Clima, la ribellione dei ragazzi può rianimare l’Europa

Non so se abbia ragione Carlin Petrini, per il quale “FridayForFuture”,  il movimento dei ragazzi europei che si mobilitano da mesi sul tema della lotta ai cambiamenti climatici annuncia un nuovo Sessantotto, una rivoluzione culturale e anche politica profonda come quella. Me lo auguro: la rivolta studentesca e giovanile di allora ebbe limiti e conobbe degenerazioni, ma rese l’Europa certamente migliore . Di sicuro del Sessantotto questo movimento ricorda alcuni tratti: una generazione di giovanissimi che si ribella al sistema di valori e di priorità degli adulti, il rifiuto radicale di ogni tutela da parte di forze politiche consolidate. Ma le analogie finiscono qui. I milioni di ragazzi che da mesi affollano le piazze di mezza Europa reclamando decisioni rapide, concrete, incisive per fermare il “climatechange”, non inseguono speranze palingenetiche, utopie più o meno generose. Sono invece quanto mai “realisti”, molto più realisti delle classi dirigenti contro cui si ribellano, che hanno tardato a riconoscere il problema e oggi faticano terribilmente ad affrontarlo. Sono poi ancora più giovani di quanto fossero i loro nonni “sessantottini”, più giovani e dunque più rivolti al futuro: adolescenti come la sedicenne svedese Greta Thunberg divenuta l’emblema vivente di “FridayForFuture”, che nell’agosto dell’anno scorso decise di dedicare ogni venerdì a una personale e inizialmente solitaria manifestazione sul clima davanti al Parlamento di Stoccolma.

Venerdì prossimo ci sarà “StrikeForFuture”, il primo “sciopero climatico” della storia promosso dal movimento nato da Greta. In centinaia di città europee e in cinquanta italiane si svolgeranno cortei, incontri pubblici, spettacoli per invocare una svolta decisa nelle politiche per arrestare il “climatechange”. Che non è più una minaccia, è una realtà già drammatica che produce danni ambientali, sociali, economici devastanti. Che per esempio ingrossa di giorno in giorno, soprattutto in Africa, le moltitudini disperate di “migranti ambientali” costretti a lasciare le loro terre divenute aride e a cercare riparo e sopravvivenza verso nord. Che può essere fermata ma solo agendo immediatamente e con determinazione, a cominciare dall’azzeramento in tempi stretti dell’uso di combustibili fossili.

Naturalmente prima dei ragazzi di “FridayForFuture” già molti altri avevano capito la gravità del pericolo climatico, in testa il mondo scientifico e quello ambientalista. I loro, i nostri allarmi però non sono bastati, e oggi Greta e i suoi milioni di compagni di lotta sembrano prendersela anche un’ con noi per non essere stati abbastanza convincenti. Di sicuro, ripeto, non vogliono tutele e patrocinii, nemmeno dalle grandi associazioni ambientaliste o dai partiti Verdi che pure la pensano, da tempo, esattamente come loro.

Ma è giusto così. Tutti i nuovi movimenti hanno bisogno, per imporsi, di un bel po’ di arroganza. E in questo caso l’arroganza, la ribellione anche generazionale sono tanto più giustificati. Basti dire che per mesi questo movimento è cresciuto, ha messo radici, nella generale distrazione dei media, sicuramente dei media italiani, che dedicavano pagine e pagine, ore e ore di informazione allo scontro tra sovranisti ed europeisti, o ai cortei di qualche decina di migliaia di “gilet gialli”, e nemmeno una riga o un minuto alle mobilitazioni ben più vaste e continue dei ragazzi di Greta.

La soluzione del problema climatico non è solo nelle mani di “FridayForFuture”. Passa da decisioni che prendano di petto questa emergenza epocale e lo facciano in fretta, dunque da processi politici che interpellano tutte le articolazioni del mondo degli “adulti”: partiti, rappresentanze economiche e sociali, istituzioni parlamentari. E passa, va sottolineato, da un’Europa più unita e meglio capace di avere la meglio su piccoli e grandi egoismi nazionali, poiché soltanto un’Europa così può fare in pieno la sua parte, che è grande, nella lotta contro i cambiamenti climatici. Ma da questo esercito disarmato e incazzato di giovanissimi, che cresce sempre di più e già sta oltrepassando i confini europei, può venire una spallata salutare, dirompente, tanto più in un Paese come l’Italia dove da molti anni l’ambiente è rimasto privo di qualunque rappresentanza politica. Il neosegretario del Pd Nicola Zingaretti ha dedicato la sua larga vittoria nelle primarie a Greta Thunberg e al suo movimento: se alle sue parole seguirà qualche fatto, se veramente la sinistra italiana comincerà a guardare all’ambiente e ai problemi del clima come a terreni decisivi su cui ritrovare se stessa, beh Greta non lo sa e forse non lo saprà mai ma già questo le varrebbe una medaglia d’oro al valore.