Gela: ci licenziano
e la città muore
Abbiamo ricevuto da Gela la lettera che pubblichiamo qui di seguito. Sappiamo bene che di situazioni come quella segnalata da chi ci ha scritto ce ne sono moltissime. Abbiamo deciso di portare all’attenzione la sorte degli operai della città siciliana per richiamare una drammaticità che riguarda migliaia e migliaia di lavoratori in tutte le parti d’Italia. A tutti vorremmo far sapere che siamo dalla loro parte.
Carissima redazione mi rivolgo a voi sperando che possiate dare voce a 36 lavoratori licenziati dalla società Turco Costruzioni per la quale lavoravano e anche agli abitanti di Gela, che nel giro di qualche anno è stata ridotta come le città deserte che si vedono nei film western, quelle in cui il soffio del vento muove cespugli secchi e sbatte le porte del saloon ormai vuoto.
Vi parlo di 36 dipendenti di una società edile che svolge lavori come indotto all’interno della Raffineria ENI di Gela.
I 36 lavoratori licenziati, insieme a tutti gli altri dipendenti della società Turco Costruzioni (in totale 120), dal 21 febbraio stanno attuando, nonostante le cattive condizioni metereologiche, una serie di proteste, con blocchi o presìdi alle vie d’accesso alla raffineria. Sotto la pioggia, con il freddo di questi giorni e nonostante il fatto che alcuni dei lavoratori abbiano accusato malori e sia stato necessario l’intervento dell’ambulanza, la protesta non si ferma perché l’obiettivo è riavere il posto di lavoro.
Per comprendere la gravità di quanto sta accadendo è necessario considerare le premesse. Gela fino al 2014 aveva uno stabilimento ENI che raffinava il petrolio grezzo L’impianto occupava tra produzione diretta, indotto e servizi circa 1500 lavoratori. Poi, l’azienda sceglie di trasformare l’impianto in Green Raffinery. Questa decisione ha un prezzo: a Gela le maestranze vanno ridotte drasticamente. Da allora inizia un esodo verso altri siti ENI dei dipendenti del diretto e cominciano i licenziamenti dei lavoratori delle imprese dell’indotto. In pratica lo svuotamento del sito industriale, con la conseguenza che il tessuto produttivo e sociale della città va a morire.
Quanto ai lavoratori licenziati dalla Turco Costruzioni, nonostante l’impegno delle organizzazioni sindacali, nonostante i diversi incontri nelle diverse sedi istituzionali la situazione è davvero drammatica. A tutt’oggi la società non fa marcia indietro e i lavoratori licenziati non mollano e continuano la loro protesta.
Questa lotta avviene in un silenzio totale e io mi chiedo come sia possibile che in questo momento di crisi economica e occupazionale questa vertenza, come moltissime altre in tutto il paese, passi inosservata? Nessuno ne parla, né la stampa nazionale, né gli altri mezzi di informazione. Perché? Forse perché in italia ci siamo ormai abituati e non fa piu’ notizia il licenziamento di 36 lavoratori? Si tratta forse di un fatto “normale”?
Io credo proprio di no, se non altro perche’ il licenziamenti di questi 36 lavoratori insieme a tutti quelli che avvengono in altre parti dell’italia (mentre tutti i politici dicono che la ripresa economica si è avviata) distrugge le famiglie e le città, determinando una condizione di fragilità economica e sociale senza precedenti.
Chiedo alla vostra redazione di dare voce a questi lavoratori licenziati, cosicché la loro protesta per riavere il posto di lavoro abbia una forte risonanza. Così forse la Turco Costruzioni potrebbe essere costretta a tornare sui suoi passi, a ricordarsi che ogni lavoratore ha una famiglia sulle spalle da sfamare e un futuro da costruire per i figli.
Aiutateci. Non lasciamo soli quelli che lottano per il proprio posto di lavoro.
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