Haiti, la lotta al coronavirus
si affida alla forza del volontariato

Di fronte alla forza devastante dell’epidemia rischiano di capitolare le nazioni più ricche, proviamo a pensare cosa può accadere in quelle che partono già economicamente svantaggiate. Haiti, ad esempio. L’isola caraibica non si è ancora ripresa dai danni causati dall’uragano Jeanne, poi da un terremoto tra i più devastanti della storia, da un’epidemia di colera, infine dall’uragano Mattew. Da qualche settimana vi è approdato anche il Covid19. L’emergenza umanitaria, a questo punto, rischia di avere esiti tragici. A Haiti, infatti, c’è un medico ogni 30.000 abitanti, i suoi abitanti hanno un’aspettativa di vita di 60 anni, la mortalità infantile è pari a 80 bambini ogni 1000 nati vivi.

La resistenza delle associazioni umanitarie

Qui fortunatamente, però, operano diverse associazioni umanitarie, come la FDDPA (Forze per la Difesa dei Diritti dei Contadini Haitiani), il cui obiettivo principale è difendere i diritti fondamentali dei contadini haitiani, che sono tradizionalmente vittime di sfruttamento e di ingiustizie di ogni genere. La sua mission è quella di preparare e seguire i contadini nella lotta in difesa dei loro diritti più elementari, dalla salute all’istruzione dei figli.

C’è la Rete Radiè Resh, laica e di solidarietà internazionale, che prende il nome di una bambina palestinese di Betlemme, morta di polmonite mentre era in attesa di una vera casa (la famiglia viveva in una grotta).

Molto attiva è anche l’associazione di donne Femme Kenbe Fem a Pierre-Payen (Donne forti che non mollano), una cinquantina di loro, tostissime, che si riuniscono nella sede a Pierre-Payen, dove, per auto-promuoversi e migliorare la propria vita, praticano il piccolo commercio, il cucito, la cucina, l’artigianato e persino il micro-credito (una capretta a chi ne fa richiesta, da restituire nel tempo).

Altra bella realtà è la scuola comunitaria “Maria Antonietta Di Bedaine”, riconosciuta dal Ministero dell’Educazione Nazionale, da cui però non riceve alcun contributo. Solo il 20 %  delle scuole haitiane è pubblico, il resto è gestito da parrocchie cattoliche o Chiese protestanti e altri enti. Si trovano per lo più in montagna o in zone di periferia, le strade per raggiungerle sono impraticabili, spesso bisogna trasportare il materiale necessario a piedi. Ai numerosi bambini della scuola dell’infanzia e primaria provvede il volontariato italiano, che si occupa delle spese dei locali e del materiale scolastico. Oggi, con il Covid19 in agguato, il loro isolamento può essere sia una misura di prevenzione che un danno ulteriore.

Il dott. Rony

In questo contesto sociale debole, ma solidale, chi si sta occupando della nuova emergenza coronavirus? Chi pensa alla prevenzione, quanto mai importante in luoghi in cui a volte manca l’essenziale? Lo sta facendo, ad esempio, un medico ex alunno del direttore della FDDPA, il dott. Rony. Proprio con l’aiuto di un gruppo di donne del Femme kenbe Fem ha tenuto un incontro di formazione preventiva sul Covid19 per le dieci insegnanti della scuola di Bedaine. Con le infermiere Minerva ed Elisya, e l’analista Martine, sale una volta a settimana nell’Ambulatorio di Fondol, dove fanno i prelievi.

Il dott. Rony fa tutto questo come volontario, inerpicandosi sulla collina con un fuoristrada, ed è già una fortuna, perché altrove bisogna salire a piedi. I piccoli ospiti delle scuole, le “donne forti che non mollano”, i contadini haitiani provano a resistere con le poche armi a loro disposizione. Dicono di avere paura, ma sperano che il clima tropicale li aiuti. Non hanno ancora perso la fiducia nella natura. E nemmeno nell’umanità.

,