I jihadisti di Erdoğan uccidono la paladina dei diritti delle donne

Tre notizie che arrivano dal fronte di guerra aperto dalla Turchia nel Kurdistan. La prima, la più grave e la più dolorosa, è l’uccisione di Hevrin Khalaf, una donna giusta e coraggiosa, che si è battuta per i diritti delle donne e per la convivenza pacifica tra le diverse etnìe in quelle martoriate contrade del mondo. Hevrin è stata tirata giù dall’auto nella quale viaggiava e trucidata a colpi di mitra in un modo che a noi italiani ricorda il martirio della giornalista Maria Grazia Cutuli.

Jihadisti a fianco di Erdogan

Gli assassini sono i miliziani di Ahrar al-Sharqiya, un gruppo di jihadisti di Al-Nusra, l’organizzazione erede di Al-Qaeda che è alleato degli invasori turchi e che svolge per loro il lavoro più sporco.

Hevrin Khalaf era una loro nemica, un simbolo della resistenza alla orribile legge che i jihadisti vorrebbero imporre con l’aiuto insperato di Erdoğan, quello cui l’Europa ha affidato il compito di risolvere per interposta persona il problema dei profughi e che in nome di questo interesse pare disposta a ingoiare tutte le infamie.

Dalla Nato comprensione fuori luogo

La seconda notizia è che Jens Stoltenberg, il segretario generale della NATO, incontrando Erdoğan al quale era lecito pensare che avrebbe minacciato misure severe, come ad esempio una no-fly zone sull’area oggetto del conflitto, e sanzioni dure per quello che l’autocrate di Ankara sta facendo in Kurdistan, ha invece espresso “comprensione” per le “ragioni di sicurezza” che i turchi starebbero perseguendo devastando le città curde e ammazzando migliaia di civili, invitando l’interlocutore a “contenersi” nella guerra contro i “terroristi” evitando di uccidere troppi civili.

Anche questa “comprensione” di Stoltenberg, il quale anni fa era uno stimato dirigente socialdemocratico ed è stato anche capo del governo norvegese, è un altro elemento di una riflessione che a molti pare sia arrivato il momento di fare sulla natura e il funzionamento di un’alleanza tra i paesi occidentali in cui c’è un presidente degli Stati Uniti che ha fatto dell’America first la propria filosofia di governo e sta combattendo una guerra dei dazi che potrebbe distruggere per sempre le buone relazioni tra le due sponde dell’Atlantico. Non se ne dovrebbe, almeno, cominciare a parlarne?

La terza notizia ha, per fortuna, tutt’altro segno. È la presa di posizione, nient’affatto scontata e formale, che il movimento federalista ha espresso la propria indignazione per quanto sta avvenendo nel nord della Siria indicando alle istituzioni europee, fin qui sorde e cieche, le mosse politiche da intraprendere.

Il documento

“Il Movimento europeo in Italia condanna l’offensiva ingiustificata e ingiustificabile della Turchia nel territorio Nord-Orientale della Siria “. Così si legge nel documento che sottolinea come l’offensiva turca non sia stata lanciata per difendersi da attacchi terroristici ma per contrastare le aspirazioni del popolo curdo all’autonomia. “Ci attendiamo in questo quadro che l’Unione europea abbandoni il suo assordante silenzio“, respingendo il ricatto sui profughi siriani, ricatto sul quale fa leva Erdogan per tacitare ogni protesta.

Roma, Piazza Indipendenza
Col popolo kurdo
Foto Umberto Verdat

“Il Movimento europeo è convinto che i paesi europei nell’Alleanza Atlantica debbano rifiutarsi in modo chiaro e netto di legittimare le infondate “preoccupazioni securitarie” della Turchia come ha invece inopinatamente affermato il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg”.

Che fare

Tra le azioni immediate da intraprendere viene indicato lo stop alla vendita delle armi alla Turchia, già annunciato dai governi francese e tedesco, per arrivare all’embargo totale della vendita di armi ad Ankara su scala europea e non solamente bilaterale.

Il Movimento europeo sollecita anche un cessate il fuoco immediato e l’attivazione del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite che prevede azioni di “peace enforcement” . Chiede inoltre la sospensione del governo Erdogan dal Comitato dei Ministri nel Consiglio d’Europa e il congelamento dell’accordo di associazione UE-Turchia, sottolineando “l’urgenza di una politica e di misure europee vincolanti nella vendita di armamenti e di tecnologie militari al di fuori dell’UE come parte di una vera politica europea di sicurezza e di difesa nel quadro dell’evoluzione dell’UE verso un modello federale”.