Europee, la galassia sovranista nella Ue
con un’agenda local
Chissà se continueranno a prendere per cinque anni l’Eurostar dalla stazione di Londra St Pancras a Bruxelles gli eletti britannici al Parlamento europeo. Quelle due ore e cinque minuti di pendolarismo politico sembravano definitivamente abolite dall’imminente uscita del Paese dall’Unione. I giochi si sono tuttavia riaperti, soprattutto dopo il disastroso risultato alle elezioni locali dei conservatori di Theresa May, mentre monta la richiesta di un nuovo referendum.
Le elezioni europee saranno di per sé qualcosa di molto simile a un referendum, e non solo per la Gran Bretagna, ma anche per gli altri ventisette Paesi membri. Lo afferma uno studio interessante, ricco di fatti e dati. Viene proposto come guida per gli esperti e per gli elettori informati: lo ha condotto il gruppo di ricerca “Regno Unito in un’Europa che cambia”. Il centro è finanziato dal Consiglio per le ricerche sociali ed economiche, e ha sede al King’s College di Londra. Il professor Anand Menon, che dirige l’iniziativa, presenta ai cittadini europei la ricerca come servizio, strumento più informativo che predittivo.
Stavolta i trecentocinquanta milioni di elettori chiamati a designare i settecentocinquantuno parlamentari si trovano di fronte a uno scenario politico e a una campagna polarizzati tra destra populista e partiti storici, sottolinea la ricerca. I nuovi deputati dovranno valutare, emendare, accettare o bocciare le leggi dell’Unione in un clima completamente diverso rispetto alla scorsa consultazione. Oltre al Parlamento, nuove sfide attendono anche gli altri due organismi principali della UE: la commissione europea ha il compito di promuovere le direttive e i regolamenti, come sempre. Sarà tuttavia ben più accidentato il loro percorso e la stessa scelta delle attività da regolare. Infine, il consiglio europeo, in cui siedono i ministri dei governi nazionali e che lavora ai provvedimenti di concerto col parlamento, potrebbe trovarsi in stallo con il nascere di nuovi gruppi.
I deputati siedono in formazioni transnazionali accomunate da obiettivi e storie condivise: finora popolari (democristiani e centro), socialisti e democratici, liberali, conservatori, verdi, sinistra verde nordica e infine i populisti di destra di Europa delle nazioni e delle libertà. Il consiglio potrebbe trovarsi di fronte a rapporti di forza e distanze politiche difficili da risolvere. In definitiva Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, dove ha sede il segretariato generale, saranno luoghi bollenti della politica, allontanando il ricordo di noiose sedute del passato.

Infine la ricerca indica la reale contrapposizione. Essa risiede non tanto tra coloro che vogliono restare in Europa e coloro che invece vorrebbero uscirne, quanto tra i populisti di destra che saranno più che felici di sedere nel Parlamento di Bruxelles, ma in un crescendo di contestazioni euro-scettiche, lavorando ai fianchi l’Unione, e gli altri partiti.
Il fatto nuovo è che i membri del futuro gruppo sovranista e di destra Alleanza Europea dei popoli e delle nazioni non menzionano più l’uscita dall’Unione: il Fronte nazionale di Marine Le Pen, la Lega di Salvini, Alternativa per la Germania, il Partito del popolo danese, i Veri finlandesi e altri che potrebbero unirsi non si sognano affatto di lasciare le posizioni.
Meno chiaro è come, passate le elezioni, questa frammentata galassia nazionalista, anti-immigrati e autoritaria finirà per presentarsi. Le incognite valgono anche per il partito polacco Legge e Giustizia (PiS), e per l’illiberale Fidesz del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Sospeso (non espulso) dal Partito popolare europeo per le violazioni dei diritti umani degli immigrati e per il mancato rispetto dei valori fondanti dell’Unione Europea, Orbán ha fatto grande accoglienza a Salvini, ma senza definire la collocazione del proprio partito nel futuro parlamento europeo.
Ogni leader nazionalista sembra interloquire solo su temi “locali” o nazionali, rivolgendosi esclusivamente a un bacino garantito di elettori. Analizzando linguaggi, rappresentazioni e profili nei media, presentazione di eventi qualificati, la sinistra e i verdi si trovano in alto nella classifica della rappresentazione di interessi generali. Economia, ambiente, accoglienza e integrazione dei migranti e uguaglianza di genere hanno finora rappresentato il 74% degli appuntamenti europei nell’agenda dei progressisti, con presenze transnazionali.
Come cambierà l’Europa e i suoi organismi politici dei prossimi cinque anni? Per gli studiosi del King’s College la scorsa legislatura è stata dominata da due grandi eventi: la crisi dell’eurozona e la quasi uscita della Grecia dalla moneta unica, con il dramma del tracollo economico da cui quel Paese lentamente sta uscendo. L’altro fatto importante è stata l’ondata migratoria tra il 2015 e il 2016. Si è aperto un dibattito, l’Europa si è sentita interpellata, anche sul piano morale. Ora l’interesse dei cittadini per le prossime elezioni è molto alto in ogni Paese membro e non sarà la pigrizia dei parlamentari comodamente euroscettici la risposta alla sfida di rinnovare l’Unione.
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