Freccero-Grillo, sovranisti al potere della tv pubblica

Con la sua consueta modestia, sostiene di essere l’unico che sta “innovando la tv pubblica”. Con l’immancabile dose di vittimismo, aggiunge che “l’azienda non mi aiuta, non mi sostiene” e che è determinato ad “andare avanti contro ogni censura”. Niente male per uno che, in un modo o nell’altro, è ai vertici della televisione da decenni come Carlo Freccero, direttore (anche se in pensione) di Raidue.

Naturalmente quel posto gli spetta perché è bravo e non in virtù dell’ennesima lottizzazione in quota grillina, ovvero della principale forza politica italiana. E naturalmente considera le critiche come atti di censura, come nel caso dell’esordio della sua prima creatura della nuova stagione sovranista televisiva “Povera patria”, finita al centro delle polemiche per un servizio sul cosidetto “signoraggio bancario” nel quale si imputavano tutti i mali possibili di questo Paese all’autonomia della Banca d’Italia, a Ciampi, Andreatta e, manco a dirlo, all’Euro.

Di che meravigliarsi poi? Questa è esattamente la cultura grillo-leghista nella quale Freccero dimostra di stare parecchio a suo agio. Il clou lo abbiamo visto con l’omaggio a Beppe Grillo, sì proprio il fondatore e garante dei 5 Stelle, il partito che ha piazzato Freccero prima nel Consiglio di amministrazione della Rai, poi al vertice di Raidue: c’erano 40 anni di carriera di comico (?) da omaggiare, e pazienza se è stato il flop dell’anno per la rete.

Naturalmente anche qui c’è poco da meravigliarsi: nulla (o poco) di nuovo sotto il cielo della tv pubblica, da sempre propensa ad andare in soccorso dei vincitori. Va bene tutto, ma con un limite di decenza: i beneficiati dai potenti di turno dovrebbero almeno smettere di dare lezioni di indipendenza e di dipingersi come vittime dello stesso potere che li ha scelti. Ma anche in questo, evidentemente, Freccero non è un campione di originalità.