Giovanni Hermanin racconta come è nato l’immondezzaio di Roma
Ma qualcuno aveva avvisato Virginia Raggi che avrebbe dovuto amministrare la città più complicata, popolosa, e problematica del nostro Paese? Perché abbiamo molti dubbi. E tanti in più ce ne vengono quando, dopo l’incendio al TMB di via Salaria dà la sua ricettina da prima della classe, ma che non ha mai visto mondo: “stiamo migliorando la raccolta differenziata e costruiremo due impianti di compostaggio!” La risposta giusta per far imbufalire gli abitanti della zona, ma anche tutti coloro che vivono circondati dai rifiuti. Rifiuti che oggi non risparmiano nemmeno i quartieri dei ricchi. Perché Roma, come in un impietoso gioco dell’oca, è ritornata al punto da dove era faticosamente ripartita. Erano gli anni ‘90 e la città, assediata ciclicamente dai rifiuti, sversava tutta la sua monnezza nella grande discarica di Malagrotta.
Quegli anni e le scelte che ne conseguirono ce li racconta Giovanni Hermanin, ambientalista ma soprattutto, all’epoca, assessore regionale all’ambiente e poi presidente dell’AMA dal 2006 al 2008. Un testimone importante perchè protagonista diretto di una stagione di grandi scelte strategiche che cambiarono, nel giro di una decina d’anni, il sistema di smaltimento dei rifiuti e introdussero la raccolta differenziata come obiettivo concreto per risolvere il problema dell’immondizia romana. Non fu indolore, come avviene per tutte le scelte impopolari, per Hermanin decidere, perché ha pagato con lunghi processi da cui è uscito sempre assolto “perché il fatto non sussisteva”. Ma oggi può dire “ho fatto bene”! “La gestione fallimentare di oggi – ci dice Giovanni Hermanin – è figlia della irresponsabilità, politica ma non solo, di aver bloccato il processo di infrastrutturazione che aveva portato, intorno agli anni 2000, grazie ai finanziamenti del Piano per l’ambiente 1997/2000 di Ministero dell’Ambiente e Regione Lazio, alla realizzazione dei due grandi impianti di TMB della Salaria e di Roccacencia, entrati a regime nel 2008, degli impianti di separazione del multimateriale di Roccacencia e Laurentina, di quello di compost verde di Maccarese e del forno con recupero energetico dei rifiuti ospedalieri di Ponte Malnome”.
Per fare ciò l’AMA si trasforma (da semplice azienda di “spazzamento” e trasporto in impresa industriale) e si avvia così una delle più importanti stagioni di infrastrutturazione industriale che Roma abbia mai visto. “Contestualmente – ricorda Hermanin – la Regione finanzia l’avvio della raccolta differenziata e nel Lazio vengono chiuse un centinaio di discariche comunali del tutto fuori legge e vengono autorizzati una serie di impianti di TMB e i termocombustori di Colleferro e S. Vittore”. Per continuare questo racconto però bisogna sgombrare il campo da tutta quella cattiva letteratura populista e strumentale che ha fatto di queste opere di ingegneria dei moderni mostri costruiti per disturbare il sonno di milioni di cittadini, e degli ambientalisti del “sì”, degli avvelenatori seriali!
Gestiti in modo corretto, al meglio delle capacità di carico, gli impianti di Trattamento Meccanico Biologico, hanno un bassissimo impatto ambientale, svolgendo il compito di separare il rifiuto residuale (l’indifferenziato) in due parti: umida e secca. La frazione umida viene essiccata, la frazione secca diventa combustibile (CDR) per produrre energia. “Per chiudere il ciclo – continua l’ex assessore regionale – mancava il termocombustore pubblico previsto dal Piano, la cui realizzazione fu prima ritardata dall’opposizione strumentale e ideologica della sinistra cosiddetta ‘estrema’ e poi bloccata da un’inchiesta della magistratura conclusasi pochi giorni fa con l’assoluzione di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste”. Da allora “il partito dei ‘ballisti’ e degli irresponsabili ha avuto la meglio” riportando Roma all’anno zero. Come? “Nessuno – è convinto Hermanin – si è preso la responsabilità (che è l’onere fondamentale della funzione di governo) di trovare un sito per la nuova discarica di servizio dopo la chiusura obbligatoria di Malagrotta e senza di essa e senza i termocombustori pianificati tanto a livello regionale che a livello nazionale, a diventare discarica, ormai da anni, è tutta la città.
Ma c’è di più e di peggio. In un empito autodistruttivo che dice tutto sulla qualità della nostra politica, si è continuato ad usare i TMB impropriamente, come discariche, sovraccaricandoli fuori di qualsiasi parametro”. Una cattivissima gestione che oggi legittima l’opposizione dei cittadini, vittime inconsapevoli di una politica scadente che li costringe a vivere in un immondezzaio puzzolente. A caro prezzo, oltretutto. Perché il conferimento fuori Regione della porzione separata e non, fa lievitare a dismisura le bollette (dal 2008 aumenti del 40%) che ogni romano paga per smaltire l’immondizia! Anziché continuare a perseguire l’obiettivo di chiudere il ciclo dei rifiuti “si è proceduto a grandi passi a far saltare quello che rimaneva del sistema industriale così faticosamente costruito – è convinto l’ex presidente di AMA”. Di questo precipitare verso l’ingovernabilità del sistema hanno responsabilità un po’ tutti, “non ultimo Zingaretti che ha chiuso, senza uno straccio di motivo degno di questo nome, il termocombustore pubblico di Colleferro ed il forno per i rifiuti ospedalieri”. In realtà l’incendio dei giorni scorsi ha solo ufficializzato una crisi che covava sotto il marciume e appestava l’aria da molto tempo. I cittadini ne avevano sentore mentre i governanti ……”va tutto bene madama la marchesa!”
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