Hic sunt leones:
responsabilità
nella lotta al covid
Hic sunt leones . E’ una furbizia di antichi geografi. Quando non sapevano disegnare territori lontani, sconosciuti, pericolosi o difficili da conquistare, ricorrevano a questa formula per dire: non sappiamo cosa ci sia da quelle parti e allora è meglio starne lontani.
Anche oggi, paradossalmente, nell’epoca della globalizzazione e di Google maps, ci sono territori difficili da conoscere, ma che dobbiamo esplorare ed interpretare, anche quando sono sotto casa o un po’ più in là. Hic sunt leones sono i territori ignoti abitati dai giovani, all’affannosa ricerca di un’identità in un mondo liquido, che ha consumato il loro futuro, eternamente misteriosi, “nativi digitali”, che ci immaginiamo “sdraiati”.
I giovani, dopo aver sopportato, come tutti, la clausura imposta dalla pandemia dilagante, con l’arrivo dell’estate hanno creduto a chi diceva che “il virus è morto” o attenuato o modificato. Sono andati in vacanza, a ballare uno sull’altro, stretti stretti nella movida, quasi sempre senza mascherina, e così sono diventati untori, distratti e/o inconsapevoli, per nonni e genitori.
Hic sunt leones sono i territori di chi, nel pieno dell’illusione estiva, ha organizzato affollate manifestazioni politiche, vagamente negazioniste, rigorosamente senza mascherine perché “chi se frega”. Medici e scienziati ci hanno avvisato che presto sarebbe arrivata la tempesta, ma altri ci hanno detto: tranquilli, il peggio è passato, liberi tutti, o quasi, e soprattutto non rompeteci le scatole con queste mascherine.
Hic sunt leones sono le piazze che protestano perché bar, ristoranti, cinema e teatri devono chiudere troppo presto, mentre devono chiudere e basta palestre e anche le piscine, che funzionano con il sapone, l’acqua calda e il cloro, che sono l’ideale per sconfiggere il virus. Piazze arrabbiate, al grido di “libertà, libertà”, chiedono “solo” di lavorare, senza capire, o fingendo di non capire, che l’ennesimo DPCM ha l’obiettivo di frenare la mobilità, colpendo il tempo libero, per cercare di salvare, finché è possibile, la produzione e la scuola da un lockdown totale.
Hic sunt leones sono le piazze marchiate dalla violenza contro i simboli dello Stato, come le prefetture, assaltate da fascisti, ultras, “antagonisti” e – tanto per non farci mancare niente – da camorristi e mafiosi. Hic sunt leones sono le stesse piazze frequentate dai rappresentanti istituzionali, che protestano con il popolo, anche se sono i responsabili della sanità che, dopo un’estate distratta, sta esplodendo sotto gli urti della seconda ondata. Rappresentanti istituzionali responsabili dei trasporti strapieni, veri focolai di infezione con la ripresa delle scuole e che dovrebbero rileggersi la storia di Dunkerque, quando la Marina inglese mobilitò tutti i natanti, ma proprio tutti, per salvare il loro esercito imbottigliato sulle spiagge della Manica. Non fu facile e nemmeno adesso lo sarebbe stato, ma bisognava provarci, mobilitando pullman e pulmini, piccoli e grandi, fino ad arrivare ai taxi, rimasti fermi e senza soldi, per portare a scuola gli studenti che non possono arrivarci da soli o a piedi. E invece no. Meglio mettersi a protestare per dare la colpa a qualcun altro, anche se l’ineffabile ministra all’istruzione, con la sua rincorsa ad inutili banchi con le rotelle, sembra indifendibile.
Per uscire dai territori oscuri Hic sunt leones, segnati dalla rabbia e dalla paura, bisogna chiedere che i soldi promessi per aiutare chi è rimasto senza lavoro, arrivino alla velocità della luce, con due clic e senza burocrazia, invece di muoversi come se fossero su un calesse ottocentesco. E poi bisogna raccontare la verità agli italiani, altrimenti ci resterà solo la paura di un mondo disperso nell’Hic sunt leones .
Alla fine, qualcuno avrà il coraggio di passare le Colonne d’Ercole per scoprire che, assieme al vaccino, solo la responsabilità e la solidarietà ci salveranno, come ci consiglia, da sempre, la nostra Costituzione?
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