, allora, ma c’era qualcosa di magico in quei semplici dibattiti, in quelle strategie future, poi irrimediabilmente naufragate. In sezione potevo ascoltare le parole di chi aveva avuto un’esperienza politica; vedevo in carne e ossa i consiglieri comunali, il segretario di Federazione, i sindacalisti della Cgil.
Poi arrivavano le elezioni, e dunque l’operatività organizzativa del Pci dava il meglio di sé. Ricordo nitidamente le persone con le quali andavo a fare il giornale parlato, ad attaccare i manifesti: ho in mente, l’ultima notte prima delle elezioni politiche del 1979, la gara con i socialisti locali che ci avevano coperto un manifesto su un palo; e noi, grazie alla presenza di un compagno imbianchino munito di lunghe scale, riuscimmo a spuntarla pochi minuti prima della mezzanotte, con il nostro indimenticabile manifesto su sfondo blu. Feci ancora esperienza da scrutatore in occasione delle elezioni, politiche e amministrative, quando allora erano i Partiti a nominare gli scrutatori. Continuai ancora giovanissimo il mio impegno nella feconda sezione di Sant’Andrea di Compito quando, ormai, si parlava di mozioni in vista del cambiamento: fui il delegato di zona a partecipare al primo congresso per la costituzione del Partito della Rifondazione comunista.
Ho avuto la fortuna di conoscere il Pci, di assorbirne pregi e difetti, di essermi reso conto di quanto inclusivo fosse stato quel clima, importante perché formativo nella prassi, nonostante le diverse vedute e i distinguo. Come quella militanza, semplice, dal basso, mi abbia, ancora più della formazione familiare, insegnato a stare fra la gente, a non aver paura delle proprie idee, a esserne convinto non per omologazione bensì per ragionamento. Dalla famiglia ho ricevuto il senso di giustizia, lo stesso che mio nonno paterno, nel lontano 1945, andava professando nella Sicilia dei latifondisti e che pagò con il prezzo più alto, a Corleone, ucciso da un colpo di lupara.
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