Gerda Taro, vita e avventure
della ragazza con la Leica
Chi è “l’eroina” che ha fatto vincere il Premio Strega a Helena Janeczek con il suo romanzo La ragazza con la Leica (Guanda)?
Gerda Taro, fu tra le prime fotografe di guerra nella storia ed è stata, si ritiene, la prima a cadere in un campo di battaglia.
Se nessuno ricorda la fotografa Gerda Taro, è in gran parte colpa del suo compagno mitizzato Robert Capa. La statura di quest’ultimo l’ha fatta scomparire agli occhi dei posteri, che l’hanno considerata solo la compagna del grande fotografo: collaboratrice, amante, compagna di combattimento, persino martire … ma mai fotografa. Il suo nome è stato sempre associato, in poche righe o poche pagine, all’uomo con cui condivideva la vita. Nulla di più che un passaggio nella biografia di una persona famosa. Inoltre lo scoppio della seconda guerra mondiale fece ombra al dramma della guerra civile spagnola, durante la quale Gerda perse la vita, schiacciata da un autocarro a soli 27 anni mentre fotografava la battaglia di Brunete, nei pressi di Madrid.
Capa era affascinato da questa ragazza libera, intelligente, ribelle e seducente che non lo soffocò con l’affetto, che non si vergognava della sua sessualità, che imparò in un batter d’occhio a fotografare, che condivideva con lui lo stato di esiliata e rifugiata ebrea con la voglia di libertà e democrazia.
La Taro era empatica, riusciva a tirare fuori il meglio dagli altri, ammagliava i suoi amanti, le sue amicizie, anche dopo rotture o litigi, passati tanti anni, tutti la ricordavano con amore.
Fu lei ad avere l’idea di cambiare i loro nomi, André Friedmann in Robert Capa e Gerta Pohorylle in Gerda Taro, per sfuggire alla loro precaria situazione economica (le fotografie degli americani venivano pagate di più) ma anche per rispondere all’esigenza di difendersi dall’antisemitismo in Germania e alla crescente antipatia nei confronti degli stranieri in Francia.
Gerda Taro nacque a Stoccarda e crebbe a Lipsia, dove frequentò una scuola superiore d’élite, parlava correttamente tedesco, francese e inglese.
Durante gli anni venti la Repubblica di Weimar ribolliva di emancipazione e idee libertarie, Gerda partecipava con gioia ed impegno, ma con l’ascesa di Hitler al potere (gennaio 1933) iniziò un’ondata di arresti. Anche lei ne fece le spese, accusata di distribuire propaganda rivoluzionaria, fu incarcerata e poi rilasciata per l’intervento dell’ambasciata polacca. Il regime non si era ancora stabilizzato e guardava ancora attentamente alle relazioni con l’estero.
Una volta scarcerata si recò subito a Parigi, dove frequentò gli intellettuali rifugiati e da qui coltivò una serie di contatti con gli scrittori dell’Associazione Tedesca Scrittori, da Walter Benjamin a Joseph Roth a Heinrich Mann. Ebbe corrispondenze anche con Bertolt Brecht, Anna Seghers, Arthur Koestler e altri noti letterati e politici del tempo. Nel frattempo, sopravvisse con piccoli lavori di dattilografia e traduzione, fino a quando non incontrò André Friedmann fuggito dalla dittatura di Miklós Horty e le sue prigioni in Ungheria, divenuto immediatamente famoso per essere stato il primo a fotografare, a Copenaghen e contro la sua volontà, il leader rivoluzionario Lev Trotsky in una delle sue prime apparizioni pubbliche in Occidente dopo la rottura con lo stalinismo.
È il momento in cui il fascismo inizia ad occupare la scena politica europea. Capa intende coprire fotograficamente la guerra abissina condotta da Mussolini. Ma nel luglio 1936 la rivolta franchista contro la Repubblica spagnola cambia i loro i loro piani. Capa con Gerda e al suo amico Chim (David Seymour) raggiungono Barcellona, proseguono per tutta la Catalogna e l’Aragona per testimoniare con la fotografia le riforme rivoluzionarie della Repubblica. Si aggregano agli anarchici e al POUM (Partito dei Lavoratori dell’Unificazione Marxista) nella loro marcia verso Madrid, e passano attraverso l’Alcázar di Toledo, assediato dai Repubblicani. Le foto che vengono pubblicate da Ce Soir sono firmate Capa-Taro, questo per sottolineare la loro parità nel sodalizio professionale. Ma quando Capa diventerà famoso in tutto il mondo con lo scatto del “Miliziano ucciso” ognuno firmerà le proprie fotografie. Gerda Taro diventerà la fotografa ufficiale del quotidiano francese e da sola produrrà dei reportage intensi e drammatici sulla guerra civile. Il suo occhio si soffermava sulle sofferenze della popolazione: donne, anziani, bambini in fuga dalla battaglia.
C’è da ricordare che in Spagna tedeschi e italiani, in particolar modo i primi, fecero le prove generali per la seconda guerra mondiale che sarebbe scoppiata da lì a pochi anni. Per la prima volta in un conflitto fu coinvolta la popolazione civile, per la prima volta vennero bombardate a tappeto città e villaggi, mitragliata sulle strade la popolazione in fuga.
Robert Capa e Gerda Taro, i cronisti visivi più celebrati della guerra civile spagnola. Insieme, cambiarono anche la natura della fotografia di guerra. Ma questo coraggioso e disinvolto, approccio per ottenere immagini dell’azione all’interno dell’azione costerà la vita sia a Gerda Taro che a Robert Capa, lei uccisa in prima linea nella guerra civile spagnola nel 1937, lui fatto saltare in aria da una mina in Indocina nel 1954.
I funerali di Gerda Taro si tennero a Parigi con la partecipazione di decine di migliaia di persone. Organizzato da Ce Soir divenne una manifestazione spettacolare di solidarietà internazionale con la repubblica spagnola. Nella morte, Gerda Taro era divenuta un’eroina.
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