A Taranto le gru si abbattono sul caos Ilva, operai in sciopero

La struttura alta 80 metri è venuta giù nella furia del vento, travolgendo la cabina di guida nella quale si trovava l’operatore che, mentre scrivo, è ancora disperso nelle acque antistanti gli impianti marittimi dell’Ilva di Taranto. Una morte sconcertante, l’ha definita Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, perché è avvenuta nelle stesse modalità dell’incidente del 2012. Anche in quel giorno di cieli neri una tromba d’aria fece volare in mare l’imponente torre di metallo come fosse un fuscello.

Sciopero per la sicurezza

All’una della scorsa notte è partito lo sciopero unitario dei metalmeccanici per protestare contro le condizioni precarie di sicurezza. E presto in tutti i siti di Arcelor Mittal i colleghi della vittima incroceranno le braccia per due ore in segno di protesta e cordoglio. Ma la fibrillazione si è diffusa negli appalti e tra le altre categorie, infilandosi, a macchia d’olio, tra le strade e i luoghi di lavoro di una città ormai annichilita dall’impotenza con cui, di volta in volta, si trova costretta ad accettare un destino drammatico.

Per il segretario Fiom, Giuseppe Romano, “questa rischia di essere la goccia che fa traboccare il vaso”. Perché dei 158 tavoli aperti al ministero dello Sviluppo economico e ingombri di numeri e carte, radiografie di questa crisi industriale, la situazione più scottante, al momento, è proprio quella del polo siderurgico, funestata da una serie di problemi di difficile soluzione.

Si teme per il futuro

Taranto è una vera polveriera, da tutti i punti di vista. “I problemi”, ci spiega Salvatore Barone, responsabile dei settori produttivi della Cgil, “li denunciamo da tempo. Questo incidente rende la situazione davvero molto difficile. Si teme per il futuro dell’acciaieria, eppure, di incontro in incontro, la confusione e la mancanza di certezze continua. L’Ilva di Taranto resta il più grande centro siderurgico d’Europa e la priorità, per noi, resta l’attività di bonifica e ambientalizzazione, al fine di garantire il massimo livello di salute e sicurezza a lavoratori e cittadini. Resta centrale, però, anche il tema dello scudo penale, sul quale il ministro Di Maio”, prosegue Barone, “è stato molto ambiguo, avendo detto che se l’azienda tiene fede agli impegni che si è assunta sul fronte ambientale non dovrebbe incorrere in nessun problema di carattere giudiziario, poche ore prima che arrivasse la notizia dell’intimazione, da parte della procura, della chiusura dell’altoforno 2. Una circostanza che, qualora si verificasse, rappresenterebbe un vero disastro dal punto di vista produttivo e, quindi, occupazionale, perché fermerebbe, molto probabilmente, più di un terzo della fabbrica”.

Incertezza sull’occupazione

Non ci vuole molto a capire che Arcelor Mittal si trova in una posizione di grande incertezza. La Cgil chiede che si proceda a tappe forzate verso l’ambientalizzazione al fine di dare una prospettiva alla produzione, ai lavoratori e al Paese, visto che l’acciaieria serve quasi la metà dell’industria metalmeccanica italiana.

“Sul fronte dell’occupazione”, ha detto Barone, “si devono attuare tutti i punti dell’accordo sottoscritto il 6 settembre scorso. Non dimentichiamo che ci sono 1700 lavoratori in cassa integrazione che vivono, evidentemente, in una situazione di drammaticità rispetto al loro futuro. Un groviglio di problemi che deve essere affrontato e risolto al più presto per dare un segno di solidità ad Arcelor Mittal, la cui acquisizione è stata un’operazione assolutamente importante per l’economia e per l’attività industriale del nostro Paese”.

Le vertenze del sud

È su questa matassa che si è abbattuta la gru, portandosi via la vita di un altro operaio e rendendo ancor più complesso lo scenario. “Vogliamo che le condizioni minime di sicurezza in questo stabilimento siano garantite”, ha detto Giuseppe Romano. “Così rischiamo di non gestire più nulla da queste parti. Dall’incontro al Ministero di due giorni fa siamo usciti ancor più confusi rispetto a come siamo entrati”. Una situazione esplosiva.

Come quella di tutto il Sud. Stretto tra le vertenze di Whirlpool a Napoli, Almaviva Contact a Palermo, Blutec a Termini Imerese, Industria Italiana Autobus in Irpinia e mille altre.

Giorgio Sbordoni, RadioArticolo1

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